lunedì 28 giugno 2021

L'Aikido che ti insegnano gli allievi

Come fa un Insegnate a continuare ad imparare ed evolversi?

Ci sono molti modi grazie ai quali ciò è possibile... ma tenendo numerosi corsi e per ogni fascia d'età, ho notato che da essi si possono trarre insegnamenti molto importanti e diversi fra loro.

Ogni tipologia di allievi tende ad offrire un suo insegnamento specifico ed è compito del Sensei saperne fare tesoro per sé.

Ogni generalizzazione è ovviamente limitativa, ma proviamo ad inquadrare la questione in 3 macro-aree.


GLI ADULTI

Gli adulti di solito fanno una certa fatica a fidarsi della propria guida e molto del tempo viene impiegato per ammorbidire le rigidità, sia mentali che fisiche che si portano appresso da decenni. Quando un adulto desidera incominciare l'attività e parte da zero, molto del tempo speso insieme a lui serve a fargli esplorare un corpo che abita da decenni, ma che non per questo conosce altrettanto bene.

Si tratta di far percepire limiti e potenzialità, molto spesso mettendo l'accento sulla necessità di sentire se stessi e, contemporaneamente, percepire il proprio compagno di pratica.

Gli eccessi caratteriali (troppa spavalderia, troppa timidezza, etc) sono stati agiti per anni prima di mettere il piede sul tatami: sarebbe sciocco ritenere che essi possano essere presi in considerazione e riequilibrati in pochi giorni, settimane, mesi. Agli adulti serve tempo.

Da essi si apprende l'arte della pazienza e del rispetto degli eventuali blocchi pregressi, siano essi fisici, o mentali (difficilmente è possibile scindere questi ambiti)... Il loro scioglimento infatti non può essere mai imposto, ma solo proposto con una mano tesa. L'adulto prova, sperimenta su di sé quanto consigliato dal Sensei, e talvolta inizia ad essere collaborativo proprio perché comprende SPERIMENTALMENTE di essere il primo beneficiario del suo agire, quando esso è sano.

L'apprendimento empatico è difficoltoso con questa tipologia di allievi, perché - di solito - arrivano a livelli di scissione fra mente e corpo che sono molto pronunciati. Un esempio classico: chiami un uke, mostri con lui la tecnica o l'esercizio alla rimanenza del gruppo... quindi devi rispiegargli ciò che hai già spiegato agli altri, perché lui/lei ti dice: "Eh mai io non l'ho vista!".

"Ma l'hai sentita!!!... anzi dovresti comprenderla meglio di chiunque altro, perchè l'hai sentita cinesteticamente sul tuo corpo!"

Il problema è che c'è inabitudine ad auto-percepirsi, quindi serve la vista, l'oggettivazione mentre si è passivi osservatori.

Gli adulti insegnano all'Insegnante la pazienza con le proprie disconnessioni mente-corpo residue (che, ad essere onesti, ci sono sempre), poiché specchiano ed acutizzano il fenomeno, quasi come guardarsi negli altri con una sorta di lente d'ingrandimento.

Quando un adulto accetta un proprio limite, l'Insegnante è agevolato ad accettare i suoi... quando impara a superarlo, ricorda all'Insegnante che è possibile anche per lui continuare a fare la stessa cosa.


I RAGAZZI

I teenagers tendono a mettere in discussione tutto, a discordare su tutto ed a protestare per tutto. Sono in quella fase della vita nella quale sembra loro necessario mettere sotto scacco la figura dell'autorità (genitoriale, scolastica... quindi anche quella del Maestro che trovano al Dojo).

I ragazzi ci insegnano che imporre qualcosa al prossimo è una dinamica poco rispettosa di questo prossimo, e che - fra l'altro - nemmeno funziona sul serio!

Con loro è necessario essere empatici, comprenderli prima ancora di pretendere da loro una qualche forma di comportamento o performance. E, pur nella loro giovane età ed inesperienza, i giovani hanno un'ammirazione naturale per chi è in grado di fare da esempio vivente... così come hanno un'attenzione ed una giusta naturale diffidenza verso chi dice una cosa, ma poi ha un comportamento incoerente con essa.

I ragazzi sono maestri di coerenza, perché metteranno sempre l'Insegnante nella condizione di essere rispettato SOLO se questi merita effettivo rispetto: la fiducia dei giovani deve essere conquistata sul campo, non con le belle parole. Sotto questo punto di vista è più facile "comprare" un bambino ed un adulto con le belle parole. I teenagers sono alla ricerca di modelli sui quali forgiare la propria personalità, quindi hanno una sorta di "sensore" contro i fake guru.

