lunedì 24 ottobre 2011

Il fascino del Maestro a mandorla e la dipendenza dall'erba dei vicini


Chi sono i più bravi a fare Aikido?

Forse in questo modo la domanda è mal posta...
C'è qualcuno forse che ha avuto una migliore possibilità di studiare Aikido rispetto ad altri?

Dove dobbiamo andare a parare se vogliamo dell'Aikido... di quello buono?

Non è semplice a nostro parere al giorno d'oggi rispondere a questi semplici quesiti...

Storicamente parlando invece sarebbe stato più semplice trovare una quadra certa: l'Aikido è nato in Giappone, lì ci saranno state probabilmente più opportunità per andarlo ad imparare "bene" o di farselo insegnare con maggiore cognizione di causa.

Tuttavia le cose cambiano e chi non riesce a stare al passo coi tempi si trova inesorabilmente a vivere dentro una bolla di amarcord tutta sua, e si frustra constatando che il mondo intanto va per una strada diversa.

Tale dinamica è un po' quella di chi continua ancora oggi ad attribuire un qualche legame di tipo speciale fra l'Aikido, il Giappone e gli occhi a mandorla.

Potrebbe essere il caso di sfatare invece alcuni miti, che sono per anni serviti a foderare gli occhi di prosciutto o a mettere la testa sotto la sabbia a mo' di struzzo a molti Aikidoka occidentali..

Che Morihei Ueshiba fosse giapponese è una realtà storica, che egli abbia formato una prima cerchia di Insegnanti per la maggior parte giapponesi altrettanto (c'erano già alcuni occidentali però fra essi... Andrè Noquet, Terry Dobson, Robert Nadeau... fra i più noti), però successivamente l'Aikido venne esportato in tutti i continenti ed iniziarono a formarsi scuole e Maestri autoctoni.

Nei primi tempi furono sicuramente più stretti i rapporti con le sedi centrali giapponesi, principalmente di Tokyo (Aikikai Honbu Dojo, Yoshinkan Honbu Dojo), Iwama (lineaggio di Saito Sensei) e Ki no Kenkyukai (lineaggio di Tohei Sensei), poiché esse si occupavano della supervisione della crescita del seme che era stato trapiantato ogniddove all'estero...

... poi, come tutte le cose, il voler germogliare e dare ulteriori frutti ha iniziato ad essere una responsabilità diretta delle singole piantine.

Molti ancora oggi hanno un rapporto serrato con gli Insegnanti giapponesi, che annualmente visitano numerosi Dojo in Italia ed all'estero, tengono seminari e presenziano agli esami dei senpai... molte volte occupandosi poi di far giungere loro gli ambiti gradi giapponesi.

E' bene tuttavia sapere che attualmente l'Aikido non è assolutamente più florido, curato e stimato in Giappone rispetto alle altre nazioni in cui si è successivamente sviluppato... anzi!

Già nel nostro primo viaggio nella terra del Sol Levante, ci meravigliammo tantissimo di quanto l'Aikido e le Arti Marziali in generale fossero considerate un fenomeno sparuto e perlopiù tragicamente dimenticato dalla società nipponica.
Noi credevamo che fosse una sorta di "tesoro nazionale" per loro, mentre fummo accolti come chi si interessa di una pratica démodé riferita ad un passato che non è per nulla interessante rivangare.

L'Honbu Dojo tuttavia continua ad esserci ed a proporre lezioni tutti i giorni della settimana, sei ore al dì...
Questo è vero, ma altrettanto vero è che risulta frequentato da moltissimi occidentali e che i giapponesi presenti non sono necessariamente quelli che brillano di più per tecnica, ideali e fascino!

Non intendiamo dire che "siamo diventati più bravi noi", ma che si vede un po' di tutto, esattamente come in un luogo nel quale l'Aikido non sia più un'arte esclusivamente nipponica, ma ora appartenente di fatto all'intera umanità. Ovunque c'è gente intelligente e stupida, competente ed incompetente mischiata...

Quindi ci saranno occidentali che si impegnano di più e che quindi apprendono meglio e diventano Insegnanti più quotati dei loro compagni nipponici, così come l'esatto opposto.

D'altronde se l'Aikido non fosse diventato un fenomeno globale, O' Sensei non sarebbe realmente riuscito a fornire alla società uno strumento usufruibile da chiunque per migliorarsi, come invece era suo esplicito desiderio fare!

Però mentre ciò accadeva è stata ovvia la perdita di una sorta di potere di imprimatur da parte del Giappone... e quindi si può ora parlare di esso "solo" come la terra che ha dato i natali a questa disciplina (che non è poco!), ma non necessariamente al luogo in cui continua ad essere una primizia rispetto al resto del globo terracqueo.

