martedì 26 aprile 2011

Morihei Ueshiba: il più umano degli dei


Sono 42 anni che non sei più qui con noi.
Comunemente diremmo che sei semplicemente morto,
così come tutti prima o poi fanno...

Il Taisai indica invece il rito del "passaggio", cioè una transizione verso una condizione d'essere diversa, non la porta di un oblio eterno.
Poco conta ora, non possiamo sapere cosa accadde quel 26 aprile del '69, almeno fino a quando, a nostra volta saremo su questo pianeta.

Però è indubbio che qualcosa qua lo hai lasciato: molto diremo, visto che l'Aikido è ora praticato in tutto il mondo... e viene utilizzato come metodo educativo per i bambini nelle scuole, come Arte filosofica e relazionale e come addestramento marziale delle forze armate.

Si vede che hai fatto un buon lavoro mentre eri qua con noi: molti ora stanno studiando la tua vita e provano ad imitare le tue gesta.

Alcuni di noi, pensa, ti hanno addirittura eletto alla casta di divinità!
In fondo sembra impossibile credere che tu fossi capace di tutte le gesta strabilianti che decine e decine di testimoni oculari hanno narrato di te sul tatami!

Possiamo quindi capire chi ti considera una sorta di semi-dio o qualcosa del genere...

Probabilmente sei proprio anche entrato in contatto con una sorta di dimensione superiore, forse con un mondo spirituale... con il quale ti relazionavi in modo costante, ma a noi ora interessa ricordarti soprattutto come un semplice uomo.

Un enorme, grande ed insostituibile Uomo, ma innanzi tutto un uomo.

Recentemente abbiamo avuto il privilegio di sentire uno dei tuoi ultimi uchideshi raccontare degli anni e mesi prima della tua morte, nella casetta di Iwama. Lui era li con te.

Ci ha raccontato molti backstage delle foto nelle quali ti vediamo svettare serio e solenne dai nostri kamiza, il lato non conosciuto delle lunghe preparazioni che facevi quando ti dovevano filmare o fotografare: forse eri un po' vanitoso, o semplicemente, ci tenevi a venire bene...

Da questa narrazione sono emersi tratti veramente molto umani e semplici: un uomo anziano e per certi versi fragile e solo. Un simpatico vecchietto, che a tratti si trasformava in una istituzione molto formale sul tatami per poi tornare alla fragilità tipica di un ottantenne.

A quanto pare alcuni tratti di demenza senile non ti aiutavano ad essere sempre lucido, profetico e saggio, nonostante sapessi come tenere a bada l'attenzione di interi palazzetti dello sport nel caso ciò servisse.

Ma come scandalizzarsi davanti a ciò: molti di noi sono un po' svampiti ancora prima di compiere quarant'anni!!!

Nella complicata tradizione d'onore giapponese, che impone la discendenza delle responsabilità di un casato da padre in figlio, sicuramente avrai anche dovuto patire l'impossibilità di esprimere apertamente tutti le tue emozioni e sentimenti verso chi ti circondava, specie nei confronti di tuo figlio Kisshomaru, che si avviava ad assumere la carica di secondo Doshu dell'Aikido...

"Io non sono tuo padre, sono il tuo Maestro!" gli hai dovuto tuonato nei momenti in cui la naturale confidenza consanguinea avrebbe minato la presa di coscienza sul suo futuro, ma a quale prezzo per lui e per te, che dovevi essere una persona emotivamente molto sensibile!

Ci sarà andato sicuramente coraggio e determinazione per vestire in continuazione i panni del guerriro imbattibile, del Maestro venerabile: ci sono però giorni in cui forse semplicemente tu non ti sei sentito così, in cui avresti avuto voglia di essere a tua volta compreso, oltre ad avere l'onere di comprendere gli altri... in cui avresti forse voluto essere coccolato, benché il personaggio che ricoprivi non permettesse facilmente al prossimo di avvicinarsi.

