lunedì 28 gennaio 2019

Quanto sono responsabilità dell'Insegnante i comportamenti degli allievi?

"Chi si assomiglia, si piglia" recita un detto... quindi forse gli allievi ed il proprio Maestro si ritrovano per via di affinità piuttosto elettive: tuttavia di recente ho avuto modo di interrogarmi su quanto le azioni dei miei allievi possano essere imputabili al loro insegnante, ovvero a me, o meno.

Il prossimo anno spegnerò le mie prime 20 candeline di insegnamento: non mi reputo né il migliore degli insegnanti, né il più sprovveduto fra di essi... quello che è certo è che di gente in questi 20 anni ne ho incontrata molta sul tatami.

Sono sempre stato propenso a credere che il comportamento di un allievo sia parecchio indicativo dell'atmosfera che di solito respira durante le lezioni regolari di Aikido, ed in questo senso, le sue buone o cattive abitudini, di certo devono in qualche modo anche dipendere dagli insegnanti che ha incontrato.

In questo caso però riflettiamo su qualcos'altro: ho un numero di allievi non infinito, ma neanche così striminzito, quindi è abbastanza normale che qualcuno di essi - quasi sempre fuori dal tatami - combini qualcosa che, a detta di altri, NON va bene.

A quel punto il mio cellulare, le chat di whatsapp, i profili Facebook si accendono di "Tizio/a- che è tuo allievo/a - ha detto/fatto/insinuato questo, quello e quell'altro... digli di smettere!!!".

Io però sono il loro insegnante di Aikido, non la loro badante!

Ammesso (e non sempre concesso) che qualcuno dei "miei" si comporti in modo indecoroso nei confronti di terzi, nel Dojo di qualcun altro o - più semplicemente - in quell'enorme Dojo che è la vita... quanto veramente può essere imputabile a me questa sorta di "sgarri"?

Una risposta facile ce l'ho: se io consigliassi costantemente di rubare (cosa che non si fa!) e qualcuno dei miei allievi diventasse un ladro... beh, sicuro che parte della responsabilità sarebbe ANCHE mia!

Non è però che se uno ti dice di buttarti giù da un ponte tu devi obbedire senza accendere il cervello!!!
Quindi anche se io dessi un'indicazione erronea, nessuno sarebbe ovviamente tenuto a darmi retta per una sorta di reverenza formale.

Se poi invece io predico pace ed armonia, e qualcuno dei miei ragazzi andasse a fare una strage in un asilo nido, appena terminata la lezione... dovrei finire io al gabbio?

Se loro dovessero fraintendere qualcosa che io dico o insegno... e poi dovessero giocarsela male con questa cosa nei confronti di terzi, siamo sicuri che io (o qualsiasi insegnante in generale) potremmo essere chiamati in causa come responsabili di porvi una qualche sorta di rimedio?

Porto alcuni esempi che provengono dalla mia esperienza diretta: insegno da un sacco di tempo a gruppi più o meno numerosi, ai quali rimando - in buona sostanza - un messaggio omogeneo... ho però notato che alcuni grazie a questi insegnamenti mi sono parsi "sbocciare", altri "appassire".

Ci sono stati anche sporadici, ma significativi casi di miei ex-allievi (che fortunatamente sono diventati EX!) dei quali sono riuscito a vergognarmi anche un tot per le brutte persone che sono state capaci di mostrarsi, con me e con il prossimo in generale.

Mi ha fatto male pensare che la mia missione con loro doveva essere fallita di brutto: quando uno vede stravolgere il senso dei principi che ha provato ad insegnare con passione, la sensazione non è splendida, ve lo assicuro.

Tuttavia: fino a dove si ferma la responsabilità di chi insegna e quando inizia quella di chi dovesse utilizzare male ciò che ha imparato?

Questa è una domanda che in Aikido vale la pena di esplorare a fondo, secondo me.

Si dice che l'insegnante indica un cammino, ma spetta all'allievo compierlo: se così è, le responsabilità ci sono e sono di entrambi, ma sono anche DIVERSE:

- l'insegnante dovrà stare attento alla strada che indica, ed anche a chi la indica ovviamente, nel senso di occuparsi di capire se il messaggio può essere in effetti compreso dall'allievo... ma poi le sue responsabilità si fermano li, poiché egli non avrà mai la sicurezza che l'allievo faccia suo il messaggio senza fraintendimenti;

- l'allievo dovrà percorrere la strada indicata, e la responsabilità di come utilizza gli strumenti che gli sono stati offerti non può essere imputata solo a chi glieli ha offerti, ovviamente.