I ragazzi sono in quella fascia d'età nella quale la costanza e la propensione di costruire lentamente se stessi non sono opzioni spesso prese in considerazione: tutto e subito, ti lasciano poco tempo prima di bollarti come "uno che c'è", oppure come "uno sfigato".

Hanno un grande tasso di abbandono, perché gli impegni scolastici, così come le prime cotte e serate brave al di fuori dell'ambito famigliare fanno molto gola. E fra andare a pomiciare con il proprio bello o la propria bella e sankyo ura... non sarebbero in molti a scegliere la seconda, pure da adulti forse!

I teenagers quindi insegnano all'Insegnante a non considerare gli allievi come una proprietà personale: ci regalano la loro preziosa presenza, esattamente con la stessa facilità con la quale smettono di farlo. Il Sensei è messo alla prova sempre quando parte del proprio investimento sugli allievi sembra andare a farsi benedire per via di un abbandono.

Non importa: l'Insegnante non è primariamente li per conservare e far fruttare il lavoro che fa insieme ai suoi allievi... è li per compierlo ed accettare qualsiasi cosa che da esso ne derivi, pure un abbandono.

La sorpresa bella è che alcuni dei ragazzi poi crescono con un enorme senso di gratitudine verso chi li ha accettati e li ha trattati alla pari durante un loro momento delicato di sviluppo... e magari torneranno da adulti, per praticare, o anche solo per ringraziare e ricordare insieme i vecchi tempi.

Basta uno di questi momenti per essere grati di tutto ciò che è stato dato loro con passione e disinteresse personale.


I BAMBINI

I bambini, infine, sono forse i migliori Insegnanti di Aikido che possa avere un Insegnate di Aikido!

Loro forse SONO l'Aikido personificato, in un certo senso...

I bambini chiedono tutto e danno tutto loro stessi in qualsiasi ambito che frequentano. Scevri da ogni forma di calcolo e di pregiudizio, sono impegnati ad essere semplicemente loro stessi al 100%... ben al di là di ogni sovrastruttura sociale.

Sono disarmanti, e a disarmare è una cosa che si impara in Aikido, anche per questo essi risultano ottimi insegnanti, seppur inconsapevoli di esserlo.

Sono capaci di tuffarsi in ogni azione come se fosse l'ultima, sono una sorta di zanshin (mente presente), mushin (mente libera) e yoshin (mente del principiante) naturali... tutte qualità che per un adulto sono abiti, ma non sempre a portata di mano.

Non hanno fudoshin (mente stabile), quindi il loro comportamento è un'altalenare di pensieri e di azioni, talvolta slegate fra loro, non sempre sensate o pertinenti: in questo possiamo dire che sono il duale opposto di un adulto.

Questi ha molta stabilità, ma a causa di ciò difficilmente evolve e se accade lo fa con lentezza... mentre i bambini sono instabili, senza struttura, e grazie a ciò evolvono facilmente ed in modo rapido.

È possibile notare un cambiamento fisico, mentale ed attitudinale in un bambino dopo che non lo si è visto per un paio di settimane... mentre è possibile non scorgere alcuna evoluzione in un adulto anche se lo incontriamo dopo 20 anni che non lo vedevamo più.

Nei bambini c'è la fiducia, sempre piena e totale, e la voglia di apprendere per ispirazione, curiosità, gioia ed ingaggio... tutti elementi che troppo spesso un adulto si rifiuta di prendere in considerazione. Non amano fare fatica, ma non sempre per pelandroneria, anzi... hanno naturalmente chiaro che l'apprendimento può essere semplice e divertente e che i grandi risultati NON è detto che debbano essere frutto di sforzi immani.

Gli adulti si convincono spesso del contrario... e quindi faticano in tutto ciò che fanno, perché forse inconsciamente credono che sia questa la via per ottenere successo e risultati positivi. Se osservassero un bambino, si accorgerebbero sperimentalmente di quanto sbagliano.

Coi più piccoli è necessario sviluppare un certo senso della responsabilità, poiché un Insegnante si accorge subito quanto sia facile "lasciare il segno", letteralmente: gli adulti sono corazze dure da scalfire, ma i bambini sono come creta morbida da modellare, quindi un errore grossolano potrebbe rimanere registrato in loro più di quanto desidereremmo per il loro bene.

