lunedì 21 novembre 2011

腹 Hara, la casa dell'equilibrio

Siamo certi che pressoché tutti i praticanti di Aikido... e di Arti Marziali tradizionali hanno sicuramente sentito parlare del "centro addominale" o "hara" in giapponese... ben più di qualche volta.

Soffermiamoci a comprendere di cosa si tratti e perché questi temini siano così frequentemente utilizzati nei nostri ambiti.

Ogni corpo materiale ha un baricentro.
La fisica di Newton, che sappiamo oggi essere assolutamente obsoleta e non veritiera, nel macrocosmo tuttavia riesce a descrivere i fenomeni con una certa semplicità e precisione... perciò a tutti noi è stato insegnato che il "baricentro" è quel punto nel quale è possibile pensare concentrato tutto il peso di un solido.

Il corpo umano è un solido come un altro, non rigido perché è capace limitatamente di deformarsi, ma il principio fisico secondo il quale è possibile immaginare che tutto il peso sia concentrato nel suo baricentro (ed il resto non pesi nulla!) rimane approssimativamente valido.

Com'è noto la posizione di quest'ultimo è una funzione della densità e geometria del corpo in questione, e nel caso degli esseri umani, con buona approssimazione, potrebbe individuarsi proprio nella posizione del cosiddetto "centro addominale" o "hara", ossia sull'asse di simmetria del corpo e pochi centimetri sotto l'ombelico.

Sotto questo punto di vista, più rigoroso e razionalista forse, questo punto rappresenterebbe il luogo nel quale risiede, istante per istante l'intera forza peso della massa che in movimento quando muoviamo noi stessi.

Chiaramente un'Arte Marziale che mira all'acquisizione e miglioramento costanti del proprio equilibrio fisico e contemporaneamente allo sbilanciamento del nostro aggressore non può prescindere dall'importanza di un simile punto.

Se fossimo in grado di spostare il baricentro di chi ci attacca, diverremo co-padroni del suo equilibrio!
Ci fa quindi comodo individuare un punto nel quale immaginare (perché non è che un'immaginazione!) che tutto il peso sia concentrato...

Questo è già molto, ma sicuramente non è tutto, poiché fiumi di inchiostro sono stati dedicati negli anni alla descrizione di una serie di principi e fenomenologie legate alla consapevolezza sulla propria "hara".

In cinese, ad esempio, lo stesso punto si chiama "tan tien" ("seika tanden" in giapponese), ossia "porta del cielo": è noto come le speculazioni razionali non siano state storicamente una caratteristica degli orientali, eppure anch'essi sembrerebbero avere trovato importanti motivi per studiare questo luogo situato poco sotto l'ombelico!

Da dove si entra attraverso la propria "hara"? In cielo?

Come mai utilizzare un linguaggio così aulico e altisonante per descrivere un semplice punto del corpo umano?

Anche la lingua giapponese attribuisce al termine "hara" alcuni significati particolarmente interessanti da esaminare: "mente unica", "unica vera intenzione", "unico vero motivo"... per citare i più famosi...

Lo Zen classico basa innumerevoli sue pratiche sul rafforzamento della percezione fisica, cinestesica di questo particolare punto: ci sarà qualche cosa di importante legato ad esso!

Iniziamo con una constatazione piuttosto razionale: ogni essere umano è un (mini o maxi) generatore di campo magnetico, in buona sostanza... è come una pila...
Ogni pila è caratterizzata da due poli magnetici, che sono punti questa volta INDIPENDENTI dalla geometria del corpo (infatti se tagliate a metà una calamita, essa avrà due nuovi poli... e se ripetete questa operazione n-volte, per altrettante volte non muterà questa condizione).

Se tracciassimo approssimativamente i poli del campo magnetico umano, uno di essi andrebbe all'incirca a coincidere con la posizione del baricentro corporeo ed anche dell'hara.
Uomini e donne hanno i poli del campo magnetico corporeo invertiti, ma sempre uno all'incirca in mezzo al petto e l'altro poche dita sotto l'ombelico.

Magneticamente parlando quindi esistono hara di due segni diversi (- per la femmina, + per il maschio), ma sono entrambi posizionate nella stessa regione corporea.


Quindi questo punto, in qualche modo, è anche quello nel quale si immagina vengano irradiate (o raccolte) linee di campo magnetico (a seconda della direzione delle linee di campo, che vanno sempre dal polo positivo a quello negativo).
Il campo magnetico, sotto alcune particolari condizioni, diventa un luogo di scambio energetico... quindi, in qualche modo, una PORTA attraverso la quale l'energia può o meno fluttuare.


Questi elementi sono oggigiorno abbastanza facilmente riscontrabili in bibliografia, ma potrebbero avere a che fare con quella "porta del cielo" indicata dai cinesi secoli orsono?

