lunedì 11 febbraio 2013

La trappola delle "tecniche di base" e quelle "avanzate"

Intervistatore - "Quante tecniche esistono in Aikido?"
O' SENSEI - "Ci sono circa 3000 tecniche di base, ed ognuna di esse ha 16 variazioni, così ce ne sono svariate migliaia. A seconda della situazione puoi crearne tu stesso di nuove".

Piccolo frammento di un'intervista del Fondatore dell'Aikido, utile per fare insieme una riflessione piuttosto importante sulle modalità di studiare la nostra disciplina.

Ci auguriamo sentitamente che Morihei Ueshiba non scherzasse nell'affermare che in Aikido esistano circa 48000 tecniche (3000 x 16), ma crediamo anche che con quest'affermazione egli intendesse qualcosa di più importante che fornire dati precisi o "dare i numeri"!

Se l'Aikido si potesse apprendere in modo esclusivamente razionale e didattico, per avere avuto l'occasione di praticare 3000 tecniche, al ritmo di 3 diverse per ogni lezione, servirebbero 1000 lezioni per averle provate tutte una volta... che alle nostre latitudini significa 12 anni e mezzo per un corso che si allena 2 volte alla settimana, 10 mesi ogni anno...

... se invece pensiamo alle 48000 varianti, ci servirebbero teoricamente 200 anni per fare altrettanto!

E anche dopo questo tempo... avremmo praticato ogni variante UNA SOLA VOLTA: significa "saperla" questo?

Forse O' Sensei intendeva qualcos'altro...

Non crediamo infatti che l'Aikido sia un'Arte compilativa: "faccio questo fino a quando lo so, quindi passo allo step successivo"!

Su questo dramma ogni Ente che patrocina la pratica si è scervellato per comprendere quali fossero le tecniche di base più utili per dare una struttura solida a tutto quanto viene affrontato sul tatami, specie dai principianti.

Ricette differenti attualmente si sprecano: "è bene iniziare l'allenamento con tai no henko e morote dori kokyu ho e finirlo con suwari waza kokyu ho, perché Morihei Ueshiba faceva così"... è una di quelle più in voga fra le Scuole che si definiscono "tradizionali"... abbiamo sentito - per l'ennesima volta - questo discorso ad uno Stage solo lo scorso sabato!


La scelta di quello che viene definito "bi base"... determina inequivocabilmente cosa considerare anche poi di livello "avanzato"!

Che poi sto termine "avanzato"... sa sempre di qualcosa che è rimasto nel frigo perché non si aveva più fame...

Tradizionalmente ogni Scuola marziale ha coniato il suo "ki hon", ossia le sue pratiche universalmente accettate come "di base", ma la domanda importante è: cosa dovrebbero facilitare, sviluppare e consentire la pratica di queste "basi"?

La conoscenza di alcune forme piuttosto che altre?

La sperimentazione di alcuni principi dell'Aikido?

Ce lo chiediamo perché chiunque abbia un minimo di esperienza nel body-work, prima ancora che nelle Arti Marziali, sa che è fondamentale per chiunque sviluppare il senso dell'equilibrio, della "centrature", dell'agire il può rilassato possibile... questo serve perché è la natura degli esseri umani a funzionare così, non perché l'ha detto O' Sensei!

Ci sono un sacco di Sport nei quali viene richiesto di tenere basso il baricentro corporeo, ci sarà una ragione?!

Non vediamo l'utilità di praticare esercizi che ci rendano più rigidi ed insensibili rispetto a noi stessi ed al partner di quanto non lo fossimo già prima di incominciare a praticare Aikido!

Eppure è qualcosa che accade molto più di frequente si pensi... i casi nel quali la didattica nata per agevolare la crescita dell'allievo si rivela una vera e propria gabbia per lui sono numerosissimi.

Come mai?