Entrare nel merito delle responsabilità di ciascuno di noi tocca - senza volerlo, ma in modo marcato - il tema delle libertà personali.

In Aikido vengono - sulla carta - insegnati dei valori: il rispetto, l'accettazione, la non-violenza, etc, etc, etc...

Poi ciascuno è "libero di farsene ciò che crede", ma in realtà rimane vincolato alla responsabilità di avere ricevuto strumenti di un certo tipo, quindi se poi decide di buttare tutto alle ortiche e di fare della propria vita un manifesto dei relativi anti-valori... non si può proprio fare finta di nulla.

E questo vale per un allievo, ma in modo ancora più fermo e deciso con un insegnante, si badi bene!

Ma è il testimone fra i due che ora è particolarmente interessante: per quanto mi riguarda, ho trovato utile restringere un po' il campo d'azione... per non perdermici dentro.

Ho un Dojo, sono responsabile dell'atmosfera che vi regna dentro: le persone che entrano dalla porta mi frequentano abitualmente... sanno quindi quali sono gli aspetti in cui sono disposto a tergiversare, e quelli invece con i quali non lo farei mai.

Quindi, se vedessi un mio allievo - ad esempio - non dare il benvenuto e sufficiente disponibilità ad un nuovo praticante mi farei sentire parecchio con lui... ricordandogli di quanto gli abbia fatto piacere essere stato trattato in un certo modo, quanto lui stesso ha varcato la soglia del Dojo per la prima volta.

Credo che l'accoglienza sia un valore, la cui pratica ha permesso di cambiarmi molto nella vita: ci CREDO, quindi ne do esempio al meglio di me e PRETENDO che lo faccia chi si dice volonteroso di seguire i miei insegnamenti.

Saranno altrettanto ACCOGLIENTI poi i miei allievi, a casa loro, lontani dai miei riflettori?

Non lo so, sinceramente... me lo auguro, ma se così non fosse credo che sarebbero loro i primi a perdere qualcosa di importante.

Se mi chiamasse qualcuno per rimproverarmi: "Ma è così che tu insegni l'accoglienza ai tuoi allievi?!"... gli chiederei in quale contesto egli NON si sia sentito accolto da uno di essi:

- se la risposta fosse il tatami, mi sentirei diretto responsabile di non avere vigilato abbastanza su quell'atmosfera alla quale tengo;

- se la risposta fosse "altrove", me ne dispiacerei sicuramente... ciò mi permetterebbe di conoscere meglio un allievo che quindi se sul tatami è accogliente lo fa solo per timore di un mio rimprovero e NON perché abbia compreso il valore di questo principio...

... però so anche che non sono qui per salvare il mondo dall'inaccoglieza, e quindi non mi sentirei né di dovere scuse a chi l'ha provata attraverso un mio allievo, né di rimproverare quest'ultimo per non avere ancora capito come si vive.

Restringere gli ambiti magari è solo una forma di protezione o una conseguenza alla propria attuale incapacità di considerarne di più ampi... ma ho visto che aiuta un sacco comunque!

Vedo quindi cose che non mi piacciono agite dai miei allievi?

SI, definitivamente SI... ed anche piuttosto di frequente.

Mi occupo di raddrizzare ogni cosa che appare ai miei occhi una stortura?

Assolutamente NO: siamo tutti in cammino e il mio diritto/dovere di fare presente agli altri quelli che per me sono valori con i quali porsi desidero che vengano limitati alla frequenza reciproca del tatami.

Non sono mancati in passato (e non mancheranno) lunghi dialoghi con alcuni dei miei allievi che me lo richiedono, sugli argomenti più disparati... ma la base comune sarà sempre l'esperienza condivisa sul tatami.

Anche per questo non mi piacciono troppo quelle situazioni nelle quali si rimane collegati - a livello umano - ma qualcuno smette di praticare: il problema non è il rapporto di tipo personale, del quale sarò sempre onorato... ma proprio perché viene a mancare l'esperienza personale CONDIVISA in un luogo ed in un tempo limitato: la PRATICA dell'Aikido!

Sperando quindi di non "sfornare" mostri, come invece in passato mi è accaduto di fare almeno in un paio di occasioni, tutti i miei sforzi attualmente sono diretti a migliorare me stesso... perché trovo che sia l'unico strumento semplice per migliorare (forse) qualcun altro.

