lunedì 30 ottobre 2023

L'Aikido e la macchina biologica

Che la pratica dell'Aikido sia qualcosa di fisico lo ha già detto qualcuno... si?!

A quanto pare serve proprio un gomito per fare ikkyo ed un polso per kotegaeshi, quindi se fossimo degli ectoplasmi queste tecniche ci verrebbero perlomeno maluccio.

Vero anche che nel praticare stiamo attenti a tutta una serie di fattori che invece risultano meno materiali, ma non per questo meno importanti: kimochi, reishiki, zanshin... e 100 altre parolacce giapponesi pericolosissime da pronunciare, conoscere e da vivere sul tatami.

Siamo anche la disciplina che parla di più sul tatami, più del Judo, più del Karate o del Kendo... molto spesso filosofeggiamo, tanto da esagerare talvolta, sfociando in Aiki-conferenze molto occidentali, di certo non ben viste da chi pratica in modo più tradizionale e rigoroso.

Ma in ogni caso, abbiamo bisogno del nostro corpo per fare esperienza diretta della pratica, degli angoli, delle forze scambiate, delle cadute, della morbidezza o rigidezza: se non avessimo un corpo, tutto ciò non sarebbe possibile, né sensato.

Prendere una martellata su un piede o raccontare ad un altro cosa si prova a prendere una martellata su un piede?
NON sono due esperienze che hanno la stessa valenza: la prima risulta molto più coinvolgente ed esaustiva, anche se molti di noi preferirebbero accontentarsi della seconda: l'esperienza FISICA diretta è ciò che facciamo con il nostro CORPO.

Noi però NON non siamo il nostro corpo, ci abitiamo semplicemente dentro.

Per agevolare la presa di consapevolezza di questo, immaginiamo un'automobile, oppure un cappotto: sono oggetti in grado di muoversi e di interagire con l'ambiente circostante... almeno fino a quando c'è qualcuno che guida l'automobile, o che indossa il cappotto.

Il nostro corpo è quindi "semplicemente" una sofisticatissima "macchina biologica", che permette alla nostra coscienza di fare esperienza nella materia, nello spazio e nel tempo.

Il concetto stesso di apprendimento necessita di un luogo nel quale esista il tempo, così che si possa fare una qualche forma di distinzione fra il momento in cui non conosciamo ancora una cosa e quello successivo, nel quale l'abbiamo appresa. Se non ci fosse che un eterno presente, saremmo tutti congelati nella condizione nella quale ci troviamo, senza possibilità alcuna di cambiare (il cambiamento è proprio definito come "variazione nel tempo"), né di descrivere o di essere descritti, poiché si riesce ad identificare e descrivere bene solo ciò che viaria.

Le costanti - appunto - non cambiano ed hanno derivata uguale a zero... mentre a noi servono massimi, minimi e asintoti... per descrivere una "funzione", la nostra in questo caso.

Questa sembra essere la triste condizione alla quale sono condannati gli "angeli", che secondo la tradizione non si sono mai incarnati... e che quindi rimangono ciò che sono, restano ciò che erano quando sono stati creati... anche se, non avendo capito molto della NOSTRA e della LORO origine, molte persone li vogliono ergere a "custodi": custodi de che?! Per essere guardiano di qualcosa, si suppone che questa entità sia più esperta di me in ciò di cui è a guardia... beh, senza una loro macchina biologica a loro disposizione, pure gli angeli al massimo possono fare il tifo per noi e magari invidiarci un pizzico... perché siamo destinati ad evolverci, al contrario loro!

Bene: se quindi il corpo è quella straordinaria macchina biologica che ci permette tutto questo... sottoponendolo a cicli di allenamento, è possibile fargli esperire (dal di dentro) sensazioni, tattili o meno, che non avrebbero la stessa valenza se guardate su Netflix, stando in pantofole sul divano.

E cosa fa di solito la gente?

Sta a guardare Netflix (ed anche altri portali simili) in pantofole sul divano, mentre molti di noi sono a rotolarsi sul tatami: senza tanto leggere fra le righe... vi ho appena indicato una buonissima ragione per praticare Aikido (o qualsiasi altra disciplina psico-fisica), nel caso non lo facciate ancora!

Ma ci serve approfondire meglio come funziona questa "macchina": innanzi tutto è banale ricordarci che è sempre unica nel suo genere... nel senso che ce ne sono circa 8 miliardi simili su questo pianeta, ma non ce n'è veramente una uguale ad un'altra. Questo è conseguenza del fatto che ciascuna nostra macchina biologica è "tailor made", ovvero fatta su misura per la coscienza che la abita... and of course anche tutte le coscienze sono fra loro simili, ma anche differenti allo stesso tempo.

Questa è una delle ragioni per le quali è così difficile andare d'accordo: possiamo avere ALCUNI punti in comune, ma MAI tutti, perché siamo diversi di default.

La nostra macchina biologica però, oltre che ad essere un ottimo strumento per fare esperienza terrena, è anche una sorta di "specchio" della coscienza che la abita e vivifica: e quando cambia il suo aspetto, sta cambiando anche l'aspetto dell'essere che si affaccia dai suoi occhi... del suo pilota, o indossatore.

L'Aikido è uno dei modi che esistono per far fare esperienza di guida al pilota della macchina biologica, o di sfilata di moda all'indossatore del cappotto.

Ma non è una semplice esperienza come un'altra: essa infatti si ambienta nel CONFLITTO, ovvero dove c'è qualcosa che apparentemente stona con l'armonia universale delle cose. Il compito del pilota o dell'indossatore e ritrovare armonia anche mentre la sua macchina biologica è impegnata in una situazione FISICAMENTE (ed anche emotivamente) conflittuale.

