lunedì 17 giugno 2019

Uke: attaccare o resistere?

Imbattendoci- come la scorsa settimana - in una foto (storica questa volta!), abbiamo fatto insieme qualche riflessione su un argomento molto poco dibattuto: gli atteggiamenti di uke durante la pratica!

Questo cartello è comparso nel Dojo di Iwama, nel periodo in cui esso era sotto la guida di Morihiro Saito Shihan... crediamo intorno agli anni '80, più o meno


Esso recita:


注意 (chyui)
ATTENZIONE

頑張り合いの稽古を禁止します
(ganbariai no keiko o kinshi shimasu)
RESISTERE ALLE TECNICHE È PROIBITO

道場長 (Dōjō Chō)
Capo Istruttore

Come già espresso altrove... a nostro parere mai un cartello di avviso è stato così disatteso, di seguito proveremo a motivarvi il perché...

Quando muoviamo il corpo lo facciamo per via di una serie più o meno grande di contrazioni muscolari.

Esse - come dice la parola - fanno aumentare la resistenza meccanica alla flessione, torsione allungamento di arti, articolazioni, etc.

Senza contrazione, senza resistenza non è possibile muoversi: da completamente rilassati si medita solo!

Uke si muove per attaccare, quindi è naturale che si contragga per farlo: il suo compito però è quello di inviarci la sua energia (pure con una certa dose di aggressività, se serve), e non quello di tenerla per sé.

Quindi nell'attacco di uke ci sarà SEMPRE la contrazione che serve per muoversi, ma anche quel rilassamento che serve a mantenere il suo corpo fluido, capace di cambiare velocemente equilibrio, traiettoria dei colpi, etc.

Un uke che attacca e poi si inchioda per vedere se noi con la tecnica siamo in grado di toglierlo dalla posizione che ha assunto... di fatto è una persona che ha semplicemente SMESSO di attaccare.

L'attacco - non per questo - deve risultare scialbo, moscio ed inconsistente, tutt'altro!

Un pugile, ad esempio, ottimizza le sue contrazioni ed i suoi rilassamenti... facendo si che questi cambiamenti possano avvenire molto velocemente in sequenza.

Una persona che attacca essendo troppo contratta - di fatto - rallenta se stessa con i propri muscoli antagonisti: il rilassamento della parte "giusta" del corpo quindi è essenziale!

Esiste però una specifica visione dell'Aikido - tra l'altro quella dalla quale noi stessi proveniamo - nella quale sembra molto importante esasperare la capacità di uke di contrarsi e di fare resistenza al proprio tori... così da metterlo alla prova e verificare le egli stia eseguendo la sua tecnica nel modo "corretto".

Non diciamo che questo atteggiamento sia per forza negativo, ma è importante chiederci cosa succede quando esso è portato all'esasperazione.

Ci sono praticanti che ti afferrano un polso con uno o due mani e ti stringono come se avessero un martinetto idraulico... per poi chiederti: "Muoviti un po' di qui se riesci?!"

Esercizio interessante... ma che attacco sarebbe esattamente impedire ad un altro di muoversi?

Se attraverso una presa salda, uke riesce ad inviare la sua energia al centro del proprio tori, sbilanciandolo... allora si tratta SUL SERIO di un attacco (dal quale può essere più o meno sensato provare a difendersi), altrimenti basta aspettare che l'altro si stanchi... e molli, poiché non stiamo correndo alcun pericolo!

Sovente abbiamo assistito ad attaccanti che afferrano e poi si irrigidiscono tutti: questa è ciò che noi reputiamo una "resistenza inutile", invece.

Un attaccante che si comporta in questo modo non potrà mai diventare capace di fare contro-tecniche (kaeshi waza) nel caso che la nostra azione abbia al suo interno dei puti di debolezza: egli non sarà in grado di approfittarne, perché non riuscirà a percepirli... indipendentemente dalla sua esperienza di pratica e dal suo grado.

Chi si contrae crea all'interno del proprio sistema mente-corpo una sorta di perturbazione, ovvero più o meno lo stesso fenomeno che accade quando buttiamo una pietra in uno specchio d'acqua.

Ci saranno onde concentriche generate dall'impatto della pietra con l'acqua... che tenderanno a propagarsi.