Vi confessiamo anzi che i nostri viaggi in Giappone ci hanno solo fatto, Aikidoisticamente parlando, voglia di tornare a casa!

Si pratica quindi male lì?
Non necessariamente, ma si incontrano Insegnanti preparati, come vere e proprie delusioni... esattamente come avviene in ogni altro luogo.

L'eccellenza in Aikido ora è diventata un fenomeno locale, legato ai singoli individui più che ai luoghi o alle razze.

Ma non sono pochi ancora oggi coloro che soffrono del fascino burfaldino degli occhi a mandorla e che credono sia oro tutto ciò che arriva da oriente di casa propria!
Stiamo attenti, non ci sono solo aspetti positivi nel pensarla così...

I viaggi Italia/Mondo-Giappone oggi sono sicuramente più alla portata di tutti rispetto ad un tempo, quindi la possibilità di verificare ciò che diciamo è altrettanto dietro l'angolo.
Certo però che il risultato di questa "verifica" dipende dagli occhi di chi la esegue!

Chi fosse impreparato e trovasse altrove "il paese dei balocchi" dell'Aikido dovrebbe forse prendersela con la sua impreparazione, piuttosto che rallegrarsi della sua superficiale scoperta!

L'Europa, e l'Italia in particolar modo, oggi non se la cavano invece affatto male in materia di Aikido, anzi!
Molte Associazioni e Dojo hanno acquisito un'esperienza notevole, frutto di anni di lavoro serio ed approfondito, quindi vantano al massimo a loro volta qualcosa da insegnare oltre frontiera!

In Italia ci sono Insegnanti che hanno maturato qualcosa come 35-40 anni di frequentazione assidua di tatami, un monte ore esperienziale che pochi giapponesi o stranieri in genere possono altrettanto vantare; nonostante la fisiologica utilità di continuare a favorire scambi con l'estero (e quindi anche con il Giappone, ovviamente), cosa facciamo realmente per mettere in luce i tesori che già possediamo?

Si dice "nessuno è profeta in patria"... e questo poteva sembrare ulteriormente vero un tempo per l'Aikido, poiché l'alone di esotismo che arriva da una cultura diversa ha sempre collegato gli occhi a mandorla ed i verbi coniugati all'infinito come sinonimo di "apprendere da una fonte diretta e più pura"... ma sono ancora questi i tempi?

Ci sono parecchi occidentali che sanno il fatto loro in Aikido senza essere giapponesi, per esempio coloro che sono andati a lungo ad apprendere l'Arte nei suoi luoghi natali... e fra essi, che dire degli italiani?

Non ci importa di essere particolarmente nazionalisti ora, ma sinceramente ci chiediamo a che punto siamo rispetto a ciò.

Ce lo chiediamo semplicemente per comprendere cosa spinga così tante organizzazioni a riferirsi a stranieri per l'insegnamento nel nostro Paese: se è reale capacità superiore e valore aggiunto ci siamo già risposti (tutto grasso che cola se arriva gente preparata a lasciarci qualcosa che ci manca!)... ma se fosse invece qualcosa di legato al fatto che "l'erba del vicino è sempre più verde", allora abbiamo un serio problema da risolvere!

Sappiamo anche che molti Insegnanti esteri hanno acquisito con il tempo la possibilità di rilasciare in autonomia gradi Aikikai e che quindi alcuni responsabili di Dojo utilizzando questa opportunità per far giungere ai propri allievi questi famigerati riconoscimenti senza dover passare obbligatoriamente per le uniche due strade percorribili ora in Italia.
Non è mistero, ad esempio, che ciò avvenga per i molti allievi di Christian Tissier Sensei, ma anche nei nostri Dojo con l'aiuto di Patrick Cassidy Sensei... o analogamente in Francia mediante Soji Seki Sensei per chi non vuole riceverli dallo stesso Tissier! 

"Tutto il mondo è paese" (questo è il Post dei proverbi! ^__^ ) in questo e sappiamo che i gradi hanno una loro qual importanza, ma tuttavia quindi è per questo che scomodiamo ORDINARIAMENTE nomi esteri, più o meno nipponici?

"Chi sono i più bravi a fare Aikido?"... "Quelli che hanno avuto buoni Maestri e che lo praticano tanto, nella propria consuetudine, così da formarsi una'ampia esperienza", più probabilmente.
Ci sono già in Italia numerosi senpai che vivono in questo modo la loro quotidianità, alcuni anche a livello professionistico. 

