Nel Karate queste regole sono piuttosto famose con il nome di [道場訓] "Dōjō kun"... ecco in sostanza di cosa si tratta...
Da prima si è trattato di far sapere ai curiosi che le regole di un Dōjō, devono onorare 2 ambiti molto distinti, spesso anche distanti fra loro:
- la normativa italiana sulle attività sportive dilettantistiche, che va seguita in ogni sfumatura, per non avere problematiche di carattere sia assicurativo, che fiscale;
- la sostanza che trova presso i nostri corsi, che è qualcosa che va ben al di là di come viene gestito l'associazionismo sportivo dilettantistico nel nostro Paese.
La persona della strada non ha nessun dovere di conoscere questa distinzione, perciò ho reputato importante chiarirgliela sin da subito, in modo semplice e succinto.
Poi è necessario specificare alcune caratteristiche fondamentali del lavoro di gruppo e delle regole differenti che ci sono in un Dōjō rispetto ad una palestra, alla quale l'utenza è maggiormente abituata per ragioni storiche e sociali.
1 - LA PROSPETTIVA E LE DIFFICOLTÀ
Lo scopo principale delle attività che facciamo insieme è quello di studiare noi stessi, sotto il punto di vista fisico, mentale e spirituale, e farlo in ogni tipo di condizione possa risultare utile, cioè sia in condizioni ottimali, sia sotto stress e fuori dalla propria zona di comfort.
Le altre persone che ciascuno incontra sul tatami sono qui per la stessa ragione: potrebbe però anche accadere che qualcuna di esse non riesca sempre a dare il meglio di sé, proprio come succede ogni tanto a chiunque.
Se il neofita dovesse quindi ricevere un comportamento ostacolante, viene suggerito lui di provare a non viverlo in modo esclusivamente personale ed - in prima istanza - a comprenderlo.Se la dinamica dovesse però risultargli poco gestibile o protrarsi, viene esplicitamente richiesto all'interessato di non esitare a parlarne con il Docente di riferimento del suo corso.
In questo primo punto viene specificato che la RELAZIONE ha un'importanza specifica nelle attività che ci si appresta a svolgere ed è necessario imparare a creare una zona cuscinetto fra le esigenze proprie e quelle degli altri, sapendo che talvolta è bene accogliere i limiti altrui, visto che gli altri saranno tenuti ad accogliere i nostri... ed al contempo imparando anche quando non è il caso di "porgere l'altra guancia".
In un Dōjō il rispetto è un diritto ed un dovere di tutti.
2 - IL VALORE DI UN GRUPPO
Viene ricordato che si frequenta un corso per acquisire consapevolezze che al momento ciascuno sente di non possedere: riporre fiducia nel luogo e nelle persone attraverso le quali ci si augura di ottenerle è naturale e coerente; risulta altresì fondamentale che ciascuno mantenga sempre un pensiero critico ed indipendente.In alcuni momenti è molto importante però anche ricordarsi che se si sceglie un percorso di gruppo è perché in solitudine non sarebbe possibile raggiungere gli stessi obbiettivi.
Da questo punto di vista, dare fiducia al prossimo quindi è qualcosa che serve a se stessi, prima ancora che agli altri.
Questo aspetto è fondamentale, poiché la tendenza comune è quella di appoggiarsi agli altri per ottenere i propri goal personali, ignorando che ciò talvolta non è semplice, né sano... ma comunque sia è importante ricordarsi che ci sono in gioco precise responsabilità da parte di tutte le persone coinvolte, e che va imparata la differenza fra ciò che dipende da noi e ciò che invece dipende dagli altri.
3 - LA CONCRETEZZA DEL SUPPORTO
A differenza di un normale corso in palestra, in un Dōjō ci si da mutuo supporto dentro e fuori dalle lezioni dei corsi: questo è uno degli aspetti che meno viene compreso da chi si avvicina per la prima volta ad un Dōjō.Ciò significa anche - ad esempio - offrire un aiuto concreto per la pulizia dei locali destinati alle attività comuni, ciascuno secondo le proprie capacità e possibilità.
Nessuno deve sentirsi obbligato a fare nulla, tuttavia l’ingaggio con il quale ciascuno si immerge nelle attività comuni non può che essere proporzionale al supporto che può sperare di avere dal Docente e dai compagni di pratica del corso.
Il Dōjō ci sarà per ogni suo membro nella misura nella quale questi ci sarà per il Dōjō.
La pulizia del locali o ogni altro genere di attività legata alle necessità del Dōjō (ad esempio stamane io e 3 allievi siamo andati a prendere con un furgone 100 sacchi di pellet per scaldarci il prossimo inverno...) sono UNA PARTE INTEGRANTE del percorso marziale che si svolge sul tatami, NON sono un orpello o un "di più".Difficile pensare di poter sempre evadere le proprie responsabilità verso il gruppo e - contemporaneamente - avere profitto nelle attività che invece le prevedono come elemento di base.
