martedì 11 ottobre 2011

Aiki-messaggi pericolosi: 6 - Aikido, il fedudo e la proprietà privata


Pronti quest'oggi ad esaminare nuovi comportamenti devianti del "fenomeno Aikido"... che scherzosamente abbiamo voluto riferire alla mentalità del medioevo.

Ci riferiamo innanzi tutto alla "territorialità" che spesso si difende nel proprio Ente o Federazione che patrocina la pratica, così come la divisione del territorio che spesso viene rivendicata da alcuni Sensei dall'ego molto sviluppato.

L'Aikido nasce come struttura tutt'altro che democratica, anzi piuttosto piramidale, nella quale un vertice - il Sensei dei Sensei di turno - controlla un'Associazione che si rifà ad un particolare stile.
Ciascuna di queste piramidi, che ha il vertice un po' dove capita nel Bel Paese, cerca poi ovviamente di avere la base più larga possibile, cercando numerosi Dojo che aderiscano al suo statuto nelle varie regioni e città.

Questo naturale fenomeno di insediamento ed espansione sul territorio tuttavia spesso causa alcuni paradossi piuttosto interessanti, che è curioso esaminare insieme.

Ogni struttura piramidale, oltre il vertice assoluto, ha anche un certo numero di funzionari che stanno un gradino sotto ad esso, generalmente costituiti da Insegnanti Aikidoka di alto grado, che svolgono funzioni decisionali, amministrative e tecniche all'interno della scuola in questione.

Oltre al Dojo-cho dello stile X, ci saranno quindi i suoi "generali" e responsabili "X1, X2, X3... Xn...", i quali a loro volta saranno i diretti superiori zonali dei responsabili dei singoli Dojo affiliati.

Ma molte piramidi condividono lo stesso territorio, quindi nella stessa regione, se non nella stessa città, potrebbero esserci Dojo appartenenti a scuole diverse, ma anche responsabili zonali X1, Y1, Z1 appartenenti ad altrettante organizzazioni distinte.
Questa cosa accade di frequente nei centri urbani in cui l'Aikido è più sviluppato!

Ma allora quella zona li "di chi è"?!
Della scuola X, della Y o della Z?

Lo chiediamo retoricamente, poiché sovente ciascuna delle scuole presenti lo reclamerà come "proprio" e non gradirà molto le attività delle "concorrenti" che potrebbero convogliare il flusso degli allievi in altri Dojo...e a fare esperienze alternative su altri tatami!

Per questa ragione ogni scuola sente di avere la propria roccaforte in una determinata regione italiana (pressoché ovunque questo discorso si potrebbe fare all'estero in modo del tutto equivalente!), nella quale non sono ben visti apripista che giungono da esperienze diverse... mentre i direttivi alle spalle di questi ultimi auspicano che la loro intraprendenza possa mettere nuove basi "coloniali" dove prima mancavano!

Lo stivale diviene quindi una specie di landa divisa in staterelli, nei quali gli equilibri con i vicini sono talvolta stabili, e a volte complessi... a seconda di quanto si cerchi di "mantenere la piazza" o di espandere il proprio reame su territori "altrui".

Ma i luoghi sono di qualcuno?

Se ci fossero diverse scuole co-presenti in uno stesso territorio dovrebbero fra loro comunicare e collaborare o farsi concorrenza e guerra?

Anche le qualifiche si moltiplicano: "IO sono il Responsabile della regione Piemonte della F.I.J.L.K.A.M.", "IO sono il responsabile regionale piemontese dell'Aikikai D'Italia", ...[...]... "IO sono il responsabile tecnico del Piemonte per lo stile Vattelapesca!"... alla fine si è tutti vicini a dover affrontare problematiche simili, ma raramente si pensa all'utilità di un supporto vicendevole.

Questo è un problema grosso che solo ora emerge più chiaramente, poiché la nostra disciplina è fortunatamente più conosciuta e praticata.
Se ci fosse "un solo gallo nel pollaio" non ci sarebbero problemi, ma ora è necessario gestire la compresenza di più vertici dirigenziali distinti in uno spazio relativamente ristretto.

Non sarebbe quindi il caso che ciascuna Federazione/Associazione/Ente si iniziasse ad occupare anche orizzontalmente delle relazioni con i propri vicini di casa, oltre che con il Sensei sovrano illuminato di turno?

Chi non conosce il mondo dell'Aikido non è nemmeno al corrente di queste dinamiche e per lui l'inizio della pratica è indifferente sotto ogni affiliazione.
Costui avrà però un suo carattere ed inclinazioni proprie specifiche.

Se non si dovesse trovare bene nella prima scuola che incontra, secondo voi attribuirebbe più la responsabilità di ciò al non essere capitato nella parrocchia "giusta per lui" o concluderebbe che è un problema dell'Aikido?

Se cerchiamo un dentista e finiamo da un dermatologo, la colpa del perdurare del mal di denti non è della medicina o dei medici, ma della nostra incapacità di scegliere ciò che ci serve.

Tuttavia, siccome un neofita è a tutto diritto senza esperienza per definizione... perchè non potrebbero essere le diverse Scuole ad indirizzare bene le persone che giungono loro?

Per timore di "perdere il cliente"?
Perché nemmeno sanno cosa c'è fuori dalla porta?


In ogni caso sarebbe un problema di incoscienza...

... e comunque saremmo in una sorta di medio evo, in cui l'allievo è una "proprietà privata" indipendentemente dalla consapevolezza di poter realmente fare qualcosa per lui. Chi cerca marzialità e si rivolge al Ki Aikido, farebbe bene ad essere forse indirizzato verso la scuola di Iwama, viceversa invece per chi cerca una disciplina per lo studio interiore delle proprie energie, ad esempio...

