lunedì 6 dicembre 2010
Macchina del tempo per Aikidoka
Nel campo delle Arti Marziali, come in molti altri della vita, il problema "dell'identificazione" è realmente un argomento notevole da trattare e sviluppare.
Cose si intende per "identificazione"?
Ciò che crediamo ci definisca, quello che crediamo di essere, nel quale ci rispecchiamo e sentiamo perciò appunto di ..."identificarci".
La società è un pullulare di etichette da dare e da togliere agli altri, agli oggetti, alle situazioni: "Io sono Ingegnere, tu sei Spazzino", "lui è forte e lei è debole", "una volta si stava bene, oggi si sta male"...
Ma questo avviene ben al di là dell'effettiva realtà di quello che noi etichettiamo in un modo anziché in un altro: diciamo piuttosto che ogni caratteristica con cui ci TAGGHIAMO (per usare un termine ora di moda!) o tagghiamo gli altri dovrebbe essere un ausilio a definire meglio ciò al quale ci si riferisce, ma ben presto esso degenera in una gabbia che non solo delimita la nostra definizione, ma la rende anche piuttosto rigida.
Un esempio marziale.
Se uke ci afferra un polso con energia e tori è particolarmente rigido... può accadere che la presa possa paralizzare completamente il suo movimento.
Se "io sono il mio polso" allora "uno che mi afferra un polso... ha afferrato me"... "tutto me"... "mi ha preso!".
Se "io POSSIEDO un polso e questo polso mi è stato afferrato" allora "io possiedo parti di me che sono state immobilizzate (il polso), ma ho altre parti che sono ancora libere e che si possono muovere"... con le quali magari sferrare un pugno o un calcio al mio aggressore.
Spesso si sente dire che la paura paralizza, ma anche l'identificazione può farlo!
Ogni volta che ci sentiamo persi, non è tanto perché lo siamo, quanto perché sentiamo minacciata l'immagine che noi abbiamo adottato di noi stessi. Talvolta le due cose coincidono realmente, ma la maggior parte delle volte non è così... e ci perdiamo intere centinaia di possibilità solo perché non riusciamo a vedere altro che quello che "NON" possiamo fare.
Ma questo dipende da come ci identifichiamo:
- "Se sono un Ingegnere NON POSSO chinarmi a raccogliere una cartaccia, ci DEVE pensare lo Spazzino";
- "Se lui E' più forte di lei, lei NON PUO' riuscire a metterlo a tacere";
- "Se una volta SI STAVA bene ed oggi SI STA male, non abbiamo speranza di miglioria, perché il passato ormai non tornerà".
Questi sono solo alcuni esempi molto comuni di identificazione che sbarrano la via!
Nel campo delle Arti Marziali non è diverso: il ruolo che ci si guadagna, che altri ci affibbiano o nel quale ci identifichiamo talvolta ci aiuta a fare il prossimo passo, talvolta ci frena.
Un neofita che si presenta per la prima sera in un Dojo nel quale si pratica Aikido è nel ruolo del "principiante", si può a ragione identificare con esso!
Ha sentito magari parlare di Aikido da qualche amico, ha fatto una breve ricerca sul Web per capire di cosa si tratti... ed ha deciso di andare a provare di persona.
Egli l'unica cosa che sa è che non sa pressoché nulla!
Non ha "PRE-giudizi" rispetto a ciò che gli verrà detto... è libero.
Alcune volte egli "NON SA" di dover cadere e quindi NON CADE, lasciando di stucco l'esperto che sta provando a propinargli una delle sue tecniche più micidiali!
Vi sarà successo crediamo!
L'esperto, dal canto suo, sono anni che calca il tatami più volte alla settimana... avrà avuto modo di fare proprie tutte le regole convenzionali che il suo "RUOLO" richiede: rispetto, disciplina, responsabilità del suo agire...
Conosce discretamente bene le tecniche e le sta affinando, la sua forma si fa più solida e fluida al contempo... difficile meravigliarlo con qualcosa di realmente mai visto... si sta lavorando in finezza con un bisturi, più che per sommi capi con un'ascia!
E così da "principianti" piano piano si diventa "esperti", identificandosi con questi due ruoli e rimanendo taggati anche dentro i loro ranghi.
Ma analogamente si potrebbe dire per il Maestro: "quello che ha più esperienza", "quello che NON PUO' sbagliare"... "quello NECESSARIAMENTE saggio"...