Se ci immedesimiamo troppo con il nostro corpo, l'esperienza di conflitto inizierà a non produrre più qualcosa di armonico, perché inizieremo a voler proteggere la nostra macchina biologica da qualsiasi minaccia esterna (l'attacco di uke), indipendentemente da cosa possa accadere al nostro avversario (alla sua macchina biologica, per dirla tutta).

Qui si vede tori che per controllare uke, talvolta arriva a fargli provare un tot di dolore, fino a ferirlo, se questo è ciò che gli garantisce che smetta di attaccare e minacciarci. Qui il Budo diventa impositivo, apparentemente per ragioni più che logiche, ma si perde l'Aiki del "noi".

Se ci si immedesima troppo poco con il nostro corpo accade però esattamente la stessa cosa: lasceremo che uke ci ferisca con il suo attacco, sminuendo l'importanza di rimanere in salute per fare questa ed altre esperienze future... oppure ci lanceremo in imprese che la nostra macchina biologica NON è in grado di reggere, divenendo cioè autolesionisti inconsapevoli.

Ed il nostro corpo è prezioso, perché - ricordiamolo - senza di esso non è possibile NESSUN cambiamento ed evoluzione!

Quindi bisogna rinsaldare il collegamento fra corpo e coscienza che lo abita, così che essa si specchi più fedelmente possibile con il suo soma... senza però lasciare che questa identificazione diventi totale, e così che si inizi a litigare per la macchina o per il cappotto.

Sia la macchina, che il cappotto, sono cose importanti... ma sono anche semplici strumenti per spostarci o per passare l'inverno al caldo: una volta che una macchina o un cappotto si sciupano, li si cambia, semplicemente.

Ora che possiamo vedere nel SOMA lo specchio di una coscienza, allora possiamo utilizzarlo anche per esplorare tutti quei luoghi o aspetti che della coscienza ancora non conosciamo. Allora ci alleneremo volontariamente ad andare fuori dalla nostra zona di comfort con il corpo, perché ciò è sinonimo di andarci con la nostra consapevolezza stessa.

Ed il corpo ha l'immenso pregio di ancorarci ad una realtà materiale, spesso molto distante dalla realtà che ci creiamo internamento, a livello prettamente mentale: se penso di non essere in gradi di fare una cosa o di essere già troppo bravo nel farla... ho un metodo infallibile per comprendere se tutto ciò è vero o è solo una mia pippa mentale. Sperimento con il mio corpo!

L'Aikido, oltre tutto, ci fornisce strumenti per esplorare in modo più che completo le nostre paure e fragilità... che sono appunto lo specchio dei luoghi nei quali la nostra coscienza, per prima, si sente fuori dalla comfort-zone, ne parlavamo poc'anzi.

Se iniziamo a fare caso al nostro corpo, a come si muove nello spazio e nel tempo... a come si muove sotto minaccia, vedremo molte cose dell'essere che ci abita dentro: talvolta se si vuole conoscere il vasaio, è sufficiente fare attenzione a come è costruito il vaso, così come se vogliamo conoscere un autore, è sufficiente leggere con attenzione alcuni suoi libri.

Possiamo quindi conoscerci attraverso l'analisi di come si muove la nostra automobile o da come sfila il nostro cappotto... ma possiamo anche crescere ed evolvere chiedendo al nostro veicolo/cappotto di agire in modo differente rispetto al passato: in questo senso il SOMA è uno strumento a 2 vie, quella del feedback e quello dell'azione trasformativa.

Magari non ci avevate mai pensato...

Quando ho iniziato a fare Aikido, tendevo a strizzare i polsi dei miei compagni come dei limoni... cosa che non era sempre utile o piacevole per loro: mi stavo proteggendo.

Questo mi ha permesso di comprendere PERCHÉ mi stessi proteggendo, PERCHÉ mi sentivo minacciato... e con sorpresa ho realizzato che l'attacco esterno centrava proprio poco, ero insicuro dentro, non sapevo chi ero e non mi volevo nemmeno bene più di tanto.

E qui è iniziato, tramite il SOMA, il processo di evoluzione personale: imparando a rispondere alle medesime situazioni in modo differente dal passato... ho imparato che esistevano modi diversi per fare le stesse cose, modalità però che erano più rispettose del mio uke, dei principi della disciplina ed - in ultima analisi - di me stesso.

Attraverso la macchina biologica mi sono accorto dei bias che stavo vivendo, e sempre grazie ad essa ho iniziato a cercare soluzioni alternative... fino a quando non le ho trovate.

Ho portato un esempio personale non tanto perché possiate farvi una camionata di fatti miei, quanto perché sono le uniche esperienze delle quali sono titolato a parlare, essendo state esperienze personali.

L'utilizzo del SOMA, del materiale, per indagare e quindi anche modificare ciò che è coscienziale/animico/spirituale è un astuto processo non ancora del tutto chiaro all'umanità... immagino per via del fatto che essa è poco propensa a studiare se stessa attraverso le proprie macchine biologiche.

Ma chi fa Aikido questa scusa di certo non ce l'ha!

Esiste quindi un modo molto SPIRITUALE di praticare, ovvero quello di ruzzolarsi fisicamente sul tatami, sudando il più possibile... così da onorare ed utilizzare al meglio lo strumento nel quale la nostra coscienza si specchia e si affaccia al mondo del possibile cambiamento.

Torneremo su questo argomento in futuro... per oggi mi fermo qui, poiché mi sembra che i fondamenti di ciò che è utile per introdurlo siano stati dati.

Esiste un modo positivo di vivere la SOMATIZZAZIONE: ora sta a ciascuno di noi scoprire empiricamente qual è.


Marco Rubatto



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