Ma quel "forse" me lo devo ricordare piuttosto bene, e lo devono fare anche tutte quelle persone che mi vorrebbero "pompiere di tutti gli incendi che non ho innescato io".

Io mi occupo di ciò che faccio io: ne ho veramente già tanto di lavoro così!

Marco Rubatto






lunedì 21 gennaio 2019

Focus sullo stile: Ki Aikido, energia e spirito dell'armonia

La nostra rubrica mensile sulle più famose correnti Aikidoistiche presenti nel nostro Paese, mettendo sotto i riflettori le loro peculiarità, vanti... così come eventuali zone d'ombra riscontrate dalla nostra esperienza pratica di rapportazione con la singola Scuola... è giunta già al suo QUARTO APPUNTAMENTO!

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DISCLAIMER


Questi Post non sono scritti né per promuovere, né per denigrare nello specifico i vari e differenti approcci che ci sono all'Aikido... ma piuttosto per farli conoscere meglio ed in modo più imparziale possibile al grande pubblico, aiutando specie il neofita a districarsi in una fitta rete di info nelle quali può confondersi anziché orientarsi.

Non siamo asserviti a nessuno stile di Aikido dei quali vi parleremo, e nessuno ci paga o ha interesse a farci dire qualcosa di diverso da quello che pensiamo e che esprimiamo: è bene ricordarlo in modo chiaro ed esplicito!


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"Non c'è conflitto nell'universo assoluto, ma c'è conflitto in un mondo relativo"

[Koichi Tohei Sensei]



Oggi ci occupiamo del Ki Aikido, ovvero dalla corrente nata dagli studi di Koichi Tohei Sensei.

Non è stato facile per noi interessarci a questi studi specifici, provenendo da un'altra estrazione stilistica: la (cosiddetta) Ki Society è sembrata per decenni abbastanza chiusa e sospettosa nei confronti di coloro che ci andavano a mettere il naso da fuori... ma nell'ultima decina di anni - per fortuna - siamo riusciti a contattare gruppi molto più aperti e desiderosi di condividere il proprio bagaglio tecnico, filosofico e culturale.

Abbiamo poi compreso (ed in parte giustificato) questa reticenza alla condivisione, dovuta a ragioni di tipo storico, che proveremo brevemente a riassumervi nel Post odierno.

Il Ki Aikido forse nasce ancora prima della sua storica fondazione ufficiale, in quanto Koichi Tohei fu Capo Istruttore dell'Aikikai Honbu Dojo ancora prima che il Fondatore ci lasciasse.

Sembrerebbe che egli avesse introdotto alcune pratiche - poi divenute tipiche del Ki Aikido o Shin Shin Toitsu Aikido ("Aikido con mente e corpo unificati) - perché notò come molti praticanti NON riuscissero ad evolvere nel loro percorso in Aikido, nonostante si esercitassero parecchio nell'applicare correttamente le tecniche che anche O' Sensei insegnava con regolarità.

Molti facevano, facevano... ma la qualità della loro pratica non migliorava in modo auspicato: Koichi Tohei Sensei allora si concentrò su alcuni educativi che dessero supporto a tutti quegli elementi meno fisici - ma altrettanto fondamentali - della pratica:

(4 punti fondamentali del suo lavoro specifico)

- mantenere il punto;
- rilassarsi completamente;
- mantenere il peso sotto; 
- inviare il ki;

inoltre abbiamo ancora...

- lavorare sulla qualità dell'intenzione;
- rendere consapevole la respirazione;
- studiare la percezione del ki proprio e del compagno;
- comprendere la mente del compagno;
- rispettare il ki del compagno;
- mettersi al posto del compagno;

- agire con fiducia.
- unificare mente e corpo attraverso un momento consapevole;
- pratica del misogi (purificazione), derivata dalla pratica di Tesshu Yamaoka che Tohei Sensei praticò molto da giovane.

Morto Morihei Ueshiba, fu fortemente raccomandato a Koichi Tohei dal nuovo Doshu, Kisshomaru Ueshiba, di non insegnare i suoi principi ed esercizi sul ki all'interno delle lezioni tenute all'Honbu Dojo, poiché il padre stesso non aveva mai fatto nulla di simile... cambiare qualcosa dell'Aikido veniva quindi al tempo percepito quindi come una sorta di TRADIMENTO al suo Fondatore.

Tohei Sensei, pur mantenendo ufficialmente la carica di capo-Istruttore fino al primo maggio del 1974 fu quindi motivato a creare quindi già nel 1971 la Ki No Kenkyukai (Ki-Society International), con il proposito di iniziare ad insegnare il ki nell’Aikido al di fuori dalla sfera ufficiale Aikikai (nella quale incontrava così tante resistenze).

