
Le anche sono ciò che muove il resto del corpo, e bla, bla, bla...
Il movimento dovrebbe essere "centralizzato", e bla, bla bla...
... ma non dovrebbe solo essere una questione meramente fisica, c'è di più!

Esso sarebbe più correttamente da chiamarsi kikai tanden [気海丹田]... ed in questa sede avverrebbero le interazioni con le energie basali che provengono all'uomo direttamente dalle forze vitali più profonde della natura collegate con il senso della vita e della morte.

Dal punto di vista della capacità di movimento dinamico del corpo nelle arti marziali giapponesi, l'hara ed in particolare seika no itten, costituiscono la sede psicofisica della presenza mentale del praticante, il quale porta in questa sede il centro della propria stabilità psicofisica e della generazione dei propri movimenti corporei.

Questo centro vitale, localizzato alla base della hara, compendia quelle funzionalità che nella tradizione induista sono attribuite ai due chakra inferiori: muladhara ed svadhishthana.
Per la conaca, esistono altri due centri immateriali importanti: il chudan tanden [中段丹田] - centro mediano - e il jodan tanden [上段丹田] - centro superiore -, dei quali però non ci occuperemo quest'oggi.
L'addome prominente era ed è nell'immaginario nipponico - ed orientale in generale - sinonimo di "tanto ki/vitalità/salute/saggezza/consapevolezza".

Perché allora lo rappresentano panzone?
Perche apunto il basso ventre diviene un SIMBOLO!

É importante essere fisicamente ben piantati per fare bene Aikido?
Certo che no quindi ovviamente; resta tuttavia un dato di fatto che gli Insegnanti di Aikido tendono spesso alla rotondità... rispetto ai loro omologhi di altre discipline simili.
In Aikido la forza fisica dovrebbe essere ridotta al minimo, così come l'impegno esclusivamente prestazione del corpo, ed in questo senso allora possiamo capire che, con il sopraggiungere dell'età e con un movimento meno accentuato rispetto alla gioventù, i chili di troppo tendano ad accumularsi come accade a chiunque altro.

Non c'è dubbio che l'essere ben piazzati (non per forza "grassi"!) aiuti non poco comunque, anche perché più si riesce a sfruttare l'energia cinetica del proprio compagno e quella relativa alla propria inerzia, più l'interazione in Aikido avviene in modo quasi "gratuito" per tori, sotto il punto di vista energetico.
Ma torniamo ad occuparci dell'hara e dell'energia vitale che in esso è contenuta.
Il nostro Aikido tende per forza ad esordire come qualcosa da percepire e da svolgere a livello FISICO, talvolta anche con un certo impegno e ruvidità nei primi tempi di allenamento.

L'utilizzo consapevole del kikai tanden e dell'hara fa si che questo connubio "interno-esterno" sia fattibile.
Potremmo dire che la centralizzazione del movimento e la percezione di un punto "coscienziale" nel nostro corpo sia il naturale sviluppo ed evoluzione di qualcosa nato "in periferia" di noi stessi.
A questo punto, le reazioni comuni sono 2 e piuttosto antinomiche fra loro: c'è chi tende ad ignorare questo passaggio e a rimanere ad un livello superficiale della pratica... e chi invece si immerge nel nuovo mondo interiore da esplorare, tanto da perdere quasi i legami con la fisicità che hanno permesso questa evoluzione.

Il fisico ci ha porta verso l'interiotà, quindi l'interiore ora può essere manifestato nel fisico!
Come spesso accade quindi ricadiamo in una sorta di paradosso, nel quale la saggezza orientale può essere "tangibile" solo attraverso la pratica e l'esperienza personale... a meno che non ci si accontenti di essere creduloni e prendere per buono ciò che c'è scritto nei libri o ciò che afferma il BIG hara di turno!
NON approdare - anche dopo decenni - ad una percezione essenziale quindi più sottile di ciò che si pratica, rimanendo quindi smanettoni dei polsi e delle spalle altrui ci pare sinceramente un grosso limite per il praticante attuale... che ha bisogno di riprove del suo impegno e - soprattutto - giustamente necessita di poter percepire la bontà del proprio operato, specie a lungo termine.
Approdare però ad una dimensione "sublime" che ci tagli fuori dalla possibilità di comunicare con gli altri con il linguaggio che essi abitualmente adottano ci sembra altrettanto limitativo.
Anziché ricercare perle di saggezza giapponesi da qualcuno che parla giappaliano, potemmo quindi innanzi tutto diventare noi stessi il laboratorio delle nostre azioni sul tatami (magari anche non solo sul tatami...) e sentire come e se esse ci trasformino, cambino la nostra pratica... come essa tenta ad andare verso l'essenziale e quindi a ripristinare quella connessione con il centro vitale che forse il quotidiano ci aveva fatto perdere.

Noi una scelta l'abbiamo personalmente già fatta, fondando l'Hara Kai, che si potrebbe simpaticamente tradurre con "l'Associazione della Ventrazza": non si tratta di una confraternita di oversize, ma di un gruppo di persone che lavora ogni giorno per studiare la connessione ki-mente-corpo-coscienza-movimento... e constatiamo molto spesso come questo sia una vena molto prolifica da seguire ed approfondire.

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