Forse perché gli allievi sono lo specchio abbastanza veritiero dei propri Insegnanti, ed è proprio a questo livello che si generano i principali errori e fraintendimenti.


Chi ha una mentalità rigida, poco spirito critico e di osservazione, si chiude nel Dojo e chiede ai suoi ragazzi di fare 2000 volte il movimento che il SUO Shihan di riferimento ha chiesto a lui di fare: si immagina cioè che ciò che serve a lui serva a tutti, che la strada da percorrere sia la stessa per chiunque e soprattutto che debba essere la stessa percorsa in precedenza da Morihei Ueshiba!

Nulla di più falso, facilmente smentibile e verificabile.

Siamo tutti diversi, quindi percepiamo la realtà in modo differente: ciò che può fare molto bene ad una persona, potrebbe essere assolutamente deleterio per un'altra, inoltre le condizioni storiche e sociali sono molto cambiate dai tempi del Fondatore: è un nonsenso pensare che troveremo qualcosa di attuale SOLAMENTE rifugiandoci nel passato...


Il passato può insegnare molto, esattamente come lo stare molto connessi e con i piedi ben radicati nel qui ed ora!

Spesso incontriamo ai Seminar praticanti NONOSTANTE  i quali fare Aikido anziché GRAZIE ad essi: questo è segno di quanto risulti profondamente incompreso il metodo didattico che si utilizza.

Del resto, un Insegnante che si reca al Dojo 2 volte alla settimana per un totale di 12 ore di insegnamento al mese può reputarsi tale?

Lui quando si allena, quando progredisce, quando viene supervisionato?

Diviene più facilmente una fonte molto ricca di quelli che lui - in buona fede - reputa assoluti, e che invece appaiono evidentemente relativi a chi pratica un po' di più!

L'Aikido dovrebbe farci stare meglio dopo la pratica, rispetto a quando abbiamo incominciato... per nessuna ragione dovrebbe irrigidire gli arti e soprattutto la mente... dovrebbe insegnarci a cadere agilmente ed a rialzarci più determinati di prima.

Quindi assume particolare senso la frase di Ueshiba con la quale abbiamo esordito: non è questione di sapere QUANTE siano le tecniche in Aikido (la sua risposta suonava un po' come il "settanta volte sette" della Bibbia, che in realtà significa semplicemente "MOLTE"!), ma a come approcciarci nel modo migliore ad esse...

E quindi appare anche molto meno "sacrilego" sentirci liberi di inventare nuove forme e tecniche, anche PRIMA di padroneggiarne 48000!

"A seconda della situazione puoi crearne tu stesso di nuove"
[Morihei Ueshiba]

A nostro modo di vedere le "tecniche avanzate" non esistono... poiché l'Aikido è olistico, quindi qualsiasi cosa è dipendente da tutto il resto: sicuramente la pratica di alcune forme prima di altre rende forse più facile la possibilità di emanciparsi da esse e sentirsi liberi di essere creativi in rispetto dei principi dell'Arte.

Quando ciò possa avvenire sarà funzione del coinvolgimento di ciascuno nella pratica, oltre che delle sue personali capacità.
Diffidiamo quindi di quelli che ci promettono costosi Stage a porte chiuse di "tecniche avanzate": rischieremo forse solo di nutrirci appunto dei "loro avanzi".

"Tecniche di base" e "avanzate" sono divisioni in DUE sottoinsiemi che si influenzano vicendevolmente, quindi si comprenderanno meglio alcune "tecniche di base", DOPO averne praticate alcune ritenute più complesse, come è altrettanto vero che alcune di queste ultime perdono il loro sapore se PRIMA non si fossero esaminati movimenti più semplici.

E' il dualismo stesso ad essere un illusione, quindi fintanto che farciremo la didattica di concetti dualistici (base/avanzato, prima/dopo, principiante/esperto, giusto/sbagliato) non potremo che affermare con essa MEZZE "verità", o "assoluti" MOLTO RELATIVI!

