Abbiamo già trattato numerose volte il tema senpai-kohai, in caratteristico modo tutto giapponese di dividere la società fra esperti e principianti... in qualsiasi attività sociale, a scuola, al lavoro, nelle arti marziali...
Quest'oggi prendiamo in considerazione solo il senpai, per delineare meglio quali siano le caratteristiche di questa figura nel mondo dell'Aikido.
La struttura tradizionale, come sapete, è altamente gerarchica... e questo fa si che ci siano persone "più in alto" nella scala sociale, alle quali sono sottoposte via via gli altri frequentati di un Dojo.
Un senpai dovrebbe essere un cosiddetto "esperto", allievo/istruttore anziano nella pratica (non per forza anagraficamente): egli - sulla carta - dovrebbe essere stimabile ed un esempio da seguire per via della sua maturità nella disciplina che pratica o insegna.
Un senpai ha il compito di indirizzare i propri kohai verso una pratica per essi utile ed efficace, spiegando loro le regole che vigono nel Dojo, e curandosi anche di dare loro supporto in caso di necessità.
Il senpai è quello che alla prima lezione di Aikido ti aiuta a fare il nodo della cintura, ti indica dove lasciare i tuoi zoori accanto al tatami e ti mostra dove trovare gli stracci per la pulizia al termine della lezione.
Ovviamente lui non si limiterà a tutto ciò, ma offrirà il BUON ESEMPIO, facendo in prima persona tutto ciò che richiede al suo kohai!
Il sistema senpai-kohai è qualcosa di molto poco compreso allenaste latitudini, poiché è stato creato in un contesto socio-culturale molto diverso da quello in cui viviamo noi tutti.
Il senpai dovrebbe essere stimato e rispettato per via "dei numeri" in suo possesso, che un neofita non possiede ancora, dettati dal suo storico coinvolgimento e dalla sua maggiore esperienza: secondo il sistema tradizionale, nessun kohai si sognerebbe di contraddire o indispettire il proprio senpai, perciò... anzi, farebbe di tutto per essere notato ed apprezzato dal suo mentore.
Quest'oggi pariamo però anche degli evidenti limiti di questa struttura gerarchica, soprattutto quando essa diventa solo formale e perde la sua saggezza intrinseca.
Anche in Giappone, da diversi decenni, è pieno di senpai che abusano della loro posizione e creano inutili sudditanze, se non vere e proprie prevaricazioni sui loro "sottoposti", costringendoli a pressioni o veri e propri atti di nonnino, esclusivamente rivolti a compiacere ed ingrassare il proprio ego.
Questo perché l'esperienza è sicuramente qualcosa in grado di arricchire, ma non tutte le persone diventano più sagge grazie ad essa: c'è invece chi si avvantaggia del periodo di tempo nel quale avrebbe dovuto diventare saggio, per riversare sul prossimo le proprie frustrazioni e problemi esistenziali irrisolti.
In Aikido ciò accade, si può dire, ogni giorno purtroppo.
Tutti coloro che hanno - negli anni - ottenuto riconoscimenti prestigiosi (gradi, qualifiche) sono stati di solito considerati bravi nel performare tecniche specifiche e magari possono vantare un tot di foto ricordo davanti a kamiza sparsi sul territorio... ma quanti di questi sono ANCHE riconosciuti sagge guide per via della loro COERENZA fra esperienza e modalità di farne utilizzo?
In molti Dojo è possibile trovare così il "senpai terribile", cioè quello al quale il giovane praticante deve dare retta, ubbidire spesse volte... ma del quale pare subito evidente la sua devianza, anziché la centratura e saggezza.
In casi simili, il senpai-malato crea casini e danni continui ai kohai, cercando che ciò passi inosservato al Sensei, che potrebbe prendere serie contromisure contro un simile ed improprio comportamento.
L'abuso di potere è qualcosa di diametralmente opposto al rispetto che dovrebbe caratterizzare la nostra disciplina.
Un Sensei che si dovesse accorgere di una cosa simile da parte di uno dei suoi allievi (per quanto esperto) nei confronti di un altro (per quanto principiante) è chiamato ad agire in modo fermo e repentino, per recidere il ramo malato del gruppo... prima che i suoi problemi vengano ad incidere troppo sul benessere e sulla qualità della pratica di tutta la sua collettività.
Credete che un caso simile sia raro?
Frequentate più di un Dojo contemporaneamente e vi potrebbe accadere con facilità di contattare in prima persona le dinamiche di cui parliamo.
Stiamo toccando uno dei limiti della struttura gerarchica, non perché essa non abbia un valore di per sé, ma perché essa dipende dalla consapevolezza di chi l'adotta... e non solo dalla sua forma piramidale!
Ci sono senpai in un Dojo, quelli dai quali un Sensei si aspetterebbe di avere un considerevole aiuto nel "mandare avanti la baracca"... quelli che dovrebbero essere storicamente più scafati da sapere - per esperienza diretta - ciò di cui ha bisogno un neofita, così come l'intero gruppo... quelli che dovrebbero dare supporto all'Insegnante in tutte le cose che non possono essere curate da questi in prima persona... quelli che dovrebbero brillare nel DARE L'ESEMPIO ai più giovani di pratica...
... e ci sono i senpai delle comunità Aikidoistiche, che di solito sono Insegnanti-senior, che, ancora una volta, dovrebbero avere la lungimiranza di guidare al meglio le decisioni dei gruppi di pratica, alla luce della loro lunga esperienza e saggezza.
Utilizziamo il condizionale perché attualmente accade talvolta il contrario, ovvero il micro allievo-senior di turno o l'Insegnante-senpai risultano più una sorta di despota dall'ego ipertrofico, che pontifica su cosa sarebbe meglio che i giovani facessero, senza dare il benché minimo contributo attivo alla causa.
