
In Aikido ricopriamo il ruolo di tori e quindi quello di uke in modo alternato: anche in questo caso le ragioni sono più che profonde...
Il movimento corporeo è comandato dai lobi cerebrali, che notoriamente sappiamo essere 2: queste due "CPU" però funzionano in modo molto differente fra loro.
Se fossero dei computers, potremmo dire che uno monta software Windows e l'altro iOs, il rischio che non comunichino bene fra loro non è solo una probabilità... ma una certezza!
Il lobo sinistro del cervello si occupa di processare le informazioni in modo logico e sequenziale: ad esso il compito di gestire il lato destro del corpo umano.

(NB: in caso di mancinismo, ciò che diciamo va ribaltato)
Ora in ciascuno di noi, come nel lungometraggio "Inside Out", esistono (almeno) due personaggi molto diversi fra loro: un iper-razionale (yang) e un iper-intuitivo (yin)... e di solito il proprio carattere si trova più a proprio agio con la filosofia di UNO di essi.
Il corpo calloso è quella struttura in grado di fare da trasduttore di informazione fra questi due poli opposti interni a ciascuno.
C'è l'ingegnere, commercialista, geometra che si iscrive al corso... che tende ad essere molto razionale e che di solito muoverà la parte destra del suo corpo con più facilità ed integrazione rispetto a quella sinistra.

In Aikido però a ciascuno viene chiesto un approccio olistico, che consente a ciascuno di lavorare con la propria parte "dominante", seguita da quella che invece ci mette più in difficoltà.
Con questa metodica, tendiamo nel tempo a riequilibrare le tendenze psico-attitudinali troppo marcatamente basate su uno SOLO dei due "personaggi" che abbiamo poc'anzi descritto.
Lavoriamo con la destra da tori, quindi con la sinistra da tori.

Ma anche la reciprocità tori/uke nasconde una similare valenza riequilibrante: tori (che etimologicamente deriva da "prendere, decidere") ha caratteristiche più yang... mentre uke (il cui significato è "colui che riceve") ha una natura più yin, infatti è chi deve sapere accogliere la tecnica con ukemi, senza farsi male.
In quest'alternanza buleana (il linguaggio binario dei computer), iniziamo quindi a scrivere il nostro "codice di pratica":
- a tutto ciò che è yang attribuiamo il numero 1;
- a tutto ciò che è yin attribuiamo il numero 0.
Un tori è 1, un uke è 0. Una persona che fa katate dori yaku hanmi con il piede destro avanti è 1, il suo partner che riceve questa presa con la gamba sinistra avanti è 0.
Mentre pratichiamo, passiamo quindi dalla fase:

1,0 - siamo tori ed utilizziamo la parte sinistra del corpo; yang giovane, per la presenza di una componente yin;
0,1 - siamo uke e utilizziamo la parte sinistra del corpo; yin maturo o completo;
0,0 - siamo uke e utilizziamo la parte destra del corpo, yin giovane, per la presenza di una componente yang.
Abbiamo poi le tecniche omote (yang) e ura (yin): ecco una terza colonna di variabili;
Abbiamo le tecniche irimi (yang) e quelle hirai (yin): ecco una quarta colonna di variabili;
Abbiamo le tecniche sen no sen (yang) e go no sen (yin): ecco una quinta colonna di variabili;
Abbiamo le tecniche di Aiki ken (yang) e quelle di Aiki jo (yin): ecco una sesta colonna di variabili;
Ma quante saranno alla fine le variabili con le quali giochiamo?
Abbiamo ragione di pensare che questa disamina ci porterà ad esaminare 64 esagrammi...
Questa cosa ciclica e reciproca... sapete dove porta?
Alla formazione delle triplette di base sul quale è costruito l'I-ching, così come il nostro stesso DNA.
Non è questa la sede per dimostrare tutto ciò (in realtà sitiamo scrivendo un testo con una spiegazione più diffusa sull'argomento), ma già solo da queste poche righe potrete intuire (usate la parte yin/sinistra del corpo e destra del cervello!) come la pratica dell'Aikido non sia stata strutturata "a caso" proprio per niente!

Gli studi che stiamo portando avanti, grazia al prezioso contributo di alcuni neuroscienziati, mostrano che questa "ginnastica" stimola in modo completo ed armonico la coscienza, che è al momento un oggetto alquanto misterioso sotto il punto di vista accademico.
Uno finisce una lezione di Aikido e poi "si sente meglio": molto stress sembra sparito, c'è rilassamento, ma anche vitalità... cosa è successo al suo sistema psico-corporeo?
Quando (non se, quando!) verrà fatta luce su questo risultato notevole di una disciplina nata nel secolo scorso in tutt'altro contesto filosofico e culturale, immaginiamo che l'accredito di stare su un tatami non verrà più trascurato tanto quanto lo è al momento.

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