Siamo qui per ricevere l'eredità del Fondatore e portarla avanti, non per fare l'amarcord della sua esistenza sul tatami: facciamo il nostro meglio per uguagliarlo e, se è possibile, diventare meglio anche di lui... Morihei Ueshiba crediamo che non potrebbe che esserne contento!

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Quindi?
Hai realizzato che non basta ripetere a pappagallo e dire di farlo per umiltà?
Ho sempre sostenuto che la pratica iwama così come la intendono molti è castrante.
leggerlo da un iwamista mi ricorda il cineforum di Fantozzi.

Shurendo ha detto...

Grazie Anonimo per il tuo commento.

La pratica di Iwama può divenire castrante: lo è forse il fraintendimento con il quale viene insegnata e "spacciata" per assoluta.
Gli assoluti sono sempre pericolosi...

Questo però non è segno che non sia possibile praticare uno stile senza essere coinvolti nella patologie del fraintendimento, e questo è appunto ciò che cerchiamo di fare nel nostro Dojo

Anonimo ha detto...

Il problema di "quante tecniche conosco" che poi diventa"quante ne so fare davvero" che poi diventa ancora"ma oSensei la faceva cosi?".Sono troppo giovane per dire di avere capito qualcosa,ma leggendo la sua storia,e quanto più possibile su di lui e sull'Aikido(oltre che praticando),forse forse l'Aikido di oSensei è stato uno dei primi sistemi open source,completamente scalabile,adattabile a ogni praticante e situazione.Il bello non è tanto quanto sai,ma come imparare a estrapolare un principio che vale sempre,e adattarlo al momento presente.E poi non ha senso,secondo me,cercare di diventare meglio di lui,la vera ricerca dovrebbe essere quelle per capire chi siamo e migliorarci,senza termini di paragone esterni,che sono al servizio di questo.

Anonimo ha detto...

Personalmente amo l'iwama style rurtavia sonk aperto a qualunque esperienza come ben sa l'autore stesso dell'articolo. Un detto recita "la foresta non è bruciata che dai suoi stessi alberi" ... non credo ke sia l'iwama ryu ad essere castrante... ma lo è la stessa mentw di molti praticanti di qialsiasi stile. Poi ritengo ke proprio una mente aperta come quella dell'anonimo dovrebbe astenersi dal definire castrante qualcosa ke probabilmente no pratica e non conosce veramente ..... visto ke bisogna parlare senza termini di paragone. Tante volte l'iwama style è stato definito castrante da persone ke probabilmente non avevano la costanza e la voglia di dedicarvisi. Per quanto mi riguarda ... questo stile non rappresenta l'aikido nella sua totalitá semlicemente ne è una chiave di lettura molto efficace dalla quale bisogna imparare però, con la pratica e non con le chiacchiere certamente più semplici , a trascendere per provare a comprendere un giorno a comprendere cosa sia l'aikido. Tuttavia come avvenne per il fondatore ... la non forma nacque dalla pratica della forma... non il contrario. Non saranno credo le speculazioni filosofiche ad aprirci la strada alla vera essenza dell'aikido se mai ci arriveremo... ma la pratica. E l'iwama style diventa in questo senso un mezzo molto efficace per imparare... da non confondere con lo scopo. Di mezzi ce ne sono tanti ed ognuno sceglie quello ke preferisce secondo la propria natura. Mo ha senso definiire castrante qualcosa che forse non si comprende fino in fondo. Io non definisco in alcun modo l'aikido praticato da altri.. può piacere o no.. ma credo chhe ogni stile ha sicurente racchiuso in se un pezzettino dell'aikido del fonfatore . Ogni cosa può essere un buon maestro se si sa dove guardare. Non dimentichiamo ke AIKIDOWWABICHIBAN BUDO DESU .. parola di morihei ueshiba. Non so come pubblicarlo quindi mi firmo come iwama takemusu aikido ostia

Anonimo ha detto...

