lunedì 17 febbraio 2020

Come lasciare un corso di Aikido

Ci siamo spesso chiesti come fare conoscere la nostra disciplina... e quindi come iniziare questo affascinate percorso nell'Aikido: quest'oggi vi parliamo di come - secondo noi - sarebbe bene terminarlo.

Innanzi tutto dobbiamo ammettere che non tutti sono fatti per praticare Aikido per sempre, per quanto ciò possa dispiacerci.

La maggior parte di coloro che salgono sul tatami lo fanno - in realtà - per tempi non solo limitati, ma pure abbastanza brevi: qualche mese, qualche anno, un decennio... sono assolutamente più rare le persone che scelgono di farne un'attività che possa accompagnare l'intera propria vita.

Poi, indipendentemente dal tempo che ciascuno avrebbe piacere di praticare... spesso la vita prende una piega imprevista, che di fatto impedisce di esaudire le nostre più care aspettative: basta un trasloco, un matrimonio, un figlio, un cambiamento di mestiere, o anche solo di orario di lavoro... una malattia o la semplice vecchiaia che sopraggiunge.

Cambiano le nostre condizioni al contorno, cambiano le priorità della vita e bisogna operare delle scelte... che talvolta ci spingono a chiudere la porta che tempo prima avevamo con passione aperto. Talvolta, semplicemente, cambiamo noi e stop!

Quindi scegliere di smettere NON è sempre sinonimo di insoddisfazione per il proprio percorso, ma anche se questa fosse la ragione che ci spinge a fare delle scelte drastiche... c'è modo e modo di lasciare un corso di Aikido.

Lo diciamo perché abbiamo notato che le persone spesso non colgano che l'importanza di "finire bene" è almeno pari a quella di "iniziare bene"... poiché entrambi questi punti determineranno la qualità ed il significato della nostra esperienza e lasceranno dietro di loro un buon profumo o una certa puzza di bruciato.

Quando veniamo accolti in un Dojo, spesso ci sono persone che rallentano il ritmo al quale potrebbero lavorare per consentirci l'ingresso e l'integrazione nel gruppo: gente che potrebbe pensare più a sé, ma sceglie di dedicare il proprio tempo a noi ed ai nostri primi incerti passi.

Non ci riferiamo solo al Sensei, che è un habitué di pensare a cosa serve alle persone che ha dinnanzi piuttosto che a se stesso... ma anche ai semplici colleghi praticanti, di ogni ordine e grado: il tatami accoglie di solito abbastanza bene chi vuole mettere il naso dentro; pensare che ciò non abbia un valore da ricordare ed onorare non è un atteggiamento maturo.

Non dobbiamo niente a nessuno, s'intende: se gli altri frenano il proprio lavoro per accoglierci non è qualcosa che abbiamo chiesto loro di fare, solo che dobbiamo pure ammettere che - ove questo accade - talvolta ciò ci fa piacere, ci agevola e gratifica... questo invece sarebbe forse da ricordare un tot!

La nostra avventura sul tatami può durare giorni, mesi, anni o decenni, ma quando ci accorgiamo che sta per concludersi (per qualche motivo dipendente o indipendente dalla nostra volontà), dovremmo fare una seria analisi di cosa l'esperienza in sé ci ha portato.

Crediamo che, ad essere onesti, si potrebbero sempre trovare sia elementi positivi, che negativi in essa: nuove amicizie, frustrazioni, crescita della propria autostima, scoperta di nuovi limiti oggettivi, apprendimento di nuove tradizioni e filosofie, lividi e dolori dei quali non sospettavamo nemmeno l'esistenza.

Ci saranno degli aspetti di noi che escono dall'esperienza dell'Aikido esattamente come ci sono entrati, mentre altre parti di noi potrebbero risultarne completamente modificate: in meglio? In peggio?

Poco importa in realtà, perché una persona arguta è capace di trarre un buon insegnamento anche dalle esperienze che lo segnano in modo meno gradevole... quindi non stiamo a voler etichettare se il cambiamento sia stato buono o meno: limitiamoci a indagare se c'è stato... e di solito c'è stato.

Difficile infatti fare un'esperienza che non porti proprio a NULLA!

Nel caso quindi trovassimo il valore che per noi l'Aikido ha avuto (può essere infinitesimo o immenso, nuovamente poco importa) proviamo a lasciare il corso, il Dojo, il Sensei, i compagni ONORANDO questo valore.