... tutto bene fino a quando il TAG è rimovibile e ci ricordiamo che è stato messo li solo per aiutarci meglio a definire ciò a cui ci rapportiamo, disastro invece se lo crediamo qualcosa di assoluto e di immutabile.
I principianti potrebbero non avere veramente voglia di impegnarsi ad imparare, tanto sono appena arrivati, avranno tempo di "mettersi sotto"!
Gli esperti potrebbero essere un po' scocciati sempre delle solite cose che fanno da anni, dov'è il valore aggiunto di un lavoro pressoché infinito del quale si assaporano le migliorie in modo centellinato?!
Il Maestro, dal canto suo, è ARRIVATO... dove dovrebbe ancora andare?! Egli è il Maestro, la LUCE per i suoi allievi del Dojo e ciò che dice è legge, la migliore delle leggi!!!
Noi abbiamo provato a fare un piccolo esperimento umano molto interessante al nostro Dojo, lo scorso venerdì, proprio per poter discutere poi insieme delle questioni sull''identificazione e dei vantaggi e dei problemi che ne possono seguire.
Il Sensei, che prima ha chiesto ai presenti se fossero stati disposti a mettersi seriamente in discussione in modo forte e giocoso, si è tolto hakama e cintura nera... ed ha indossato, nuovamente dopo circa 12 anni, la cintura bianca.
Così ha chiesto di fare a chi se la sentisse ed aveva provveduto a fornire di altrettante cinture nere ed hakama tutti i kyu presenti. Per la cronaca, tutti hanno accettato e sono stati al gioco!
Tutti gli Yudansha presenti (possessori di gradi Dan) sono così ritornati ad essere Mudansha (chi non possiede ancora un grado Dan), mentre tutti i kyu si sono improvvisamente visti promuovere Yudansha, con una brusca accelerazione... dovuta ad un'improbabile Aiki-macchina del tempo impazzita.
Che soddisfazione, la tanto famigerata CINTURA NERA, desiderio di una vita, improvvisamente raggiunta ed indossata con tanto di gonnellone... un sogno!!!
Il Sensei ha anche chiesto di incarnare il novo personaggio, ossia di identificarsi con esso (nuovamente o per la prima volta).
E così per alcuni è stata una serata di amarcord, per altri un'interessante tutto in quella che potrebbe in futuro essere la loro normalità.
La lezione è quindi proceduta normalmente, con l'attenzione di far iniziare, come di rito, prima i "gradi più alti" nelle azioni... perciò gli ex-esperti hanno dovuto cedere il passo ai loro solitamente subalterni kyu, poiché anche il concetto senpai/kohai si era inevitabilmente stravolto.
Abbiamo provato ad abbandonare temporaneamente il personaggio in cui siamo soliti vivere... per prendere un'ottica diversa nel fare le "solite" cose.
Le considerazioni più interessanti però si sono tratte al termine dell'allenamento, momento in cui ci siamo seduti a parlare dell'esperienza appena vissuta.
In entrambe le "fazioni" sconvolte ci sono stati rimandi piacevoli della posizione provvisoria assunta, così come di meno positivi.
Ad alcuni ex-kyu è scappata l'hakama per tutta la lezione, perchè non abituati a legarsela bene e quindi spesso dovevano fare una pausa per riaggiustarsi gli indumenti .
Ad alcuni ex-Yudansha è pesata la mancanza del "gonnellone" durante le cadute e soprattutto per la piacevole sensazione di protezione che da l'essere fasciati in modo considerevole in zona addominale. Essi hanno detto che "ci si fa più male" a cadere senza hakama!
Forse semplicemente si erano scordati di quella sensazione...
Ma altri hanno detto che il sentirsi nuovamente Mudansha ha fatto riscoprire in loro una maggiore esigenza di attenzione alle cose che vengono fatte vedere e quindi realizzare: è come se, essendo "inesperti", si sentisse maggiormente la responsabilità dei propri atti, proprio perché non si hanno grandi strumenti per rimediarvi in caso siano negativi, rispetto a quelli che avrebbe un'esperto.
Altri neo-Kyu invece sono sentiti deresponsabilizzati dal non dover essere più i Senpai che danno l'esempio, che fanno le cose meglio dei principianti.
Alcune neo-cinture nere invece si sono trovate in imbarazzo nei nuovi panni di esperto, quasi a sentire la responsabilità di vestirli, per via del forte significato ("identificazione"?) ad essi attribuiti.
Non vedevano l'ora di riprendere la loro modestissima cintura bianca (nei nostri Dojo non facciamo utilizzo di cinture colorate, perciò si più essere vestiti a vita o di bianco o di nero).