I bambini aiutano gli adulti a prendere contatto con quel bambino interiore che sta dentro a ciascuno di loro: essi sono un poi fuori dal tempo e richiedono altrettanto a chi si prende cura di loro.

Sono sensibili, intuitivi, empatici: possiamo essere grandi tecnici, ma un bambino è in grado in pochi secondi di "dimostrarci quanto non abbiamo capito ciò che crediamo di avere capito". Con loro è necessario scendere nel reame dei principi della disciplina e non è sufficiente rimanere al livello della mera tecnica.

Non perché la loro struttura psico-fisica non sia adatta a cogliere ed apprenderla, quanto perché si trova ben oltre: la tecnica è molto utile a chi ha perso il contatto con il proprio intuito, ecco perché gli adulti ne vanno ghiotti...

I più piccoli sono naturalmente rispettosi della vita e quando si rendono conto che il loro comportamento va contro questo principio sono capaci di chiedere scusa e tornare sui loro passi: trovatemi degli adulti capaci di fare altrettanto e con altrettanta grande naturalezza!

L'utilizzo della forza fisica per fare cadere il proprio uke è qualcosa che accade nei corsi junior, ma perché non si è ancora consapevoli della propria forza: gli adulti invece spesso usano la forza perché sono consapevoli della propria debolezza, e non accettandola tentano con essa di mascherarla. Per un bambino ciò risulterebbe assurdo: la fragilità è la loro condizione esistenziale normale, quindi ci convivono senza alcun conflitto e senza desiderio di essere differenti da come sono, se non per la curiosità di diventare qualcos'altro.

C'è un'enorme competizione fra i più piccoli, si potrebbe dire che ciascuno di loro è un grumo di competizione: in Aikido ufficialmente essa non è contemplata, ma i più piccoli sanno competere con loro stessi, oltre che con gli altri pari... quindi utilizzano questa forza in loro innata per crescere ed evolvere.

Gli adulti sono più capaci di dissimulare la competizione che hanno dentro con un po' di filosofia spiccia, dicendo che loro "praticano solo per loro", che non ambiscono ad arrivare da nessuna parte... salvo poi ingrassare ego grandi come elefanti, pronti alla critica distruttiva verso l'operato altrui.
Con i bambini iAikido la competizione è visibile e si può spiegare loro come utilizzarla in modo proficuo... con gli adulti  risulta stealth, underground ed è più complessa da utilizzare in modo costruttivo... basti pensare che - scioccamente - si tende a volerla eliminare.

Si vuole eliminare sia ciò che non serve, che ciò di cui non sappiamo come servircene: non è proprio la stessa cosa, questo distinguo è molto importante.

Con i bambini dovrebbero averci a che fare i Mestri più esperti, non gli Insegnanti alle prime armi, poiché sono il contesto relazionale più complicato da agevolare: da noi i corsi di Aikido per le tenere fasce d'età si affidano agli Istruttori di primo pelo per "farsi le ossa", cosa che denota quanto ancora non si abbia chiaro il valore pedagogico ed educativo di un corso simile.


Come vedete, ogni tipologia di allievo porta con se veri e propri tesori da regalare a chi si occupa della sua crescita, così come problematiche specifiche da risolvere se si vuole frequentarla: è ovvio che ogni docente abbia le proprie predilezioni con questa o quella fascia d'utenza... ma non fidatevi MAI di un Sensei che non si sia sperimentato in situazioni differenti fra loro.

Non ho citato l'handicap (fisico e/o mentale) - anche questo un contesto ricchissimo di valore, senso e significato -, nel quale sono onorato di essere coinvolto per numerosi anni... ma l'articolo diverrebbe troppo lungo e quindi preferisco concludere qui le mie riflessioni.

Cambiare o essere in grado di contestualizzare il proprio insegnamento con fasce di utenza molto differenti fra loro comporta un arricchimento che NON può avvenire se per tutta la vita di un insegnante se ne frequentasse solo una specifica.

Se si vuole insegnare, è necessario imparare ad imparare e le diverse tipologie di allievi da un lato ci donano gli strumenti per farlo, dall'altro ci costringono anche un po' a farlo se vogliamo ottenere buoni risultati con esse: gli allievi sono uno degli stimoli di crescita continua più grandi di cui un Docente può fare tesoro!

L'allievo ti spiazza, ti sorprende, ti mette alla prova, ti toglie dalla tua zona di comfort... ti richiede di essere domani qualcosa in più di quello che sei oggi, insomma ti specchia che come lui ogni Maestro è innanzi tutto ancora e per sempre un ALLIEVO.

Marco Rubatto


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