Sappiamo che la qualità della salute di un individuo è una funzione dello stato energetico degli elementi che lo costituiscono: il corpo, la mente (e l'anima - anche se su quest'ultimo c'è ancora molta meno concordanza rispetto ai primi due)... pare quindi particolarmente importante divenire consci dei punti che regolano questo afflusso!

E' come avere a disposizione il controllo sul "rubinetto" del serbatoio della benzina deputata a fare funzionare la nostra macchina, a tutti i livelli...

... funzionare la nostra macchina e sabotare la macchina altrui, se si è consapevoli su come agire sul rubinetto degli altri!

Pare proprio quindi che questo punto sia speciale perché concentri particolarità di tipo più grezzo e fisico (come il peso corporeo) ad altre elementi di tipo più sottile... come la chiarezza del pensiero, la salute psico-corporea: sotto questo punto di vista, chi riesce a mettere le mani su questo "tesoro" ha la garanzia di possedere un elemento di indubbio valore.

Quindi nelle Arti Marziali si cerca di unire "capra e cavoli" e sviluppare la coerente consapevolezza su cosa succede in un punto specifico nel quale non ci sono particolari sensori nel corpo fisico, ma in cui avvengono comunque una marea di processi importanti, tutti legati alla propria capacità di "restare in equilibrio", sia in modo letteralmente fisico, sia in senso più lato... energetico e/o percettivo.

Nelle discipline marziali tradizionali si vive sicuramente in modo volontario un fenomeno di stress piuttosto intenso: l'attacco di un avversario che potrebbe lederci.

La nostra capacità di "mantenere un centro stabile", in ogni senso, viene quindi messa particolarmente alla prova da un simile evento.

Molte volte, la prova di cosa è realmente radicato e solido è affidata ad un terremoto, in grado di destabilizzare un sistema... un edificio... per testarne in qualche modo l'affidabilità.


Gli edifici che reggono ad un simile evento sono generalmente quelli più datati (che hanno esperienza?) e che hanno saputo mantenere un buon compromesso fra stabilità ed adattabilità/capacità di cedere. Quelli troppo cedevoli si accasciano, quelli rigidi si spezzano.

E' così anche per l'essere umano sotto stress: si sbotta e si va in escandescenza o si somatizza una frustrazione che non si riesce ad elaborare o sublimare.

Quindi l'hara può essere messa in diretta connessione con l'equilibrio, in senso stretto e lato, e la capacità di mantenerlo o di farlo perdere: ecco perché tutte le discipline tradizionali le attribuiscono tutta questa importanza!

"Tieni il centro", "prendi il suo centro"... "entra con il centro", "assorbilo nel tuo centro"... sono tutti modi archetipici di riferirsi a processi sia fisici (energia cinetica, forza peso), che sottili importantissimi per le missioni che ci diamo sul tatami e nei Dojo!


... e l'Aikido è appunto una pratica legata all'importanza di agire in equilibrio e per l'equilibrio.
Chi è in questa condizione, con tutto se stesso, non cercherà mai di portare qualcun altro fuori da un tale stato "di grazia"... ma piuttosto cercherà di rendere evidente nell'altro lo "sbilanciamento" dovuto da azioni poco sagge piuttosto.

E' come cercare di rendere visibile quanto l'aggressore sia poco consapevole di questo importante punto, per tendere ad "auto-sbilanciarsi" con la furia stessa del suo attacco che va a vuoto.
Quando uno diventa un poveraccio per via di una sua scelta poco felice, solo un sadico tenderebbe a farlo cadere ulteriormente nel baratro... questo non serve.

Le sue stesse azione lo portano "fuori pista" quindi l'aggredito in Aikido non fa altro che "stare a casa sua", al massimo invitando "a banchetto" il reo-confesso e dargli quindi una mano per consentirgli di rialzarsi da solo al più presto e con le sue stesse gambe.

Il peggiore degli smacchi non consiste nell'essere sbattuto al suolo da chi pontifica di avere un centro stabile... ma finirci per via dei propri azzardi stessi ed essere aiutato da chi abbiamo considerato poc'anzi un nemico!

In questo modo si impara a mantenere la consapevolezza sull'hara, ad acquistare, mantenere o perdere questo centro... tutti modi diversi cioè di poterne constatare in modo esperienziale la sua importante esistenza.

Vi consigliamo vivamente di continuare ad approfondire l'argomento... poiché ci sono moltissime belle pubblicazioni in merito, fra le quali spicca a nostro giudizio HARA di Durckheim Karlfried, Ed. Mediterranee.

Ci sarebbero molte altre informazioni inerenti degne di essere menzionate... pensiamo solo al famigerato rituale di suicidio detto "seppuku" o "hara kiri", il taglio del ventre... ma promettiamo di tornare "sul centro" in un prossimo Post... ed anche ogni volta che pratichiamo Aikido!

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