Altri neo-Yudansha hanno avvertito una sorta di "abbellimento" dei loro movimenti, quasi a causa di una componente coreografica che l'hakama conferiva loro. Cadute plastiche, maggiore sicurezza nelle tecniche... un valore aggiunto creato dal personaggio del nuovo abito indossato.
Ce n'è stato per tutti i gusti, ma la cosa interessante è che ciascuno ha percepito, a suo modo, la limitatezza e le possibilità insite nel personaggio nel quale solitamente si identifica.
Com'è ovvio, poi, quello che è rimasto inalterato pur nel cambio di abiti (sia fisici che mentali) poteva dirsi veramente proprio, mentre ciò che è cambiato si è dimostrato da sé solo contingente ad una situazione specifica e ad un'identificazione.
E' stato molto interessante ricordare a noi stessi che pur essendo esperti, è bene coltivare in noi l'animus di un principiante, che è aperto ad apprendere a 360º... che è fresco e desideroso di far evolvere la sua situazione grazie al suo impegno.
Così per i principianti forse è stato importante provare a vestire i panni che non aspettano ancora forse di diritto, ma che preannunciano forse una maggiore maturazione delle scelte che hanno da poco intrapreso sul tatami. Sono panni che vanno riempiti di sostanza e che hanno oneri, oltre che onori.
Importante è stato ricordare a noi stessi che noi "NON SIAMO un polso"... "ABBIAMO un polso", che quando ci viene afferrato genera un'immobilizzazione che non necessariamente deve influenzare il resto del "sistema".
Così facendo diventiamo abili a mutare punto di vista ed a prendere quello più favorevole a risolvere il conflitto specifico nel quale siamo interessati...
... e ad identificarci solo con ciò che ci supporta a crescere, senza corre il comune rischio di ritrovarci prigionieri dell'etichetta che noi stessi ci siamo appiccicati.
P.S.: per la cronaca, durante la lezione di sabato, alcuni kyu hanno provato a reclamare la loro hakama... ma il gioco carnevalesco era finito... e sono stati abbattuti a colpi di bokken!!!
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3 commenti:
STANDING OVATION!
Specie per l'ultimo rigo :-D
Fantastico l'esperimento, ancora più eccezionale la risposta di bokken. :D
Mi è sembrato solo di essermi perso il parere a fine esperimento del sensei tornato allievo...
Da ingegnere posso dire che non posso permettermi che la cartaccia finisca al di fuori del cestino.
Da "lui" non più forte, ma almeno con stazza maggiore di una ipotetica "lei" non posso permettermi di coprire la sua voce.
Da piccolo uomo che ha attraversato un piccolo pezzo di passato ed ha una prospettiva futura lunga (almeno statisticamente) non posso permettermi di lasciarmi trascinare dalla decadenza.
L'idea di fondo è quella di fare la differenza in prima persona, nei limiti del possibile e del realizzabile da un singolo individuo immerso in una collettività che in generale non segue le sue idee.
E combinazione poco fa in dojo mi è capitato di dover spiegare ad un kohai il concetto di mobilità degli arti richiamati nell'articolo.
Effettivamente è una questione di schemi mentali: ho il polso serrato da un ukè ben piazzato devo rompere a tutti i costi la presa insieme all'ukè/ho un hakama che devo far svolazzare facendo schizzare via gli ukè e che comunque non sbaglio mai.
Invece il concetto è ho 1 polso preso, ma mi restano liberi l'altro polso, 2 gomiti, 2 spalle, anche, ginocchia caviglie, piedi... In realtà è ukè che serrando forte si imprigiona nella sua stessa presa.
Ho un'hakama, non devo inventarmi movimenti "fantaikitaiso", devo fare quello che so fare, facendolo in modo da imparare qualcosa di nuovo ogni volta. E se sbaglio mi segno l'errore e la prossima volta non lo faccio più!
Perdonate la lunghezza del post...
credo che con l'Aikido non si sconfigge il cigno nero al massimo ti permette di accettare il cigno nero o al limite di riconoscerlo un pò prima che se non avessi praticato Aikido tra l'altro in modo soggettivo. Questo per dire che comunque l'estetica è una componente che ha la stessa importanza di tutte le altre comprese quelle psicologiche spicce quindi apparentemente più importanti come è ben spiegato nel post. La morale è che non solo non sò se ha una morale ma neanche sò se esiste una morale.
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