martedì 6 novembre 2007

Conflitto ? = ? Comunicazione

L'avversario coglie che sono impreparato... prende l'iniziativa: con tutta la potenza e la velocità di cui dispone sferra il suo attacco.

In Aikido però "l'avversario" viene chiamato "partner", al massimo "uke" cioè "colui che riceve"... ma perchè partner se mi sta aggredendo!? Perchè uke se è la fonte dalla quale le cose (i problemi) partono, più che arrivare!?
Che messaggio c'è dietro, o per meglio dire dentro, il suo attacco, la sua dichiarazione di guerra? Come mi rapporto da Aikidoka con esso?
Si legge spesso sui libri di filosofia, scritti sull'immensa ed umile opera di O' Sensei, che l'Aikidoka dovrebbe offrire il benvenuto all'attaccante: perciò lo chiamerebbe partner... riverserebbe su di lui comprensione, cercherebbe di assumerne l'ottica, di comprenderlo ("prende-con") prima di giudicarlo o rispondergli con la stessa moneta, cioè al suo medesimo livello di aggressività.
Bene, tutto ciò, che è arci noto ai praticanti, acquista particolare significato nel momento nel quale si assuma che l'aggressore abbia qualche cosa di significativo ed autentico da comunicare, da esprimere. Non si ascolta uno che fa o dice sciocchezze, non lo si tenta neppure di comprendere (se realmente dice veramente solo cose sciocche)... perchè poi prestargli attenzione... amare, addirittura uno che dice deliberatamente sciocchezze!
O' Sensei forse non riteneva che nell'aggressione, nella genesi del conflitto ci fossero solo cose banali... ancora peggio, solo male da tramutare in bene con il nostro eroico e divino intervento, come molti maestri spesso tuonano con un tocco di perbenismo borghese.
Se chi attacca avesse una importante chiave di lettura che a noi manca, ecco che avrebbe molto senso cercare di prestargli attenzione, starlo a sentire, non solo per salvarci la vita con una tecnica rapida, ma perchè "ci interessa" il suo messaggio... forse mal detto, forse espresso con parole sbagliate o aggressive (le percosse), ma pur sempre per noi inedito e soprattutto mancante.
Ecco che stare insieme a lui, nell'esecuzione dei movimenti, sarebbe un gesto che salva entrambi: lui dalla sua stessa aggressività, noi dal pericolo di vita e da quello di perdere un frammento importante che altrimenti ci sfuggirebbe.
Un famoso detto infatti recita: "Nel mondo non ci sono amici o nemici, ma soltanto Maestri".
E se il conflitto fosse veramente una bizzarra ma significativa "via di comunicazione"?
Ecco che così uke non sarebbe il male, né tori il bene: il male sarebbe non interagire affatto ed il sommo bene... sarebbe appunto fare Aikido assieme. Si rammenti, infatti, che senza attaccanti la nostra arte non avrebbe neppure senso di porsi in essere.
Le cronache odierne abbondano di conflitti, di delitti inquietanti, di comportamenti paranoici, violenze e quanto di peggio ci si immagini, ma un'esperienza diretta insegna che dal mondo del sociale giungono anche le più grandi ipersensibilità, le più vaste profondità inespresse, le più impensate forme d'arte bruciate sul nascere, perchè etichettate come diverse dal cosiddetto "bene"...
Tiriamo un respiro di sollievo, ci sarà ancora tanto di Aikido da fare anche nei prossimi anni!
L'Aikido, questa buffa cosa: un arte marziale o un discorso prezioso?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' difficile descrivere cosa avvenga durante un combattimento, che implichi un contatto fisico, probabilmente perchè sia l'aggrssore che l'aggredito subiscono una serie di reazioni fisiologiche incontrollate e incontrollabili che tendono ad esaurirsi una volta che lo scontro è terminato.Ciò che infine rimane, a colui che ha subito l'aggressione, si potrebbe definire, a mio avviso, una "memoria dell'atto" che non sarà mai cancellata e che contribuirà alla maturazione ed alla evoluzione sia fisica che mentale della persona. Questo è un aspetto importanete che le arti marziali ed in particolare l'aikido permettono di acquisire. CIAO DA MAURIZIO

Anonimo ha detto...

E' difficile descrivere cosa avvenga durante un combattimento, che implichi un contatto fisico, probabilmente perchè sia l'aggrssore che l'aggredito subiscono una serie di reazioni fisiologiche incontrollate e incontrollabili che tendono ad esaurirsi una volta che lo scontro è terminato.Ciò che infine rimane, a colui che ha subito l'aggressione, si potrebbe definire, a mio avviso, una "memoria dell'atto" che non sarà mai cancellata e che contribuirà alla maturazione ed alla evoluzione sia fisica che mentale della persona. Questo è un aspetto importanete che le arti marziali ed in particolare l'aikido permettono di acquisire. CIAO DA MAURIZIO