Ma nel maggio 1974 Tohei Sensei si staccò in via definitiva dall’Aikikai, istituendo la Ki-Society e fondando una sua personale corrente chiamata impropriamente dagli occidentali "Ki-Aikido".

Il 15 maggio 1974, Tohei inviò una famosa lettera in inglese e giapponese ai principali Dojo giapponesi e stranieri, spiegando le sue ragioni in merito alla sua rottura con l'Aikikai ed i suoi piani di sviluppo del Ki-Aikido e della Società del Ki (tradotta per la prima volta in italiano da noi QUI).

Questo fatto venne vissuto da molti Aikidoka come un vero e proprio shock: Koichi Tohei godeva infatti di grande rispetto da parte di molti Istruttori e studenti e veniva sicuramente considerato uno dei più grandi ed accreditati Maestri di Aikido esistenti, specialmente negli anni immediatamente successivi alla morte del Fondatore.





Questo convinse ed agevolò numerosi Dojo a seguire il suo esempio lasciando l'Aikikai ed abbracciando il nuovo stile del Maestro Tohei.
Fra i primi obbiettivi di quest'ultimo ci fu quello di coordinare tutti i gruppi che lo seguirono ed incorporarli nell'organizzazione Shin Shin Toitsu Aikido.

Questa - molto in breve - è la storia di questa Scuola, che si è consolidata in tutte le nazioni, compresa la nostra.

Attualmente ha notevole influenza sul nostro territorio il Maestro Kenjiro Yoshigasaki, allievo diretto di Tohei che vive in Belgio, ma viene molto di frequente in Italia; egli ha creato una sua organizzazione, mentre alla dipartita del suo Maestro, subentrò a quest'ultimo il figlio Shinichi Tohei.

La ragione di tanta diffidenza e apparente resistenza nei confronti degli Aikikoka (senza Ki ^___^) che vogliono interessarsi ai principi del Shin Shin Toitsu Aikido, specie se appartenenti all'Aikikai so Honbu, forse proviene dal fatto che essi sono visti come i parenti lontani di chi fece la guerra al loro Kai Cho (Fondatore), Koichi Tohei Sensei.

Nel 2008 prendemmo contatto con la Sede Centrale di Tokyo della Ki Society (eravamo in Giappone in vacanza) e chiedemmo se fosse stato possibile partecipare a qualche loro allenamento, ci fu risposto che avremmo potuto farlo A PATTO di fare esplicita e pubblica RINUNCIA dei gradi Aikikai in nostro possesso, se quindi ci fossimo iscritti allo Shin Shin Toitsu Aikido ed avessimo incominciato DACCAPO un percorso serio e costante.

Un po' troppo per chi si sarebbe accontentato di 5 o 6 keiko estivi per conoscere una realtà a noi - al tempo - sconosciuta, ma che ci stuzzicava un tot!

Ci fu addirittura impedito di osservare DA FUORI una lezione: al tempo ci chiedemmo che cosa temevano che fossimo in grado di rubare loro!

Ora comprendiamo meglio, ma la sensazione di "setta" chiusa su se stessa è rimasta poi ancora per molti anni a seguire: solo ultimamente diverse occasioni di incontro ci hanno rivelato la bellezza di condividere alcune esperienze sul tatami con questa importantissima visione dell'Aikido!

Passiamo ora a descrivere (limitatamente alla ns. esperienza diretta), le caratteristiche peculiari della Scuola:

- attenzione al centro addominale (hara) ed al suo movimento;

- studio di un movimento rilassato, naturale e centralizzato;

- numerosi esercizi volti a percepire il ki (proprio e del compagni di pratica), con caratteristici "test" relativi, spesso utilizzati nella didattica di questa Scuola;

- programma tecnico piuttosto ampio e vario;

nomenclatura tecnica molto vicina a quella normalmente utilizzata e diffusa in molte Scuole di Aikido, con qualche lieve differenza (ad esempio, kote gaeshi diventa kote oroshi ["tirare giù il polso"], ikkyo omote diventa ikkyo irimi, shihonage ura diventa shihonage tenkan, etc) che non compromette la possibilità di comprendere con efficacia;

- buona propensione alle ukemi;

- spiegazioni dettagliate sull'influenza del ciclo respiratorio nel movimento corporeo;

- specializzazione nello studio dell'integrazione mente-corpo dei praticanti;