Ripetere a pappagallo per l'appunto, il limite è posto in primis dalla dialettica, lo conferma il fatto che le lezioni sono infarcite di citazioni. Ci sono i grandi dotti sapienti dai capelli tinti che fanno lezioni per ridotti numeri di fidati accoliti (mi ricorda hitler ed ss nelle segrete dei castelli, roba da kazzenger.
Masterclass avanzate, soto ed uchideshi ed al tempo stesso gradi regalati a presidenti di club importanti in termini di peso numerico...
Maestri che fanno il tappo perchè LORO sanno, liste di allievi nei siti con la data della loro visita ad iwama (come se gli altri che non sono andati siano di serie b/puzzoni)
Hanno creato una sovrastruttura ben organizzata in mano ad un volpone sorretta da una pletora di mediocri che lo sostengono per poter mantenere un prestigio che solo lui gli può dare, fuori dai loro dojo risultano maleducati e miopi, incapaci anche solo di aprire gli occhi e provare il diverso perchè ciò che conoscono è IL verbo (tutti gli altri fanno una pratica priva di didattica o di una qualsivoglia adererenza ai canoni fisici dell'aikido naturalmente).
Provino lorsignori a mettere i panni dell'allievo ed entrare in un dojo d'altra linea per vedere se non si fanno le basi comuni a tutti, perchè l'aikido comincia sempre e torna sempre alla base, anche senza essere patrimonio di saito buonanima o peggio di qualche takemusuassociation.
Fortuna che c'è gente come Rubatto che ha aperto gli occhi a confortarmi, c'è speranza anche per i poveri allievi di questi tristi figuri...
Scusate la rudezza ma è frustrante vedere quanto poco buon aikido si pratichi e quanto la qualità sia inversamente proporzionale alla sicumera dei praticanti, quale che sia la linea didattica.

Anonimo ha detto...

Rileggendo il mio commento ho notato molti errori di battitura dovuti alla difficoltà nell'utilizzare la tastiera del telefono. Mi scuso perciò se alcune parole non sono molto chiare

Anonimo ha detto...

Buongiorno, mi chiamo Luca Canovi.
Non mi trovo in accordo con l'articolo e mi sento di dire che i dualismi sono fondamentali per la persona, per la filosofia(orientale e occidentale) come per le arti marziali. Come nel Tao ci sono opposti (omote e ura ad esempio), ci sono spigoli, angoli smussati e contaminazioni(eccezioni) ecc ecc. così nella vita di tutti i giorni e nella pratica servono tutti gli elementi del triangolo, quadrato e cerchio in completa armonia e compenetrazione tra di loro.
La pratica di Iwama è solo un metodo per costruire il nostro triangolo, il nostro quadrato e il nostro cerchio, uno dei tanti sentieri per poter salire la montagna(noi stessi) e la sua diffusione in Italia e nel mondo è stata vissuta diversamente: chi lo vedeva come il vero aikido perchè "l'altro" si dimostrava inefficace, chi lo vedeva come vera arte marziale perchè aveva le "armi", chi lo ha preferito perchè era più in sintonia con le proprie capacità fisiche e didattiche, chi aveva solo quella possibilità! e chi invece ha cercato di fare tesoro di ogni esperienza...
Non capisco perchè alcuni praticanti molto esperti, nonostante pratichino da molti anni non capiscano i principi del Budo che stanno dietro all'Aikido e alle altre arti marziali del Budo giapponese.
chiedo scusa ma leggo molto saltuariamente questo blog, ma se qualcuno vuole rispondere o condividere alcuni punti, mi potete scrivere su facebook http://www.facebook.com/luca.canovi.18

Buon aiki a tutti.

Anonimo ha detto...