Ora: anche chi risponde all'attacco dovrà contrarsi per potersi muovere... e questo causerà le SUE onde di perturbazione della superficie tranquilla del ki.

Se uke è eccessivamente contratto, diventa "sordo" rispetto al segnale che gli giunge dal compagno, poiché troppo disturbato dalla perturbazione che EGLI STESSO darà all'interazione.


La conseguenza è:

- non riuscire ad intuire in quale direzione la tecnica del compagno vorrebbe muoverlo;

- l'incapacità di sfruttare eventuali sue zone di debolezza nelle quali inserire una contro-tecnica.

In entrambi i casi uke corre gravi pericoli: nel primo caso egli rischia di farsi male durante l'ukemi, poiché è incapace di percepire quale dovrebbe essere la direzione da seguire per uscirne incolume; nel secondo caso, invece, un attaccante non potrà mai invertire le sorti dello scontro, essendo obbligato a cadere o comunque a desistere dal suo attacco.

SOLO il rilassamento - unito alla indispensabile contrazione - può garantire che queste due condizioni NON si verifichino!

Ma torniamo al cartello: se Saito Morihiro Shihan ha creduto fosse necessario affliggere alle parete del suo Dojo questo avviso, è segno che ha intravisto un uso eccessivo della forza muscolare... e quindi della contrazione e della resistenza.

É molto comune che, specie fra praticanti maschi, la competizione divampi molto velocemente e metta nella triste condizione di credere di doversi dimostrare le cose l'un l'altro... anziché ciascuno a se stesso.

Il problema è che noi possiamo attaccare avvisi di questo tipo su qualunque muro, ma parte della contrazione  della resistenza che ciascuno di noi mette in atto... spesso proviene dall'INCONSCIO, e quindi da aree della propria coscienza che nemmeno sappiamo di avere.

Questo è il caso - per esempio - di quando un uke si contrae per evitare una caduta: egli TEME di farsi male cadendo, quindi il proprio sistema reagisce chiudendosi... come fosse una tartaruga.

Sta opponendo una resistenza eccessiva al proprio compagno, ma non lo fa per attaccarlo di certo, quanto perché la paura di ciò che potrebbe accadere ha preso il sopravvento!

Esiste quindi un momento del proprio percorso nel quale si comprende che non fare troppa resistenza è INDISPENSABILE per divenire bravi uke (in grado quindi di non ferirsi cadendo), e quindi anche attaccanti temibili!

Ma poi arriva quello che questo passaggio NON lo ha ancora fatto, vi vede e sentenzia: "Qui sembra che balliate!", "C'è poca marzialità", "I denti devono essere più digrignati... questa è pur sempre un'arte marziale!".

A sto tizio bisogna volergli bene come se fosse normale... nella speranza che studi e che normale ci diventi, almeno col tempo!

Il rilassamento e la determinazione nella propria azione è fondamentale SIA per uke, CHE per tori... e ovviamente esso è più che fraintendibile con una connivenza fra il movimento dell'attaccante e quella di chi performa la tecnica: e chissense!!!

Nella pratica, chiunque cerca di riscoprire una certa naturalezza nel movimento... e questa naturalezza è il CONTRARIO della resistenza a priori: osservate come si muove un bambino... non conosce molte cose delle proprie azioni, ma difficilmente oppone resistenza a ciò che gli accade mentre si muove.

La resistenza a se stessi e QUINDI al prossimo è - secondo noi - un elemento molto comune che va fatto va fatto emergere dalla coscienza, se vogliamo smetterne di esserne schiavi... e quindi ai beffati ed imbarazzanti giudici di chi è ancora schiavo di questo processo molto comune.

Ci avete mai fatto caso che tutte le arti marziali hanno studiato e sviluppato il principio detto [柔] "ju" o "yawara", ovvero il principio della cedevolezza... e nessuno ha perso troppo tempo sul suo opposto?
Coincidenza?... Non crediamo proprio...

Ogni volta che non comprendiamo una cosa del prossimo, anziché giudicare e criticarlo, potremmo cercare cosa esso possa insegnanti di nutriente: questa è la strada della non-resistenza che serve all'Aikido per crescere!







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