- è presente lo studio delle armi, con alcuni kata la cui spiegazione ci è parsa particolarmente utile ed importante;

- buona (e talvolta anche fitta) rete territoriale di Dojo che praticano Ki Aikido;

- importantissima tendenza a contestualizzare i principi della pratica anche a situazioni di vita quotidiana, in modo tale che l'esperienza del praticante non venga percepita come qualcosa di relegato al solo tempo trascorso sul tatami:

- intenzione significativa di far coesistere in modo armonioso la parte pratica con quella filosofica e spirituale della disciplina;






Ora, per completezza ed onestà, vi rimandiamo anche i punti di debolezza che abbiamo riscontrato esserci in questo specifico approccio.

La sensazione più spiccata è che un gruppo di esperienza notevole, ma non immensa, si sia messo a copiare gli atteggiamenti di un Maestro come Koichi Tohei, la cui esperienza era veramente invece immensa sul serio.

Ovvio che un conto è affrontare alcuni aspetti della disciplina dopo che una certa stabilità delle forme di base è stata ottenuta, altro invece è farlo prima di avere un ki hon altrettanto stabile e solido: Koichi Tohei proveniva da anni di pratica molto fisica e parecchio intensa... quindi pare naturale una sua evoluzione ad aspetti più sottili della disciplina.

Una caratteristica che lo contraddistingueva, per esempio, era una sorta di "saltelli" eseguiti durante i suoi tai sabaki: chiunque studi arti marziali tradizionali sa che durante gli spostamenti è da evitare il cambio di quota del baricentro, specie quando esso si va ad alzare... poiché si genera instabilità, e quindi si è più sbilanciatili e vulnerabili.

La chiusura delle tecniche quindi si cerca di effettuare con un baricentro stabile, più basso possibile per essere ben zavorrati al suolo: Tohei Sensei era un maestro nel rimanere alto per incrementare la sua mobilità, ma tornare perfettamente stabile e piazzato quando la situazione lo richiedeva.

I suoi erano quindi "saltelli" che significavano tutto tranne instabilità, poiché aveva sviluppato una percezione finissima di quando era consentito stare alti e di quando invece sarebbe stato opportuno tornare basi e radicati.

Ogni tanto abbiamo assistito invece a dei semplici "saltelli" come li faceva "quello la"... ma senza la propriocezione di "quello la"!




Durante un seminar nel 1998 fu chiesto a Morihiro Saito Shihan cosa ne pensasse del Ki Aikido: la sua risposta fu - per certi versi - impressionante e paradossale...

Egli dichiarò che forse Koichi Tohei era stata la persona che più da vicino aveva raggiunto i livelli del suo Maestro, Morihei Ueshiba... dopo aver percorso le fasi solida, fluida e spirituale dell'Aikido (di solito rappresentati con una piramide dalla base larga, la cui scalata porta al vertice in cima);

... tuttavia gli allievi che ne hanno seguito le gesta, sono partiti da dove lui ha terminato le sue ricerche, evitando di allenarsi in modo solido... di fatto quindi capovolgendo quella piramide, e rendendola instabile, perché poggiante solo sul vertice un tempo in cima.

La nostra sensazione è stata piuttosto simile: abbiamo vito numerosi movimenti - a nostro dire - poco "compresi", e molto imitati.
Gli uke quindi ogni tanto cadono un po' da soli, e un po' di pressione negli attacchi sembra qualcosa di troppo raro in questo approccio.

Un altro limite - se così lo possiamo chiamare - è la pretesa di alcuni di affermare che il Ki Aikido possa avere applicazioni marziali per forza notevoli.

Ci viene da dire che non è quello il suo principale mandato, e che se volessimo la marzialità dura e pura sarebbe meglio andarla a cercare altrove: quindi se parliamo di gestione del respiro ok, se invece volessimo praticare Ki Aikido per difesa personale forse non staremmo ottimizzando il nostro tempo.

Ovvio che le basi dell'Aikido quelle sono... quindi una leva tirata fa male in qualsiasi stile: è però come se il Fondatore di questa Scuola mirasse in una direzione specifica (una pratica più interna e salutista, forse) e talvolta i suoi aderenti affermassero che invece con essa possibile giungere in qualsiasi luogo.

Sarebbe forse bene che ciascun approccio specifico perseguisse i propri fini e si adoperasse per divulgare i propri punti di forza, utilizzando invece gli altri approcci Aikidoistici per andare a rafforzare gli ambiti nei quali ci si sente più carenti: questo potrebbe essere un atteggiamento molto più intelligente, quindi l'opposto di percepirsi tuttologi.

