lunedì 23 novembre 2020

Aikido SOLO practice: l'allenamento con il partner più difficile

Che al momento non si possa ancora tornare a ruzzolarci al Dojo è qualcosa di risaputo... che questo sia un momento nel quale non sia possibile praticare Aikido invece è qualcosa di falso (e tendenzioso)!

L'Aikido è - per definizione - una disciplina che affonda i suoi principi nella RELAZIONE... ed ora che gli altri non possiamo toccarli?

Josh Gold Sensei, attuale patron di aikidojournal.com, nel suo editoriale di novembre scrive:

"I venti del cambiamento incombono su di noi. Gli Stati Uniti stanno per passare a una nuova leadership politica e gran parte del mondo sta entrando nell'inverno e si appresta ad affrontare la fase più pericolosa della pandemia. Abbiamo perso molti dojo di Aikido in tutto il mondo e quasi tutti i dojo hanno perso membri. La vera anima della nostra arte è la connessione umana, da cui ci siamo ampiamente allontanati per il bene comune" (potete leggere tutto leditoriale su Aikido Italia Network, che ringraziamo per la traduzione).

Ci sono aspetti nei quali si può concordare, ma per alcuni ci sentiamo di dissentire in modo piuttosto netto: non ci siamo allontanati dalla connessione umana, ma SOLO da quella fisica... e se 6 mesi di mancanza di contatto cinestesico tra le persone raffreddano gli animi di circa 3 di generazioni di Aikidoka, significa che il contatto UMANO doveva essere mal messo pure prima del Covid, o no?


Quest'oggi vogliamo quindi dedicarci proprio a tutto quell'Aikido di RELAZIONE che sembrerebbe esserci al momento interdetto... quando invece così NON è.

L'Aikido si pratica per attualizzare un continuo KAIZEN (miglioramento) con se stessi, il che vuol dire una pratica PERSONALE, che si realizza ANCHE attraverso l'interazione con gli altri (uke, partners, Sensei, etc).

Tuttavia nell'interazione con noi stessi e con gli altri una parte non piccola della relazione viene giocata dall'inconscio... ovvero quella parte di coscienza che ci appartiene, ma che non percepiamo (ancora) che esista.

Ne segue che quando ci relazioniamo con qualcuno per un esercizio, per dare o ricevere un insegnamento... alcune elementi saranno consapevoli, altri no, proprio perché agiti a livello inconscio: quando un esercizio NON ci viene, ad esempio... è perché sbagliamo qualcosa della quale non ci accorgiamo?

Oppure è il nostro partner a commettere qualche errore del quale né noi, né lui è consapevole?

Bella domanda: è una risposta che potremmo non avere mai, almeno fino a quando UNO dei due (almeno uno dei due!) non inizia a conoscersi un po' più a fondo.

Quando interagiamo è quindi come se gettassimo due pietre nell'acqua di un lago: si vedono due cerchi e le figure di interferenza fra di essi, nelle quali non è facile capire se un'increspatura è dovuta più alla pietra lanciata da noi o a quella lanciata dal nostro compagno: le due energie, le due intenzioni, le due consapevolezze e le due INCONSAPEVOLEZZE interagiscono, mischiandosi e diventando una cosa sola.

Anche ciascuno di noi però è una "comunità": la gamba destra e la scapola sinistra, così come la respirazione ed il piegamento della terza falange del quarto dito possono essere in armonia durante un movimento... o in dissonanza fra loro, o alcuni in assonanza, ed altri in dissonanza.

Le parti che ci costituiscono a livello fisico sono veramente molte: 206 ossa, 68 articolazioni, dai 400 ai 600 muscoli volontari... non è facile far muovere armonicamente tutti questi "pezzi"!

Poi ci sono gli stati d'animo, le emozioni, i pensieri e tutta la parte mentale/emotiva... che è in qualche modo da connettere ed armonizzare con la componente fisica: insomma un bel sistema di N equazioni in M incognite... nulla che si risolva con 3 operazioni da prima elementare.

Ed in ogni tentativo che facciamo per coordinare ed integrare tutti questi nostri layers ci sono cose che percepiamo consciamente... ed altre che ci passano bellamente sotto il naso senza accorgercene, poiché subconsce o inconscio del tutto.

Quando siamo SOLI e pratichiamo un esercizio la consapevolezza (e l'inconsapevolezza) in gioco sono "solo" le nostre: se un esercizio non viene non potremo dare la responsabilità ad un errore (inconsapevole o meno(del nostro compagno... nel bene o nel male TUTTO dipende da noi e nello stagno ci cade UNA pietra alla volta, quindi è più semplice osservare le onde concentriche che essa genera!

In questo momento storico abbiamo la stupenda opportunità di OSSERVARE la nostra pratica individuale e comprendere quale sua il nostro attuale livello di coordinazione/integrazione fra tutte le parti che ci costituiscono (sia a livello fisico, che mentale). Possiamo quindi lavorare un sacco sulla qualità di RELAZIONE che abbiamo con noi stessi... altro che non c'è possibilità di fare Aikido!!!


Forse non ce n'è mai stata così tanta!

Avete mai provato a fare un fendente col bokken chiedendovi di scendere diritto?

Ne venisse uno bene: prima si spancia a destra, poi sinistra, poi un piccolo zig zag... poi uno viene bene, ma quando cerchiamo di rifarlo già non ci viene nuovamente più...

Questa è la qualità media di relazione che abbiamo con noi stessi, che ci fa così paura e ci da così frustrazione che andiamo a stemperare con gli altri... ai quali poter dare la responsabilità di quando le cose non ci tornano a dovere...

Anche un po' paraculi sti Aikidoka, vero?!

Ora NON possiamo interagire con gli altri: l'energia in campo può essere SOLO la nostra, se facciamo o meno gli esercizi NON è grazie alle aspettative dei compagni che non vogliamo tradire... perché essi non ci sono, o almeno non fisicamente accanto a noi.

Se facciamo una cavolata coi tai sabaki o con il jo NON ci sarà nella maggior parte dei casi alcun Sensei che ci fa notare i nostri sbagli: dobbiamo imparare a rendercene conto e correggerli da SOLI, oppure rassegnarci a non poter crescere più!

Capite che occasione unica che ha chi è veramente motivato a fare la differenza con se stesso?

Capite che occasione unica che abbiamo di sbarazzarci in un colpo solo di tutti quelli che praticavano SOLO perché era la relazione con gli altri a "tenerli in vita", ma non c'era nulla di autoctono in quella relazione?

Sta morendo si l'Aikido... ma solo quello che era fatto di zombi, ovvero di gente già morta che però si muoveva grazie all'energia che apportavano i loro compagni più sani e realmente appassionati da ciò che fanno.

 

Per l'ennesima volta ribadiamo l'impressione di vivere in tempi nei quali chi desidera trova soluzioni utili a sé ed al prossimo, e chi non lo desidera invita scuse per fare la vittima.

La pratica solitaria in Aikido non è solo utile, ma piuttosto FONDAMENTALE... e forse solo chi ne riesce a comprendere la portata ed il valore è in grado di fare una certa differenza con se stesso.

Ora abbiamo tutti la grande occasione di comprenderlo, esperienzialmente... diamoci sotto di suburi!


PS: i video "self-Aikido" riportati sono un esperimento che Marco ha fatto con il green-screen, ma crediamo possano rendere bene l'idea di "combattere contro se stessi".

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