Ma chi spetta il compito di essere franco e collaborativo con questo neofita?

Potrebbe essere il responsabile di un Dojo che pur nell'intento di patrocinare gli interessi della propria Scuola, conosce anche approfonditamente le realtà del territorio nel quale opera... e che cerca di essere mosso dalla missione di dare (supporto agli altri) ancora prima di prendere (iscrizioni).

Questa riflessione ci giunge da una esperienza alquanto negativa che abbiamo vissuto poche settimane fa: un ragazzino di 10 anni si è recato nel nostro Dojo per provare di persona l'Aikido... ma in questo Dojo operano due differenti gruppi di Aikidoka, guidati dai propri rispettivi Maestri, fra i quali appunto c'è il nostro.
Noi stiamo cercando il dialogo con gli altri Aiki-compagni, ma crediamo che ciò non sia vissuto con altrettanta apertura dall'altra parte.

Il ragazzino ha contattato casualmente prima l'altro gruppo di Aikidoka, costituito di soli adulti... che l'ha subito invitato ad unirsi a loro, ben sapendo che nello stesso Dojo noi abbiamo attivato anche uno corso specifico per bambini e per ragazzi... secondo voi lui è stato informato di ciò?

No... è stato invitato a provare e naturalmente, solo in mezzo a giganti (con i quali non si è capito come avrebbe potuto lavorare!), ha quindi deciso che l'esperienza dell'Aikido non facesse per lui.

Fortunatamente la sua mamma ha notato anche la brochure dei nostri corsi e ce lo ha inviato per inserirlo in mezzo ai ragazzi suoi coetanei.

Che cosa è quindi meglio per le Associazioni, avere un iscritto in più o destinare un allievo alla pratica più indicata per lui?
Spesso la risposta è tutt'altro che scontata... o eticamente difendibile...

Spesso ci siamo trovati a consigliare alle persone che chiedevano informazioni sull'iscrizione di provare le nostre lezioni e quelle di altri Gruppi prima di fare una scelta definitiva: così facendo nel caso di scelta oculata è più facile iniziare un percorso stabile e più consapevole... che porta allievi motivati e convinti a ragion veduta delle loro scelte!

"Il MIO territorio, il TUO stile"... ma siamo sicuri che la proprietà privata sia a tal punto fondamentale per la pratica?

Morihei Ueshiba ha mai detto nulla in merito a ciò?
Si, consigliava di praticare e non disperdere energia nel criticare (meno che mai mettere i bastoni fra le ruote) le scuole altrui.

In una giungla di concorrenza, "chi ci saprà fare" sarà premiato dal ritorno degli allievi, gli altri si accasceranno sotto il peso della propria frivolezza.

Tuttavia non siamo tutti uguali, perciò le persone che si realizzano attraverso un certo tipo di pratica potrebbero non apprezzarne un altro... quindi perchè non inviarci reciprocamente "i clienti" anziché pensare a mettersi i bastoni fra le ruote?

Le persone non sono oggetti da compravendita, e sarebbe un peccato se una politica di marketing troppo marcato venisse utilizzata proprio da discipline dall'etica così profonda!

"Il MIO allievo, il TUO Maestro"... ma siamo certi che allievi ed Insegnanti siano realmente "cose" nostre o altrui?
Un portacenere può essere "TUO" o "MIO", ma ora si parla di persone...

I "nostri allievi" sono coloro che decideranno di allenarsi con noi nel Dojo nonostante avessero la possibilità di farlo in qualunque altro luogo con la benedizione del proprio Sensei: sono rimasti/tornati perché hanno riconosciuto come "casa" il loro tatami abituale, continuando a preferirlo ad altri benché arricchiti delle esperienze fatte altrove.

"Il NOSTRO Sensei?!".
Si, ciascuno ha un Maestro di riferimento, ma quella persona è nostra?

Pare di si, a volte... poiché non di rado sentiamo imbarazzanti situazioni in cui "la scuola PINCOPALLO", che si riferisce al tal Sensei di alto grado, impedisce categoricamente ad altri di "mettere le mani sulla propria gallina dalle uova d'oro"...

"Sono il Responsabile italiano del Maestro XXXXX, quindi io curo ufficialmente la sua periodica venuta nel Bel Paese... chi lo vuole contattare, mi deve prima chiedere il permesso!"

Ma perchè mai: questo Sensei è un fesso totale?
Se gli venissero fatte da terzi proposte inaccettabili, non sarebbe egli stesso capace di dire di no?!

Avrebbe bisogno del suo Responsabile italiano?
Forse si, ma lasciamolo decidere a lui!

Un Insegnante etico, che venisse contattato da uno sconosciuto che gli offre la possibilità di tenere un seminario in un luogo vicino a dove egli fa già base da anni potrebbe confrontarsi con essa in merito all'opportunità di accettare o rifiutare... ma niente più.

Le persone nascono libere, e per quanto ci riguarda dovrebbero continuare a rimanere tali, anche se si tratta di allievi o di Insegnanti di Aikido!

Attaccamenti potenti e patologici a luoghi, persone e abitudini a nostro dire denotano tendenze e dinamiche piuttosto umane e comprensibili, tuttavia in qualche misura pericolosamente fuorvianti dalla Via che abbiamo deciso di percorrere sia con i nostri vicini di Dojo (indipendentemente dal loro stile e scuola), che con i nostri compagni di pratica... che con i nostri stessi Maestri.

Auguriamoci che sia sempre più forte lo spirito che ci aiuta a vedere cosa unisce, anziché prestare troppa attenzione a ciò che ancora divide.

[dedicato a Padre Anthony Elenjimittam,
Chochin 22/06/1915 - Torino 05/10/2011]

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