Ultimo punto che ci ha notevolmente colpito: in tutto questo parlare di ki, di punto da mantenere e di rilassatezza, ci siamo molto sorpresi di trovare spesso molto RIGIDI i praticanti di Ki Aikido, sia nel corpo, che nella mente... ma non dovevano essere loro quelli rilassati e naturali?

Sulla carta si, ma nella nostra (non enorme) esperienza abbiamo riscontrato contrario... segno (come nelle Scuole e stili trattiti in precedenza, se ricordate) che magari i fini sono più che buoni, come ottimi sono i principi studiati... ma poi non è detto che tutti riescano a viverli in prima persona e quindi diventarne significativi rappresentanti.





In conclusione, ci viene da rimandare che i benefici legati all'incontro con questa peculiare declinazione dell'Aikido si sono mostrati  - per noi - di gran lunga più positivi, rispetto alle prime note negative che ci era parso di scorgere.

Pur nella frequentazione sporadica del Ki Aikido, abbiamo cercato di fare nostri alcuni concetti che - ad oggi - riteniamo veramente fondamentali per la pratica dell'Aikido, INDIPENDENTEMENTE da quale sua forma o stile piaccia di più... concetti che abbiamo sentito trattare in modo significativo in QUESTA Scuola e non in altre!

Non possiamo che consigliare stage o incontri con il Ki Aikido, specie per approfondire tematiche non prettamente tecniche, ma veramente importanti per qualsiasi praticante che voglia avere una visione completa della disciplina.

"Le persone oggi sono più preoccupate di ciò che possono ottenere, di quello che possono dare o fare agli altri. Questo è il perché non possono estendere il Ki"

[Koichi Tohei Sensei]







lunedì 14 gennaio 2019

Calo di interesse, crisi dell'Aikido e le buone notizie

Lo scorso 7 dicembre 2018, Aikido Journal - testata internazionale che sicuramente tutti voi conoscerete - ha pubblicato un interessante articolo (lo potrete trovare in inglese QUI), che mostra come l'Aikido sembri interessare a sempre meno persone nella società moderna.

I dati riportati dal sondaggio promosso dal Blog a livello interazione risulterebbero parecchio preoccupanti:

- rapporto numerico fra Istruttore ed allievo: 1,5 a 1;

- rapporto numerico fra capo-Istruttore ed allievo: 4,5 a 1;

- la sfida più complessa sembra essere avere nuovi allievi, specialmente nella fascia d'età 18-29 anni.

Quale futuro può avere quindi una disciplina che non riesce ad essere interessante per nuove generazioni di praticanti, mentre i gruppi di quelli che già la frequentano diventano sempre più sparuti?!

Crediamo che il resoconto sia veritiero, ma siamo tuttavia convinti che la lettura dei dati vada approfondita... oltre che preso come monito di una prossima futura scomparsa dell'Aikido!

È infatti molto frequente che leggendo i risultati di un esperimento, si cerchi di scorgere in essi la  conferma della propria teoria favorita... o - comunque - lo si faccia anche attraverso i limiti della propria inconsapevolezza. 

Ci sono quelli ossessionati dall'aspetto marziale, che dicono che questo trend è l'ovvia conseguenza di aver trasformato una solida tradizione legata al Budo a qualcosa di molto più simile ad un balletto.

L'Aikido "stava più in salute" - secondo loro - quando ogni tecnica veniva stretta e tirata al massimo dell'efficacia... sono quelli, di solito, che non fanno più uke da anni e che sono tutti scassati dopo aver praticato quasi sempre in condizioni estreme.

Ci sono quelli che danno la responsabilità alle nuove discipline marziali di più recente fattura (BJJ, MMA, Krav Maga, etc), che attirerebbero un sacco le nuove generazioni per via della loro immediatezza, della loro "leggerezza" culturale e filosofica: li basta darsele e non farsi troppe domande!

- PER INCISO - NON è vero: bisogna apprendere un sacco di tecnica pure in quegli ambiti, per chi non lo sapesse!

Vogliamo quindi darvi anche la nostra lettura di quei dati, non affermando che sia quella giusta o quella definitiva... ma che ciò che segue è frutto dell'esperienza stessa che stiamo vivendo.

Non è l'Aikido ad essere propriamente in crisi - secondo noi - quanto le sue PROSPETTIVE...

Un tempo la gente aveva molti meno strumenti di oggi, quindi chiunque potesse vantare più esperienza di un neofita poteva - di fatto - considerarsi un esperto e permettersi di dirci: "Fai questo esercizio, poi un giorno capirai"... "perché io sono una cintura nera e tu no!"

Ora - per fortuna, diremmo noi - questo non è più possibile e le persone desiderano capire SUBITO (o quasi) se ciò che fanno sarà loro di supporto nella vita di tutti i giorni.

Pure la crisi economica che stiamo vivendo potrebbe agire in favore dello scegliere in modo più oculato possibile come utilizzare il poco danaro che ci resta!

Sta cosa che l'Aikido non è marziale a sufficienza non crediamo sia il punto: nella nostra società c'è sempre meno esigenza di difesa personale fisica (per quanto il mainstream affermi il contrario!) e sempre più gente che sbarella... nella vita stressata di ogni giorno, anche senza essere aggrediti da nessuno.

L'Aikido può servire a migliorare il proprio equilibrio psico-fisico, seriamente compromesso dalla frenetica vita che conduciamo?

SI, del tutto ed inesorabilmente SI!!!

Solo che, se la gente non lo sa, perché dovrebbe mettersi a cercarlo?

Come potrebbe farlo, se gli Insegnanti spesso sono i primi a non avere compreso del tutto questa cosa... e ad avere una vita personale disastrosa?

Se riuscissimo a far constatare ad una persona che l'importante non è tanto kotegaeshi o sankyo... quanto cosa avviene in loro di costruttivo MENTRE fanno kotegaeshi e sankyo, vogliamo scommettere che volentieri si metterà a praticarli???

La nostra osservazione almeno ci porta a crede qualcosa del genere...

... poiché i dati che raccogliamo - che ne dica Aikido Journal - sono in COMPLETA CONTROTENDENZA, rispetto a quelli forniti nell'articolo di cui sopra!

Certo, l'operazione che ci stiamo curando di fare è qualcosa in più rispetto alla solita filastrocca datata: "Io fare, tu copiare... poi un giorno capire"!

Si sta trattando di mantenere vivo tutto il costrutto tecnico dell'Aikido, ma chiedendoci per primi quale messaggio intendiamo trasmettere attraverso di esso... anziché limitandoci a "fare come si era sempre fatto".

Questo non è stato, né è facile... perché è necessario avventurarsi nei meandri del proprio inconscio e delle proprie emozioni, se intendiamo diventare i baluardi di ciò che ci interessa... quindi bisogna comprendere qual è il modo migliore per far giungere questo messaggio anche al prossimo.

Tuttavia, se ce la stiamo facendo noi... ce la possono fare tutti!

E vi diremo di più... non solo i NUMERI dei corsi del nostro Dojo sono in costante e significativo AUMENTO (comprese le fasce d'età 18-29 anni, che nell'articolo risultavano le più ostiche da coinvolgere!)...

... ma anche i NUMERI di ogni Dojo che collabora stabilmente con noi lo sono altrettanto.

Ed ancora di più: a livello mondiale, i dati dell'Evolutionary Aikido Community CONFERMANO il nostro trend italiano... come mai?

Abbiamo compiuto un miracolo?

Qui nessuno è laureato in marketing... quindi il punto non è "come trovare gente a cui vendere un prodotto"... ma gente che scopra il valore della pratica e ci si tuffi dentro con entusiasmo!

Ritorniamo ai DATI: solo nella nostra città, negli ultimi 3 anni, hanno aperto almeno 3 Dojo professionali (questi sono almeno quelli di cui abbiamo avuto notizia), poiché sono pure aumentati il numero degli Insegnanti professionisti... ovvero coloro che fanno solo Aikido, pure per guadagnare economicamente.

Altre aperture simili sono avvenute anche al Sud Italia, a confermare la tendenza.

Come mai che sempre più persone investono soldi in un'attività che fino ad un decennio fa non avrebbe dato da mangiare a nessuno?

Forse si è finalmente compreso che ciò che mancava non erano i praticanti, ma Insegnanti VALIDI e PREPARATI: oppure - diciamolo meglio - la preparazione media di un docente di una volta NON è più accettabile nella società in cui viviamo... 

... quindi coloro che si stanno formando in modo serio - e ciò non è possibile se nella vita si fa pure alto, vista la mole di studi da fare in Aikido - stanno avendo successo, mentre gli altri stanno morendo.

Nella società in cui viviamo non è possibile essere tuttologi: infatti non c'è paragone fra la preparazione di una persona che lavora 8 ore al giorno, dopo pensa a tutte cose relative alla propria famiglia... e POI - nel poco tempo che resta - pratica ed insegna Aikido... rispetto a chi fa SOLO quello dalla mattina alla sera!

Lo abbiamo capito e metabolizzato per tutti gli ordini professionali (Ingegneri, Avvocati, Medici, Giornalisti...): perché facciamo così fatica a coglierlo in Aikido?

Ovvio che un professionista riesca ad arrivare a risultati impossibili anche solo da immaginare per un dopolavorista: ed il numero dei professionisti in Aikido sta AUMENTANDO, non diminuendo... in tutto il mondo!

Lo considerate un passo indietro o un passo avanti per la disciplina?

Non ci viene da essere poi così pessimisti, visto che la "disaffezione all'Aikido" mostrata dai dati dell'articolo può celare anche solo un'esigenza di miglioramento delle condizioni della sua pratica!

Siamo cresciuti cadendo sui tatami più improbabili, spesso ricavati in scantinati umidi e maleodoranti, garage nei cortili delle case: la "PALESTRA" doveva essere un po' squallida per sembrare un luogo dove si fa fatica... un luogo per veri duri; sopravvivere alle docce in condizioni igienico-sanitarie pessime era indice di sviluppare adeguati anticorpi!

Oggi i luoghi del genere non ottengono nemmeno più il permesso di aprire i battenti: quando abbiamo costruito il Dojo, abbiamo chiesto permessi al Comune, vigli urbani, ASL per DUE ANNI...

... ovvio che ora è un luogo che "piace": è stato progettato in materiale naturale da un architetto, non da un trafficone qualsiasi che piazza due tatami usati nel magazzino nel cortile di casa sua!

Ma parliamo di un'involuzione o di un'evoluzione?!

Molti Dojo non potranno più aprire, o addirittura chiuderanno... ma vi assicuriamo che quelli che stanno aprendo oggi valgono la pena di essere frequentati, attraggono un sacco di persone e diventano luoghi nei quali l'Aikido è conosciuto da persone di ogni età e sesso!

Il CONI ha stabilito che dal 2019 (marzo) ogni Federazione Nazionale (quindi anche la FIJLKAM) dovrà costituire Società Sportive SOLO con numeri minimi prestabiliti: nell'Aikido saranno di 10 iscritti.

Quanti Dojo NON arrivano a 10 allievi sul tatami?

Non pochi... e qualcuno sicuramente avrà numeri bassi per via della propria collocazione geografica in piccoli bacini di utenza: quanti sono però quelli che fanno 5 allievi in città metropolitane?

Come mai un gruppo NON riesce mai a "decollare" quando ha gli spazi, ed ha potenziali utenti?
Non avrà mica solo una guida inetta?

Vogliamo fare un po' di sana auto-critica... o vogliamo semplicemente buttarla sul "siamo passati di moda"?

Quando - decenni fa - chiudevano i piccoli negozi di frutta e verdura all'apertura dei grandi supermercati... qualcuno avrà sicuramente pensato che la distribuzione al minuto stesse per collassare: in realtà stava solo CAMBIANDO aspetto;

perché nella disciplina del fluire dell'energia e del perpetuo cambiamento... abbiamo così tante difficoltà con i CAMBIAMENTI?!

Noi vediamo FIORITURE (poche) ed appassimenti (molti): però che le prime sono più significative delle seconde, perché richiamano un'utenza molto più vasta... che viene iper-specializzata nel giro di poco tempo.

È infatti migliorata tantissimo anche la didattica dell'Aikido negli ultimi decenni, quindi gli allievi arrivano a fare in pochi mesi ciò che prima richiedeva anni di pratica.

Non crediamo proprio che l'Aikido stia morendo, ma che stia CAMBIANDO, così come stanno cambiando le esigenze di chi lo pratica oggi rispetto a quando ed a come lo proponeva Morihei Ueshiba, O' Sensei.

È possibile indignarsi per ciò e rimanere saldamente ancorati a quello che ha funzionato in un passato destinato a non tornare mai più... oppure si può fare il prossimo passo nell'ignoto e lasciarsi trasformare da ciò che facciamo.

Il risultato NON è certo... ma abbiamo imparato così poco dal coraggio che ha avuto il nostro Fondatore?!!

Non vediamo l'ora che un certo tipo di mentalità in Aikido MUOIA: sarà la volta che riusciremo a spiccare insieme il volo verso ciò che attualmente è più utile ed integrante per chi intende praticare sul serio!