Esaminiamo quest'oggi una dinamica molto ricorrente nel mondo degli Insegnanti di Aikido.
Quando si inizia un corso è piuttosto normale frequentare il proprio Maestro almeno un paio di volte alla settimana per alcuni anni consecutivi... ma può venire un momento nel quale NON è più detto che il nostro riferimento tecnico/filosofico/spirituale sia necessariamente dietro l'angolo.
Può abitare ed operare in un'altra regione o addirittura in un'altra nazione... e sono tutti fatti dell'allievo gestire questo rapporto "a distanza" con il proprio Insegnante.
Alcuni lo fanno apposta a scegliersi un referente tanto lontano nel grado, quanto fisicamente nella distanza, così da avere un paio di giorni all'anno nei quali (magari quando lui viene in visita in una città vicina) fare effettivamente quello che va a lezione del super boss, salvo poi tornare nel proprio tugurio nei rimanenti 363 giorni dell'anno... millantando di essere un allievo "di quello là importante".
Credo che questo fenomeno sia diffuso in tutte le Scuole di Aikido, ma devo dire che l'ho visto praticato in modo veramente abbondante nel gruppo di Tissier: grandi stage, con centinaia di praticanti... e con il tizio in basso a destra che va a ricevere linfa vitale direttamente dal capo-Scuola. Fin qui tutto bene, però...
Le domande che però risulta importante farsi sono: "Dici di essere allievo di Tissier, ma lui lo sa che tu sei un suo allievo?". "Ti conosce, per nome, intendo? ", "Ci hai mai parlato?"... "Hai mai mangiato con lui, dormito sotto lo stesso tetto"?
Il rapporto fra Maestro e Allievo è qualcosa di molto personale... quindi non tutti quelli che hanno incontrato Saito sono stati realmente allievi di Saito, non tutti quelli che hanno praticato sullo stesso tatami di Tada sono suoi allievi... e non tutti quelli che vanno agli stage di Tissier sono sul serio allievi di Tissier.
Sono "allievi momentanei", potremmo dire: gente che è stata ad allenarsi sotto la diretta supervisione e responsabilità del Aiki-big di turno... ma questo non centra un tubo con l'essere veramente qualcuno con il quale si ha instaurato un legame personale e profondo.
Veniamo quindi agli altri, ovvero quelli che NON scelgono una persona dall'altra parte del globo per millantare posizioni stando comodi nella propria pozzanghera...
Avere una relazione a distanza non è una cosa semplice: recarsi dal proprio Sensei o farlo venire da noi è un'operazione spesso costosa e che richiede un grande impiego di risorse, non solo economiche... fra le quali primeggiano sicuramente l'IMPEGNO ed il TEMPO.
Allenarsi ed anche insegnare distanti dalla proprie fonte di ispirazione, e quando serve, di correzioni... significa avere imparato a camminare un po' con le proprie gambe, ma senza rinunciare a momenti autentici di confronto, mirati a comprendere la qualità del lavoro fin ora svolto ed a calibrare quello che ci sarà da compiere in futuro.
Oggi la tecnologia viene d'aiuto, perché è effettivamente possibile vedersi on-line, pure fare lezione insieme a distanza, se serve.
Mai come ad essere in presenza l'uno dell'altro però, questo è chiaro.
C'è qualcosa nella presenza, che non può essere replicato con alcun mezzo tecnologico... ovvero la PRESENZA stessa.
Mi colpì molto, quando ero molto giovane, avere incontrato alcune persone sulla mia strada (che NON erano Insegnanti di Aikido) alla sola presenza delle quali mi accorgevo di "funzionare" in un altro modo... era come se ci fossero persone in grado di accendere in me alcune proprietà e capacità sopite solo per il fatto che essere erano li, vicino a me.
Non era nemmeno importante che facessimo qualcosa insieme: potevano stare anche zitti e pensare ai fatti loro, ma io "iper-funzionavo". Nuove intuizioni, nuove prospettive si aprivano in alcuni casi meglio che in altri.
Avevo scoperto l'enorme potere insito in un INCONTRO.
Per questa ragione, chiunque è in balia del potente bivio: "Faccio da solo o in compagnia di chi mi ispira ad essere meglio di ciò che attualmente sono?".
Fare da soli è ESSENZIALE, perché l'acquisizione di qualsiasi consapevolezza è SOLO ed ESCLUSIVAMENTE un fattore PERSONALE, però se ci scegliamo i compagni "giusti" di strada, così come il mentore più adatto a noi... si fa sicuramente prima, tutto qui!
Quindi entrambe le dimensioni, quella solitaria e quella in presenza di un insegnate adeguato per noi, iniziano a puntare in un'unica direzione... quella della nostra crescita.
Ne segue che è importante saper mantenere un buon "ma-ai" dal nostro Maestro, una distanza ottimale nella quale è risulta possibile sperimentarsi, ma nella quale è ancora fruibile la magia dell'incontro con chi è capace di ispirarci.
Pure stargli troppo azzeccato quindi alla fine risulta un autogol, ad un certo livello di consapevolezza: è un modo per deresponsabilizzarci ed affidare al nostro Sensei tutta la responsabilità della nostra crescita... cediamo il timone della nostra nave, senza avere compreso che è importante che lo teniamo noi, magari con il supporto di chi ha già una certa esperienza nella navigazione.
Le relazioni saranno quindi sempre ad una qualche "distanza"... talvolta chilometricamente significativa, ma non per questo cesseranno di essere estremamente importanti.
Questo, fra l'altro, è uno dei modi migliori per comprendere quanto lo spazio percepito ed il tempo fra un incontro e l'altro siano effettivamente differenti da un punto di vista coscienziale. Molto più piccoli, nella fattispecie.
Il nostro Maestro è quella persona che sentiamo sempre al nostro fianco, pure se abita in Perù e quando lo rivediamo dopo un anno ci sembra di averlo visto il giorno prima.
Il rapporto con lui consiste nello spendere TEMPO significativo insieme, bene che è fra i più limitati e preziosi che abbiamo durante la vita.
Auguro veramente a tutti di trovare nel mondo una relazione "maestro-allievo" che valga la pena di essere vissuta, poiché - nella mia esperienza - risulta fra le esperienze più intense e significative che possa fare un essere umano.
Marco Rubatto
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