lunedì 24 giugno 2019

Aikido e pressure testing

Ci occupiamo quest'oggi di un argomento complicato e - in certi casi - controverso, ovvero la possibilità di lavorare con un partner non sempre collaborativo.

Accantonato nel Post della settimana scorsa la sciocca tendenza di uke ad una resistenza inutile, sorda ed inproficua, chiediamoci ora se e quando sia il caso che egli ci dia un certo filo da torcere.

Noi abbiamo iniziato a fare alcuni esperimenti al Dojo, e proprio della nostra esperienza che intendiamo parlarvi quest'oggi. Ci sono però alcune questioni da chiarire, prima di passare ai dettagli degli esercizi... Ecco 7 punti che abbiamo trovato molto importanti da considerare insieme:

1) qualsiasi forma di resistenza e pressure test che uke fa su tori è finalizzato a consentire a quest'ultimo di MIGLIORARE la sua pratica, quindi non è qualcosa che si fa con leggerezza o per il mero gusto di mettere i bastone fra le ruote a qualcun altro;

2) qualsiasi forma di resistenza e pressure test che uke fa su tori  NON deve sfociare in inutili forme di competizione, nelle quali uno pensa dell'altro "questa non me la fai", "io ti mando tutto in vacca", etc;

3)  qualsiasi forma di resistenza e pressure test che uke fa su tori deve essere concordato fra i due e deve essere proporzionale al livello di entrambi i praticanti;

4) è più semplice per un praticante esperto dosare la sua "cazzimma" durante gli attacchi e quindi dare al proprio tori esattamente ciò che sceglie di dargli... rispetto ad un praticante inesperto, che può farci più facilmente innescare dall'escalation del conflitto... e finire in un NON-esercizio, inutile per entrambi nella coppia;

5) chi vuole sottoporsi a pressure test deve accettare che un po' di frustrazione sia parte del gioco, così come deve scegliere un compagno che sia in grado di dare lui esattamente ciò che a lui serve, ovvero né troppa pressione (generando solo frustrazione inutile), né ovviamente troppo poca.

6) un kata presuppone che entrambi nella coppia rispettino alcuni parametri di lavoro, quindi una tecnica codificata sarebbe inopportuna da realizzare quando le condizioni NON sono quelle ideali per farla avvenire. Se una presa alla mano e neutra è una cosa, se chi prende tira o spinge ciò cambia drasticamente il contesto, quindi anche la risposta più adeguata ad un attacco;

7) è necessario sfociare in un campo applicativo, nel quale ogni azione NON può avvenire con angoli didattici e precisi, quindi le tecniche saranno più "sporche"... ma questo livello della pratica non è pensato infatti per migliorarne la pulizia!

Detto questo... uke ha alcuni modi per offrire al proprio compagno un pressure test, ecco quelli che utilizziamo noi:

A) non partire più da un solo attacco concordato, ma da una serie di possibili attacchi entro i quali scegliere a suo piacimento; si può partire da un solo tipo o categoria di attacchi (solo percussioni, solo prese) e poi pensare di integrarli e di offrire una gamma di stimoli molto alta, alla quale crediamo a tori di rispondere in modo più spontaneo possibile; durante questi jiyu waza è molto difficile realizzare una tecnica di protocollo, ma risulta più utile puntare tutto sul ma-ai e sugli sbilanciamenti;

B) potersi lanciare in un attacco (es: una presa al polso), ma poi potersi disingaggiare da esso per cambiare in favore di un altro attacco, se esso risulta più pressante per il nostro compagno; la cosiddetta "promessa dell'attacco" non viene meno, semplicemente passa da una modalità ad un altra di avvenire; in ciò è bene che uke non cambi attacco per rimanere in piedi, ma per continuare a fare il suo dovere... ovvero attaccare, in modo più pertinente (la differenza è sottile, ma importante);

C) poter pensare di "inchiodarsi" in ogni punto dell'azione di tori in cui si percepisce che esso NON sia riuscito ad indurre un buon sbilanciamento. In questo caso, tori fa esperienza di una dose omeopatica di "rifiuto" da parte del compagno... ed impara a familiarizzarci e ad uscirne senza ricorrere alla forza fisica (leggi "farsi salire la carogna");

D) poter - di tanto in tanto - fare kaeshi waza (contro tecniche) nel momento in cui si percepisce che tori non è riuscito a coinvolgere e guidare il centro di uke, ma solo la periferia del suo corpo; è importante che tori, quando viene sorpreso in uno di questi suoi "buchi" di connessione, NON si opponga a subire un rovesciamento dei ruoli, ma accetti la cosa di buon grado, senza viverla a livello emotivo come una sconfitta;

E) una combinazione lineare di tutto ciò che abbiamo detto fino ad ora: un uke che attacca abbastanza come vuole, che può cambiare punto di applicazione dell'attacco durante l'azione, che può inchiodarsi a tratti ed abbozzare trappole per invertire i ruoli ed approfittare dell'azione del partner per sbilanciarlo e farlo cadere.

Nella nostra esperienza, questi tipi di allenamento (separati o concomitanti) fanno crescere molto... ma ci sono dei MA...

È necessaria una grande sensibilità da parte di entrambi, poiché i pressure test hanno senso SOLO per sviluppare le potenzialità di chi vi ci sottopone... e non per Aiki-sodomizzare la gente in modo inutile e per ingrassare il propri ego (sia quello di uke che riesce a mettere in seria difficolta il compagno, sia quello di tori che riesce a superare il test a cui è stato sottoposto): la frustrazione fine a se stessa è - lo ripetiamo - INUTILE, così come la bella/brutta sensazione di avere vinto/perso nei confronti di qualcun altro.

È necessario sapere da entrambe le parti QUANDO FERMARSI, ovvero NON farsi prendere la mano ad esplorare situazioni che sono ancora troppo al di fuori della portata anche di uno solo delle due persone che lavorano insieme.

Ribellarsi contro una leva è stupido e pericoloso, specie se il pathos e la tensione crescono e la capacità di preservare l'integrità del compagno rischia di venire meno. Si ricordi in merito il parziale buco nell'acqua del Tomiki Aikido, che nel tentativo di rendere competitiva la nostra disciplina ha fornito parecchio lavoro a fissarti ed osteopatia!

Quindi il pressure testing in Aikido può essere una grande risorsa evolutiva per la pratica, ma va affrontata con grano salis e consapevolezza da parte degli attori che vi si vedono coinvolti: le regole del gioco vanno condivise e va creato un modo per poter dire all'attaccante sia "dammi di più, ce la posso fare", sia "un po' meno, grazie... così è ancora troppo per me".

Ultimo punto: magari anche altri fanno cose simili e non lo sappiamo, ma noi siamo andati all'estero ad apprendere come approcciarci all'argomento nel modo più sano e proficuo possibile... poiché qui in Italia NON avevamo trovato ciò che ci serviva.

Uno scritto ovviamente NON rende merito ad anni di studi ed esplorazioni di ambiti così poco "istituzionali", ma crediamo fermamente che ne valga la pena investirci... poiché per troppo tempo gli Aikidoka hanno creduto alle favole e si sono ritagliati spazi fittizi in castelli fra le nuvole.

La pressione mette a nudo chi siamo veramente, indipendentemente da chi o da ciò che ci farebbe comodo pensare di essere...

La filosofia che ha un valore è quella che si è in grado di mettere in pratica in situazioni avverse...  Troppo comodo sempre suonarsela e cantarsela solo come ci comoda: della restante siamo quindi poco interessati!





Nessun commento: