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Il prossimo anno spegnerò le mie prime 20 candeline di insegnamento: non mi reputo né il migliore degli insegnanti, né il più sprovveduto fra di essi... quello che è certo è che di gente in questi 20 anni ne ho incontrata molta sul tatami.
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In questo caso però riflettiamo su qualcos'altro: ho un numero di allievi non infinito, ma neanche così striminzito, quindi è abbastanza normale che qualcuno di essi - quasi sempre fuori dal tatami - combini qualcosa che, a detta di altri, NON va bene.
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Io però sono il loro insegnante di Aikido, non la loro badante!
Ammesso (e non sempre concesso) che qualcuno dei "miei" si comporti in modo indecoroso nei confronti di terzi, nel Dojo di qualcun altro o - più semplicemente - in quell'enorme Dojo che è la vita... quanto veramente può essere imputabile a me questa sorta di "sgarri"?
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Non è però che se uno ti dice di buttarti giù da un ponte tu devi obbedire senza accendere il cervello!!!
Quindi anche se io dessi un'indicazione erronea, nessuno sarebbe ovviamente tenuto a darmi retta per una sorta di reverenza formale.
Se poi invece io predico pace ed armonia, e qualcuno dei miei ragazzi andasse a fare una strage in un asilo nido, appena terminata la lezione... dovrei finire io al gabbio?
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Porto alcuni esempi che provengono dalla mia esperienza diretta: insegno da un sacco di tempo a gruppi più o meno numerosi, ai quali rimando - in buona sostanza - un messaggio omogeneo... ho però notato che alcuni grazie a questi insegnamenti mi sono parsi "sbocciare", altri "appassire".
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Mi ha fatto male pensare che la mia missione con loro doveva essere fallita di brutto: quando uno vede stravolgere il senso dei principi che ha provato ad insegnare con passione, la sensazione non è splendida, ve lo assicuro.
Tuttavia: fino a dove si ferma la responsabilità di chi insegna e quando inizia quella di chi dovesse utilizzare male ciò che ha imparato?
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Si dice che l'insegnante indica un cammino, ma spetta all'allievo compierlo: se così è, le responsabilità ci sono e sono di entrambi, ma sono anche DIVERSE:
- l'insegnante dovrà stare attento alla strada che indica, ed anche a chi la indica ovviamente, nel senso di occuparsi di capire se il messaggio può essere in effetti compreso dall'allievo... ma poi le sue responsabilità si fermano li, poiché egli non avrà mai la sicurezza che l'allievo faccia suo il messaggio senza fraintendimenti;
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Entrare nel merito delle responsabilità di ciascuno di noi tocca - senza volerlo, ma in modo marcato - il tema delle libertà personali.
In Aikido vengono - sulla carta - insegnati dei valori: il rispetto, l'accettazione, la non-violenza, etc, etc, etc...
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E questo vale per un allievo, ma in modo ancora più fermo e deciso con un insegnante, si badi bene!
Ma è il testimone fra i due che ora è particolarmente interessante: per quanto mi riguarda, ho trovato utile restringere un po' il campo d'azione... per non perdermici dentro.
Ho un Dojo, sono responsabile dell'atmosfera che vi regna dentro: le persone che entrano dalla porta mi frequentano abitualmente... sanno quindi quali sono gli aspetti in cui sono disposto a tergiversare, e quelli invece con i quali non lo farei mai.
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Quindi, se vedessi un mio allievo - ad esempio - non dare il benvenuto e sufficiente disponibilità ad un nuovo praticante mi farei sentire parecchio con lui... ricordandogli di quanto gli abbia fatto piacere essere stato trattato in un certo modo, quanto lui stesso ha varcato la soglia del Dojo per la prima volta.
Credo che l'accoglienza sia un valore, la cui pratica ha permesso di cambiarmi molto nella vita: ci CREDO, quindi ne do esempio al meglio di me e PRETENDO che lo faccia chi si dice volonteroso di seguire i miei insegnamenti.
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Non lo so, sinceramente... me lo auguro, ma se così non fosse credo che sarebbero loro i primi a perdere qualcosa di importante.
Se mi chiamasse qualcuno per rimproverarmi: "Ma è così che tu insegni l'accoglienza ai tuoi allievi?!"... gli chiederei in quale contesto egli NON si sia sentito accolto da uno di essi:
- se la risposta fosse il tatami, mi sentirei diretto responsabile di non avere vigilato abbastanza su quell'atmosfera alla quale tengo;
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... però so anche che non sono qui per salvare il mondo dall'inaccoglieza, e quindi non mi sentirei né di dovere scuse a chi l'ha provata attraverso un mio allievo, né di rimproverare quest'ultimo per non avere ancora capito come si vive.
Restringere gli ambiti magari è solo una forma di protezione o una conseguenza alla propria attuale incapacità di considerarne di più ampi... ma ho visto che aiuta un sacco comunque!
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SI, definitivamente SI... ed anche piuttosto di frequente.
Mi occupo di raddrizzare ogni cosa che appare ai miei occhi una stortura?
Assolutamente NO: siamo tutti in cammino e il mio diritto/dovere di fare presente agli altri quelli che per me sono valori con i quali porsi desidero che vengano limitati alla frequenza reciproca del tatami.
Non sono mancati in passato (e non mancheranno) lunghi dialoghi con alcuni dei miei allievi che me lo richiedono, sugli argomenti più disparati... ma la base comune sarà sempre l'esperienza condivisa sul tatami.
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Sperando quindi di non "sfornare" mostri, come invece in passato mi è accaduto di fare almeno in un paio di occasioni, tutti i miei sforzi attualmente sono diretti a migliorare me stesso... perché trovo che sia l'unico strumento semplice per migliorare (forse) qualcun altro.
Ma quel "forse" me lo devo ricordare piuttosto bene, e lo devono fare anche tutte quelle persone che mi vorrebbero "pompiere di tutti gli incendi che non ho innescato io".
Io mi occupo di ciò che faccio io: ne ho veramente già tanto di lavoro così!
Marco Rubatto