C'è realmente il pericolo, a nostro dire, che venga svalutata non poco la competenza che alcuni di noi hanno meritatamente conquistato negli anni e che vengano poste nell'Aikido come centrali argomentazioni (come i gradi) che forse poi così centrali non sono.

Forse che giapponesi o stranieri sanno un maggior numero di tecniche?
Ad un principiante questo potrebbe sembrare, se vera, una motivazione sufficiente... ma chi conosce l'Aikido un po' di più sa che le forme sono pressoché infinite, poiché sono manifestazioni differenti degli stessi principi... quindi correre dietro l'ennesima forma è solo sinonimo di non aver compreso qualcosa di ben più profondo.

Non affermiamo che sia sbagliato quindi favorire continui scambi con l'estero (anzi, siamo i primi ad agevolarli ed a muoverci proprio in quella direzione), ma che è anche importante stimolare e strutturare l'attività interna al nostro Paese, imparare a riconoscere ciò che è essenziale da cosa invece è orpello... ed assumerci in primis la responsabilità su quanto avviene ORDINARIAMENTE  sul nostro territorio.

Facciamo alcuni esempi:
esiste una struttura che si occupa di coordinare gli interventi sul territorio degli Insegnanti italiani di alto grado?
No, c'è una giungla nella quale ciascuno si sente libero di fare ciò che ritiene meglio;

- esiste una realtà che si occupa della crescita di quelli che saranno gli Insegnanti di alto grado del futuro?

- chi supervisiona le loro attività e garantisce la loro formazione?

- chi passerà loro il testimone, supportando i loro primi interventi e patrocinando il loro ingresso nella società Aikidoistica?

Dovranno essi andare ad insegnare all'estero, poiché nel nostro Paese il posto sarà occupato analogamente da stranieri o da coloro che siedono sulla poltrona e che non hanno alcuna intenzione di cedere il passo?

Ad oggi tutto ciò è lasciato alle capacità di equilibrio di ogni singolo Ente che patrocina la pratica, con risultati mediamente scarsi o insoddisfacenti a sentire la varie campane.


La possibilità di far emergere quanto fortunatamente già esiste e merita di essere valorizzato tuttavia c'è, ed è un compito di chiunque contribuire a questo processo di presa di coscienza.

L'esterofilia è risaputamente un fenomeno abbastanza comune in Italia, ma prestiamo attenzione a non pregiudicare con essa la fruizione del buon Aikido di cui già siamo in possesso - non sarebbe saggio -, così come una costruzione prospera di quello che verrà - non sarebbe lungimirante!

L'equilibrio non è sicuramente qualcosa di facile da raggiungere: ciò che di buono può giungere da fuori, ciò che di buono c'è già dentro... la capacità di crearsi un proprio futuro maturo ed indipendente partendo dalle basi dell'attuale presente...

... tuttavia nessuno ci ha obbligati a scegliere proprio la pratica della Via dell'equilibrio, quindi ora è coerente aspettarsi che ciascuno dia il massimo di sé nell'offrire il proprio contributo!


La sfida non è già vinta, ma proprio per questo ci pare interessante e stimolante da cogliere, cosa ne pensate?


3 commenti:

Anonimo ha detto...

Una scuola, UN MAESTRO...e tutti questi (problemi) sarebbero risolti!
Credo sinceramente ché le arti marziali non abbiano niente a ché dividere con le strutture messe in avanti continuamente!
Il miglior modo di evolvere e migliorarsi é solo ed resta ...la pratica sincera!
Un saluto sincero di un semplice , praticante! Tony

DANILO ha detto...

magari convincersi, ma veramente, che
i gradi furono sono e saranno solo un' operazione di marketing.
Come dice Tony praticare e poi ancora praticare.

Ciao Danilo

Anonimo ha detto...

pratico aikido ormai da 40 anni, e ne ho 46, sono iscritto all'aikikai d'italia, alla filjlkam, all'ansa, all'ado uisp e partecipo agli stag di questi enti, ho conosciuto molti maestri, molti praticanti.
ho trovato bravi maestri e scarsi maestri, in ogni associazione.
in questi anni mi sono reso conto che il grado forse è rappresentativo delle capacità aikidoistiche ma sicuramente non delle capacità di insegnamento.
saper fare non significa saper insegnare, questo è un concetto valido in tutti i campi e quindi anche in aikido.
a tutte le associazioni aikidoistiche manca una "scuola" per imparare ad insegnare.
forse se ci fosse un'unica associazione dove ogni maestro porta le proprie competenze, le proprie capacità, si potrebbe pensare di fare una scuola per insegnanti, perchè come si impara l'aikido si può imparare anche ad inseganrlo.
saluti a tutti
paolo