
Ci sono le lezioni da seguire e gli esercizi da fare per comprendere quanto padroneggiamo la disciplina, come a scuola!
C'è un aspetto che però è molto differente dall'ambito scolastico dal quale tutti noi proveniamo: NON ci sono i compiti a casa.
Le lezioni di Aikido sono solo in palestra, oppure al Dojo: fuori di Aikido neanche più l'ora, fino all'allenamento successivo.

Non suggeriamo di provare quindi koshinage a casa sul propio nonno, né di immobilizzare a terra una zia con un sankyo ura... no, questo no!
Ma cosa sarebbe della nostra disciplina, se gli allievi si abituassero - in una certa misura - a fare anche una sorta di "compiti a casa"?
È possibile una cosa del genere?
CERTO che lo è!

- non opporre resistenza alla forza di uke;
- utilizzare la sua forza per eseguire l'azione;

- radicarsi al suolo;
- estendere il ki;
- centralizzare il movimento;
- comprendere la differenza fra "go no sen" e "sen no sen", fra "omote" e "ura", fra "irimi" e "tenkan";
- utilizzare al meglio il timing;
- evitare di reagire all'attacco, ma imparare ad agire contemporaneamente ad esso;

- sviluppare presenza consapevole;
- accompagnare la nostra azione con la respirazione ad essa più adatta;
- imparare ad armonizzarci con l'aggressore;
- imparare come avere una mente libera, stabile, focalizzata, curiosa...
E si potrebbe continuare ancora un bel po'!!!

Quindi se un allievo si allena ad utilizzare questi principi sul tatami, non dovrebbe farlo solo per mostrare l'incremento delle sue abilità durante gli allenamenti, quanto per saper vivificare queste sue consapevolezze nella vita di tutti i giorni... anche nei luoghi dove non esegue alcun kotegaeshi o kesa giri.
Ora l'idea potrebbe essere questa: si potrebbe chiedere agli allievi di notare quante e quali volte in una settimana affrontano dei conflitti, di qualsiasi natura essi risultino.

Quindi, sarebbe possibile chiedere loro se riescono ad intravvedere nei loro modi di affrontare il conflitto qualche principio fra quelli appresi sul tatami (non mettersi "contro", scegliere il timing migliore, essere accoglienti ma determinati, agire e non reagire, etc...).
Se un allievo fosse abituato a farlo, gli si potrebbe proprio chiedere di fare una sorta di "compiti a casa", nei quali mostrare se o come egli padroneggia o meno l'Aikido anche FUORI dal tatami:

- quante volte hai optato invece per un irimi, deciso e potente?
- hai rispettato il tuo avversario durante il conflitto, come fai con uke sul tatami?

- Hai notato una differenza nella risoluzione dei conflitti, se riesci ad applicare i principi dell'Aikido in come parli, ti atteggi, ti comporti?
Se riuscissimo ad applicare nelle vita i principi di quello che facciamo sul tatami... e scoprissimo che essi funzionano sul serio e ci permettono di vivere meglio, non credete che le persone salirebbero sul tatami più spesso e più volentieri?

Se non c'è questa corresponsione fra passione (Aikido) e vita di tutti i giorni, la prima si spegne e la seconda diventa qualcosa che taglia fuori ciò che sentiamo importante.
Diventiamo personaggi settoriali, che alienano parte di se stessi.
Pensiamoci a provare a fare i compiti, non è impossibile... è solo strano, almeno fino a quando non ci si abitua... dopodiché sembrerà qualcosa di strano NON FARLI!

E domani... tutti alla lavagna!!!
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