Sono aberrazione parecchio diffuse nel nostro ambiente, in cui - vivendo formalmente una struttura gerarchica - i più giovani di pratica non dovrebbero avere alcun diritto di dissentire su ciò che piove loro dall'altro. Per questo motivo, infatti, molti l'abbandonano definitivamente... cosa che alla lunga risulta un autogol notevole per l'Aikido stesso.
Questo fenomeno ha fatto evidentemente il suo tempo e, senza togliere il buono che la gerarchia è in grado di offrire, è bene che ad ogni livello (sia in un Dojo, che in una comunità Aikidoistica) il più anziano sia effettivamente chi ha più la testa sul collo di tutti... e non uno che ha scaldato i tatami per anni rimanendo essenzialmente fesso ed incongruente, e facendolo ora pesare la sua problematicità su chi viene dopo di lui.
Nè la sopravvivenza di un singolo Dojo, né - più in generale - la divulgazione della nostra disciplina si possono ancora permettere che ciò avvenga.
L'anzianità resta un valore intoccabile se è specchio di qualcosa di profondo ed utile a tutti, non per sancire i diritti inalienabili di chi ha messo i remi in barca ed ora vive sulle spalle della disciplina che lo ha eletto "sovrano"... per mera questione di numero giri del sole intorno alla Terra.
Purtroppo, come abbiamo già sottolineato molte volte, esperienza, gradi e qualifiche dovrebbero essere specchio di equivalenti doti umane acquisite... ma non lo sono.
La società Aikidoistica si trova quindi ora dinnanzi ad una prova di maturità non dappoco: comprendere cosa di buono c'è da mantenere nella sua struttura tradizionale e cosa invece è necessario innovare al fine di procedere nella sua evoluzione futura.
Fa specie che i principali i vari senpai delle Associazioni nazionali ed internazionali NON risultino i primi patrocinatori di questo movimento... ma invece appaiono più i principali freni a tale necessario cambiamento di paradigma, quasi temessero di "perdere una poltrona" che credevano di avere acquisito una volta per tutte.
Un Dojo o una comunità che non ha cura di accogliere e far crescere i suoi nuovi arrivati non ha futuro e colpisce molto che questa semplice e banale considerazione trovi in alcuni dei senpai dell'Aikido i primi rematori contrari!
Dov'è finita la loro presunta ed illuminante saggezza?
Ce lo siamo chiesti numerose volte e, pur essendo scorretto generalizzare, abbiamo notato come i cosiddetti "alti ranghi" dell'Aikido si mostrino appunto i principali osteggiatori di qualsiasi cambiamento che - anche solo potenzialmente - mini la loro storica "supremazia": ma non dovrebbero essere forse i più interessati al futuro della nostra disciplina?
Senpai si, ma se questa parola è ancora in grado di esprimere un valore sostanziale... altrimenti forse sarebbe meglio utilizzare la parola "farabutti", poiché con un escamotage si sono seduti su un ruolo ed una posizione che ora ostacola - anziché agevolare - il percorso collettivo.
Cosa spinge un essere umano a calzare male i propri ruoli?
Le ragioni possono essere davvero molte... ma di sicuro una struttura piramidale rigida non ha agevolato fino ad ora la rimozione delle cosiddette "mele marce".
Ci sono quindi due aspetti che siamo ora chiamati a tenere in migliore considerazione rispetto al passato:
1 - come attribuire una posizione all'interno di una struttura (un Dojo o una comunità Aikidoistica poco importa) a chi mostra di vivere in sé le più alte prospettive di ciò che pratica e non sia solo capace di pose plastiche o esecuzione mirabile di un kata;
2 - come intervenire nel caso in cui ci si accorgesse che la posizione di senpai è occupata da chi non la merita fattivamente, da chi non costituisce un buon esempio per il neofita, da chi diffama con il suo agire la filosofia che dovrebbe incarnare la disciplina stessa.
Sono questioni molto importanti, sulle quali ci stiamo attualmente chiarendo le idee, visto che sarà presto nostro compito prendere posizioni piuttosto nette a riguardo.
Un esempio per tutti: vi ricordate il post dello scorso gennaio, nel quale narravamo le vicende del simpatico Masaya Tokuda san?!
Si, proprio quello, il buontempone dell'Aikikai Honbu Dojo che si divertiva ad inzaccherare le giovani passanti di Shinjuku con il suo sperma a mandorla... (chi si fosse perso le sue mirabolanti avventure, può trovarle narrate QUI)
... bene, lui era formalmente un SENPAI... tanto che aveva un suo corso, era uno degli uke speciali del Doshu, etc...
Come è arrivato ad essere senpai uno così?
Perché non ci si è accorti prima del suo disequilibrio comportamentale?
Dove ha fallito il sistema gerarchico?
Perché ce lo avete chiaro che il sistema gerarchico in quel caso ha fallito... vero?!
Quale esempio integrante e nutriente può dare un personaggio così alle nuove generazioni di Aikidoka?
Senza demonizzare ora la persona e l'accaduto, è importante riflettere insieme su quanto sia facile uscire dai binari di un sistema che non preveda la constatazione della consapevolezza personale nell'attribuzione di compiti di guida per altri.
Un Dojo o una comunità che impara dai propri errori sta compiendo un passo verso il proprio auto-miglioramento, l'importante è avere ben chiari i propri attuali limiti e la voglia di superarli... e non fare finta di niente, cercando scuse puerili
Frasi tipo "ma si è sempre fatto così" suonano come una condanna del buon senso, oltre che della speranza di un futuro più godibile!
Nel formare senpai più responsabili e congruenti in modo sostanziale al proprio ruolo, daremo una enorme prova di maturazione del modo in cui pratichiamo Aikido.
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