C'erano equilibri difficili da mantenere, specie con l'Aikikai Honbu Dojo di Tokyo: spesso discordavi con quanto avveniva là e al ritorno dai tuoi viaggi da Iwama alla capitale, ti facevi scappare qualche commento di disapprovazione su quanto avevi visto.

Talvolta era cosa avevi visto fare sul tatami che ti urtava, altre volte ti feriva l'atteggiamento dei reggenti di quel tempo.

Il "vecchietto di Iwama" era addirittura diventato un personaggio scomodo molte volte... Poteva addirittura sembrare che alcuni attendessero con impazienza la tua dipartita...

Da Tokyo insigni Maestri venivano a farti visita, nelle occasioni ufficiali di rito, ma spesso si informavano prima di come fosse il tuo umore in quella giornata... chiedevano a Morihiro Saito Sensei o agli uchideshi: "di che umore è oggi O' Sensei?".

Sapevano che il tuo carattere non era sempre facile e se quindi capitavano nella giornata sbagliata, dove avrebbero rischiato rimproveri e severi appunti, preferivano lasciarti i loro doni sul kamiza del Dojo e tornare a Tokyo senza nemmeno farsi vedere da te.

In questo modo avevano fatto formalmente "il loro dovere", avevano bollato la loro cartolina... ma senza curarsi dello stato d'animo che un simile comportamento ti avrebbe creato!

Spesso eri quindi solo, soprattutto in età avanzata, cioè quando una persona torna ad avere più bisogno del prossimo!

Sei stato comunque in buona compagnia: parecchi grandi personaggi geniali ed avanguardisti dell'umanità hanno condiviso un declino immeritatamente solitario.

Ti appisolavi sul tatami del Dojo di Iwama talvolta di pomeriggio... vestivi un kimono lungo da casa.
Alcune volte gli uchideshi dovevano badare che nel sonno non ti scoprissi le vergone, giacché gli uomini della tua generazione non facevano uso di biancheria intima sotto i vestiti.

Di notte, ogni tanto ti svegliavi e ti mettevi a girovagare per il giardino.
I tuoi allievi ti seguivano a debita distanza, perché temevano che tu potessi inciampare e farti male. Non potevano fermarti, né volevano ferire forse il tuo orgoglio facendosi scoprire ad accudirti. Ma dietro a qualche albero, si prendevano a loro modo cura del loro anziano Maestro.

Durante gli enbukai temevano per te e per la tua salute: eri un combattente senza eguali, ma anche una persona anziana con dolori a tutte le articolazioni, che spesso non riusciva più a fermarsi dopo avere fatto un passo in avanti, per via delle forti problematiche alle ginocchia.
Preoccuparsi per te era una forma di amore, cura e rispetto da parte loro.

Anche quell'ultima volta che ti sei alzato dal letto per andare in bagno... loro erano li a seguirti per prendersi cura di te.

Sapevano di non poterti fermare, quando, uscito dai servizi, ti sei diretto verso il Dojo e ti sei messo ad insegnare.
E' stata l'ultima volta, dopo non hai più messo piede su quel tatami.

Questo racconto ci sembra più simile a quello di un nostro anziano nonno, più che di un dio: forse hai saputo essere entrambi, ma per noi oggi ci è caro ricordarti in modo umano, limitato forse, ma anche indiscutibilmente genuino e vero!

Se tu fossi definitivamente diventato una divinità, non sarebbe per noi possibile sperare di seguire il tuo luminoso cammino: qui siamo tutti parecchio fragili, imperfetti e pieni di grandi o piccole incongruenze.

Immaginare invece che anche tu sei stato innanzi tutto uno di noi, che anche tu a volte "hai fatto come hai potuto", e che un po' di demenza senile non ha oscurato il grande lavoro che hai saputo compiere, ci fa tornare speranzosi di poter dare, pur nel nostro piccolo, il nostro contributo.