Troppe volte abbiamo visto persone scomparire come desaparecidos, senza più dare alcuna notizia di sé: magari persone che per anni abbiamo frequentato con regolarità per 1, 2, 3, 4 volte alla settimana.
Persone con le quali sudavamo, che non avevamo remore a toccare e manipolare articolarmente nelle peggio posizioni del Kamasutra marziale.

Cosa accade a questa gente?
La vita li porta via dal tatami (questo è comprensibilissimo) e loro non vengono nemmeno a salutare ed a dire "Volevo solo dirvi grazie di tutto ed addio!"? 

Crediamo che molti non facciano questa chiusa ufficiale quasi per "lasciarsi una porta sbacciata" dietro le spalle... così SE UN GIORNO FOSSE POSSIBILE... magari potrebbero tornare a praticare!
Ciò che costoro non comprendono è che proprio non dicendo nulla e sparendo essi si precludono la possibilità di tornare ad essere stimati qualora si ricalcasse il tatami in futuro.

Il Dojo è una comunità che cresce insieme a ciascuno dei propri membri: se uno se ne va non termina solo lui/lei la sua crescita nell'Aikido... ma terminano anche TUTTI i suoi compagni di apprendere qualcosa attraverso di lui/lei: in questo senso quindi, un abbandono è sempre un lutto collettivo, e non solo uno personale.

Gli essi umani si sono inventati i riti per esorcizzare le intensità dei lutti, ci avevate mai fatto caso?!

Quindi un "Volevo solo salutarvi, le nostre strade si dividono qui"... talvolta ha un valore IMMENSO nei cuori di ciascuno, anche senza tanti discorsi o ulteriori spiegazioni!

E cosa dire di quelli che - non solo se ne vanno senza dire nulla -, ma che una volta "fuori dal giro" criticano e svalutano ogni esperienza che hanno fatto al suo interno?
Mai incontrati tipi così?!

Noi un tot...
C'è una ragione perché ciò avviene?
Più di una di certo: si sono trovati male e non hanno mai avuto il coraggio di rimandarlo al Sensei ed ai compagni... ma non ci riferiamo ora tanto a queste casistiche.

Ci riferiamo a chi sembrava tutto "casa, chiesa e tatami", quelli che a momenti vivevano nel Dojo... e che poi si trasformano nei peggiori detrattori dei luoghi che hanno frequentato assiduamente, magari per anni.

Crediamo che per costoro avvenga una sorta di dissonanza cognitiva: uno stato nel quale si manifestano condizioni che effettivamente richiedono di abbandonare la pratica dell'Aikido (frustrazione, indigenza, problematiche famigliari/personali/lavorative, etc)... ma che non si è disposti ad ammettere a se stessi, quindi si sente il bisogno di demonizzare ciò che prima si amava.

"Se fosse per me io andrei ovviante ancora, ma LORO però si sono comportati male, hanno fatto questo, detto quell'altro..."

Fate caso a quando qualcuno parla di ciò che ha terminato dopo una esperienza medio-lunga (poco importa se sia l'Aikido o altro): parla di sé o del mondo che "purtroppo" è brutto e cattivo?

Non sono casi poi così rari quelli che sputano nel piatto nel quale essi stessi hanno mangiato con appetito fino a poco prima... e che magari è stato la fonte di nutrimento per anni comune ad altre persone.

Ecco: se o quando lasciate un corso di Aikido non abbiate tanto rispetto per queste altre persone: abbiatecelo per VOI STESSI, non prendendovi per il giro!

Rispettando noi stessi, RISPETTEREMO anche gli altri ALLO STESSO tempo!

Se rispetterete voi stessi, avrete il coraggio di ammettere che non è stata proprio tutta cacca quella che ci si è scambiata con i propri ex-compagni di viaggio: e - nuovamente - se troverete del valore, ONORATELO mentre ve ne andate.

Se la vita vi dovesse in futuro riportare sullo stesso tatami, facilmente potreste ritrovare vecchi compagni entusiasti di riavervi fra loro; se non dovesse accadere mai, avrete seminato in voi e nel prossimo il valore dell'esperienza comune...

... che, come poc'anzi dicevamo, non è mai completamente vuota, né inutile, ma risulta invece piuttosto unica ed inestimabile!






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