4 - LE QUOTE DI FREQUENZA
Questo è un altro punto che è bene chiarire sin dall'inizio della propria eventuale pratica: il Dōjō si sostiene solo grazie alle quote versate dai suoi iscritti; chi pratica si impegna ad una frequenza il più possibile continua e costante... perché nelle arti marziali non si puà semplicemente fare altrimenti.Per questa ragione, le quote vanno versate anche se ragioni futili di tipo personale ci tengono lontano dalla pratica. Smettere di frequentare i corsi è ovviamente sempre possibile, così come sospendere le proprie quote di frequenza, ma solo dopo averlo concordato con il proprio Docente di riferimento. Chi sparisce senza dire nulla e poi decide di tornare, sarà tenuto al pagamento di tutte le quote non versate, prima di essere riammesso ai corsi.
In un Dōjō, il proprio comportamento e le proprie responsabilità riverberano su tutti.
É bene che ogni interessato ad una tipologia specifica di attività comprenda che si crea - volenti o nolenti - una sorta di legame con coloro che condividono il percorso con noi.
Certo: in una palestra è possibile iscriversi e poi smettere di frequentare quando si vuole e senza dire niente a nessuno, oppure lasciare scadere le proprie quote di frequenza... e poi magari farsi nuovamente vivi mesi o addirittura anni più tardi. Ciascuno è artefice del proprio destino e non tiene di solito in alcuna considerazione ciò che accade ai compagni di corso.In un Dōjō invece NON è così: se una persona non viene per 2 mesi e poi riprende, il gruppo si ferma per ri-accoglierlo e ripassa cose che ha già studiato per permettere a chi è stato via di rimettersi in pari, per poi poter quindi procedere nuovamente insieme.
Ciò richiede rispetto e riconoscenza... e, soprattutto, non va dato per scontato!
La vita di ciascuno è sacra e così gli impegni personali, ma avete voi idea di cosa significhi fare affidamento su chi oggi c'è e domani potrebbe non esserci più o esserci a singhiozzo?
Un percorso come l'Aikido necessita di una minima programmazione personale, che faccia comprendere anche ai propri compagni di viaggio quanto e come poter contare su di noi.
L'importante è sapere in quale scranno ciascuno ha intenzione di sedersi... e farlo sapere anche agli altri.
Per questa ragione, nel nostro Dōjō chiunque può fare ciò che desidera, ma SOLO se ha il buon senso di confrontarsi con il proprio mentore... cercando quindi insieme la soluzione che possa onorare la libertà del singolo membro, ed in contemporanea la necessità degli altri di continuare a lavorare in serenità.
Chi è capace di creare un "noi" di solito non ha motivo di preoccuparsi di nessun accadimento che gli si può presentare, perché sa di avere il gruppo pronto a dargli supporto (in ogni campo ciò possa essere possibile), invece chi pensa di essere una monade paga col portafoglio il suo delirio di onnipotenza.
Dovrebbero infatti ricordare tutti coloro che vengono a singhiozzo, quando vogliono, quando non c'è il compleanno della suocera, quando sono liberi dal lavoro e dal cinema con gli amici... che quando tornano hanno piacere di trovare un tatami pulito ed affollato che li attende.Ma "quel tatami" è stato garantito nel frattempo da chi non si è preso alcun periodo di aspettativa o vacanza, da chi c'era, day by day... pagando le bollette di acqua e luce elettrica... garantendo un insegnamento quotidiano: come si fa a parlare di rispetto se poi si dovesse consentire a chiunque di sottovalutare il valore di ciò?
Sarebbe a dir poco in contrasto con i principi stessi che diciamo di voler apprendere e vivere nel quotidiano.
Allora una domanda potrebbe venire spontanea al neofita, vista la natura di tutte queste raccomandazioni preliminari: "Ma chi me lo fa fare di impegnarmi in una strada così impegnativa e richidente?!"
Ciascuno deve rispondere da sé... ma di certo deve essere chiaro anche che i risultati che ciascuno spera di raggiungere dipendono per forza dall'impegno con cui ci si approccia alle proprie scelte.
Il Dōjō kun che ho consegnato infatti NON vuole essere un deterrente verso i nuovi interessati ad iscriversi ai corsi: è una questione di chiarezza nei confronti di chi forse ignora proprio l'esistenza di un mondo... di nikya (non potevo scriverlo in altro modo!) sicuramente, ma per questo non meno meritevole di essere vissuto sin dall'inizio nel modo migliore.
Con gli anni di esperienza, ho iniziato a preferire la qualità alla quantità di relazioni: quindi forse meglio qualche iscritto in meno, se ciò significa che chi accetta di iniziare un percorso sia più consapevole possibile di ciò che sta facendo.Alla lunga, ciò fa risparmiare tempo ed esperienze poco piacevoli ed utili sia a me, che a loro.
Marco Rubatto
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