Le volte in cui non avremo voglia o ci troveremo in difficoltà lungo la nostra Via, potremo pensare a te, che molto probabilmente hai saputo stare in questa condizione prima di noi senza abbatterti.

Che enorme insegnamento! Altro che kotegaeshi... questo lo possiamo applicare ad ogni giorno della nostra vita!

Quest'anno non potranno celebrare il Taisai ad Iwama, come è invece da tradizione, per il terribile terremoto che l'11 marzo scorso ha colpito la tua terra natia. l'Aiki Jinja è pressoché rimasto illeso, solo il Torii di cemento antistante si è incrinato.

Ora per giunta ad Iwama si monitorizza un grado di radiazioni notevolmente alto, a causa delle fuoriuscite della centrale nucleare di Fukushima Dai Ichi a seguito del sisma e dello tsunami.

... nulla forse è cambiato...

Quando tu vivevi ad Iwama, sicuramente ti saranno giunte le radiazioni provenienti dalle esplosioni delle bombe di Hiroshima e Nagasaki.

Anziché quindi pensare a cosa sia meglio o peggio,... a filosofeggiare su quanto fossi bravo o speciale... impegnamoci a renderti onore con le nostre azioni: sarà la cerimonia più significativa che potremmo fare alla tua encomiabile vita.

I Torii si riparano, con la volontà ed un po’ di lavoro: oggi però ci sono forse interventi molto più urgenti da fare nella tua terra!

C’è gente che soffre il freddo, altri che hanno fame, c’è chi non ha più una casa o non ha vestiti da indossare: fare Aikido è pensare prioritariamente a loro, eventualmente a riparare qualche Dojo perché la pratica possa non arrestarsi anche nelle zone più colpite dal disastro e possa in qualche modo dare loro supporto.

I templi e i luoghi storici vengono senza dubbio dopo!

Aiutaci a non dimenticare che sono gli uomini a fare le Arti Marziali, non le Arti Marziali a fare gli uomini...

noi, come te, siamo uomini… e forse è proprio perché perseveriamo anche nella nostra limitatezza così come tu stesso hai fatto che potremo un giorno considerarci divini.

Nell’anniversario del tuo passaggio, ti celebriamo con le parole semplici di una poesia che uno degli ultimi tuoi allievi ha scritto per te.
Grazie di tutto, grazie per il tuo esempio!

“[…] Alcuni uomini ti chiamavano divino, un essere superiore, ma io non credo che sia giusto. Tu fosti un grande artista marziale, ma, al tempo stesso, un vecchietto normale e gentile, quando non eri nel Dojo. Per questo cerco di seguirti, solo perché è la via dell’Aiki, alla quale non un dio, ma un uomo aprì la porta”.

Gaku Homma Kancho

4 commenti:

Stefania ha detto...

Bellissimo articolo. Grazie! Sono con voi!!

Anonimo ha detto...

Aver letto l'articolo m'ha educato diverse volte.
Mi ha condotto a conoscere un ulteriore esistenza umana che non avevo idea sia esistita su questo piano di esistenza e, nel farlo mi ha reso più cosciente, mi ha ferito quando ho capito di aver perduto un'occasione, mi ha emozionato quando mi ha ricordato che alle volte per compiere un miracolo è sufficiente iniziare a farlo e mi ha ricordato che ogni azione che commettiamo è una testimonianza di noi stessi. Mi ha condotto a sentirmi nuovamente vivo e scusi Maestro se è poco. Massimiliano

Simone Chierchini ha detto...

Ottimo lavoro Marco, e, se ce ne fosse bisogno, conferma di un comune modo di sentire fra noi. Dai un'occhiata al mio breve post di ieri sul Taisai!
Simone Chierchini

Shurendo ha detto...

Grazie mille Stefania!
Grazie di cuore a Massimiliano: ci auguriamo di meritare davvero le stupende parole che hai utilizzato per descrivere le emozioni che hai provato!
Grazie Simone San: già letto tutto, anche io ho sentito subito awase fra noi!!!
Un caro saluto a tutti.