
... il modo in cui verghiamo un foglio di carta con l'inchiostro è funzione di come muoviamo le nostre mani, nello spazio e nel tempo, a contatto con una superficie che ci oppone una certa resistenza: in ciò assume una certa importanza anche l'energia che mettiamo nello scrivere.

Non è molto differente la sensazione di muovere il corpo in uno spazio vuoto - il Dojo -, a contatto con una superficie semirigida - il tatami -... sul quale ci spostiamo in modo più o meno armonico con coloro che lo occupano insieme a noi.

L'Aikido può essere tante cose, lo abbiamo detto più volte... oggi vorremmo "leggerlo" come una ricca possibilità calligrafica di noi stessi, in un contesto molto particolare ed interessante: il conflitto.
Come ci muoviamo in presenza di pressione e di conflitto?!
In modo rilassato, curvilineo e sinuoso... o in modo teso, stentato, spigoloso e strattonato?

Tutto ciò però risulta particolarmente fastidioso nel momento in cui realizziamo che le nostre manifestazione cinestesiche non sono così armoniche o aggraziate come vorremmo.
Cosa possiamo fare a questo punto?
Non muoverci più... smettere di manifestarci... così che nessuno si accorga di quanto sia poco fluida la nostra calligrafia fisica, mentale, emotiva e spirituale.

E lo shodō, su carta così come mentre ci muoviamo, ha una caratteristica particolarissima: non può più essere corretto... è quindi come una sorta di tatuaggio indelebile, ossia ci prendiamo le cose per come ci sono uscite, senza avere la possibilità di ritornarci sopra.
Non è diverso in Aikido, lo sappiamo bene: proviamo una tecnica e magari non ci viene molto bene... la riproviamo e potrebbe migliorare un po'... ma allora subito ci chiediamo, se per sfortuna dovessimo applicarla per salvarci la vita, come verrebbe?
Sarebbe il caso di quella buona o di uno dei tanti movimenti da scartare?
Già, perché di vita ne abbiamo solo UNA, non è che possiamo tanto andare dal nostro aggressore a chiedergli di ri-attaccare meglio o come vogliamo noi per fare più bella figura: o ci siamo e ce la facciamo... o finisce li!

Ma sappiamo bene quanto noi tutti vorremmo avere sempre una seconda (una terza, una quarta...) chance: nell'espressione del corpo leggiamo i nostri limiti, spesso non li accettiamo e cerchiamo una nuova espressione che sia meno viziata da essi rispetto ai precedenti.
Stiamo facendo prove di "bella calligrafia" psicofisica insomma!
A forza di reiterare questo tentativo di miglioria, c'è poi gente (Aikidoka) che inizia a scrivere per il solo gusto di scrivere bene, per il puro gusto estetico... ma rischiando di non avere più nulla di importante da dire.

C'è gente che fugge davanti alla propria immagine riflessa allo specchio, poiché non si piace, non si accetta così per come è... ma c'è anche chi ne resta così tanto affascinata da rimanerne incantato, come Narciso dinnanzi alla propria immagine riflessa nell'acqua.

Se i secondi si innamorano della propria immagine riflessa nello specchio del movimento cinestesico... beh, serve che ricordiamo che fine fece Narciso nel mito? E il mito ha sempre l'abitudine di parlarci di qualcosa di vero...
Esaminiamo quindi il nostro movimento, il nostro modo di muoverci sotto attacco, sotto stress, sotto pressione psicologica e fisica dell'avversario: è uno specchio così potente che è difficile più farne buon uso che cadere nella paura o nella mania per esso.

L'Aikido ci specchiare per intero: forse c'è ancora così tanta conflittualità nel suo mondo, perché essa è molto presente in ciascuno di noi!
1 commento:
Forse l'idea di superamento dei conflitti e di pace universale con cui l'Aikido si è diffuso nel mondo ha portato, quasi fosse un'ideologia politica, il rinnegare l'aspetto innanzi tutto individuale che ha il percorso dell'Aikidoka stesso...la pratica è infatti uno potente strumento per connettere prima di tutto la propria mente con il proprio cuore e con il proprio corpo...questo è il primo conflitto che deve risolvere un praticante di Aikido secondo il mio opinabile parere...questà "speciale unità" permetterà di vivere successivamente l'unità con l'universo e quindi con i propri simili...praticare armoniose figure senza risolvere la propria unità è un mero esercizio estetico...buon Aiki a tutti...!
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