Buongiorno, mi chiamo Luca Canovi.
Non mi trovo in accordo con l'articolo e mi sento di dire che i dualismi sono fondamentali per la persona, per la filosofia(orientale e occidentale) come per le arti marziali. Come nel Tao ci sono opposti (omote e ura ad esempio), ci sono spigoli, angoli smussati e contaminazioni(eccezioni) ecc ecc. così nella vita di tutti i giorni e nella pratica servono tutti gli elementi del triangolo, quadrato e cerchio in completa armonia e compenetrazione tra di loro.
La pratica di Iwama è solo un metodo per costruire il nostro triangolo, il nostro quadrato e il nostro cerchio, uno dei tanti sentieri per poter salire la montagna(noi stessi) e la sua diffusione in Italia e nel mondo è stata vissuta diversamente: chi lo vedeva come il vero aikido perchè "l'altro" si dimostrava inefficace, chi lo vedeva come vera arte marziale perchè aveva le "armi", chi lo ha preferito perchè era più in sintonia con le proprie capacità fisiche e didattiche, chi aveva solo quella possibilità! e chi invece ha cercato di fare tesoro di ogni esperienza...
Non capisco perchè alcuni praticanti molto esperti, nonostante pratichino da molti anni non capiscano i principi del Budo che stanno dietro all'Aikido e alle altre arti marziali del Budo giapponese.
chiedo scusa ma leggo molto saltuariamente questo blog, ma se qualcuno vuole rispondere o condividere alcuni punti, mi potete scrivere su facebook http://www.facebook.com/luca.canovi.18

Buon aiki a tutti.

Shurendo ha detto...

Buongiorno Luca, grazie per il commento.
Ci teniamo a puntualizzare - come è avvenuto combinazione nell'articolo uscito quest'oggi - come il dualismo sia sicuramente fondamentale per la vita e come gli opposti siano tali proprio per farsi in qualche modo equilibrio. Con il nostro spunto di riflessione però intendevamo sottoporre al lettore un altro elemento, ossia come "l'oggettività" sia in qualche modo molto difficile da "congelare". Ad esempio, nell'esperienza di ciascuno di noi, anche la tecnica di base più semplice ha molte volte cambiato sfumature e prospettiva man mano che negli anni la praticavamo. In questo senso, l'esperienza più avanzata serve per illuminare quella più elementare, e viceversa ovviamente. Una categorizzazione iniziale è utile e chiara per un principiante, ma abbiamo l'impressione che risulti sempre un tantino forzata da mantenere a lungo, nel momento in cui l'esperienza personale diviene capace di infrangere la legge creduta "assoluta" fino a poco prima. In questo senso la dualità viene trascesa e superata da un senso di maggior unione ed integrazione fra quello che normalmente viene definito "di base" e "avanzato".
A presto e buon keiko!

Anonimo ha detto...

Luca. Perfetto, in questo senso ci sono molti più punti in comune con il mio modo di vedere la mia pratica e quella dei miei allievi.
"NULLA E' PERMANENTE TRANNE L'IMPERMANENZA STESSA", ma questo non ci giustifica nel forzare la velocità dei cambiamenti o crederli sempre migliorativi.

Penso che nella didattica occidentale ereditata da quella orientale, si voglia utilizzare la dicitura di base per poter "tranquillizzare" il praticante e invitarlo a migliorare ciò che già conosce senza però dover infrangere o rinnegare quanto fin li imparato ma vedendolo come una normale evoluzione del padroneggiare l'arte. Al contrario quando si parla di tecniche avanzate, forse si parla di quel gruppo di "tecniche avanzate" che in ognuno di noi possono suscitare invece un attenzione diversa e dare comunque sempre al proprio ego, quel freno che invece prevarrebbe a forza di praticare solo le tecniche più consolidate.
Quindi credo necessari i "metodi" mentre non mi piace far pensare al principiante che ci siano 48000 tecniche/varianti nell'aikido (che non è neppure vero e credibile). Grazie per la gentile risposta.
Buona pratica