lunedì 23 ottobre 2017

Aikido: quando "repetita NON iuvant"


Il metodo tradizionale di apprendimento dell'Aikido prevede l'imitazione di un movimento proposto dal Maestro... e quindi la sua imitazione ad libitum, o almeno fino a quando egli non ce ne farà vedere e quindi praticare un altro.

La maggioranza di noi è Aikidoisticamente cresciuta così!

Pur riconoscendo quindi quanto questa dinamica sia dedicata ed anche utile, vogliamo quest'oggi esaminare insieme i suoi eventuali limiti: apprendere per imitazione può essere infatti UN metodo, ma non è per forza detto che sia IL metodo o l'UNICO metodo possibile...

Se dobbiamo muoverci da un punto A ad un punto B con l'automobile e non sappiamo dove sia questo punto B... ci affidiamo al navigatore ed ai suoi consigli: ci dice di girare a desta, e noi giriamo a destra... ci dice di andare diritti fino a semaforo e quindi girare a sinistra? Non lo mettiamo in discussione, eseguiamo.

Copiamo le indicazioni dell'auto in miniatura dello schermo del Tom Tom, cercando di fare combaciare ciò che vediamo con la nostra macchina reale: per imitazione di ciò che vediamo scritto e sentiamo dire, ci troviamo nel punto B!

Noi, con l'aiuto prezioso del navigatore, siamo andati da A a B, copiando da uno schermo le info che prima non avevamo.

Se dovessimo ripetere molte volte lo stesso tragitto, facilmente dopo un po' potremmo permetterci di non prestare tutta questa attenzione a ciò che dice il satellitare: avremo forse "imparato un po'" la strada... proprio perché l'abbiamo fatta tante volte!

Nuovamente la ripetizione di un gesto, di un tragitto ci aiuta ad apprendere preziose informazioni sullo strumento che utilizziamo, così come sul viaggio che stiamo compiendo: non è differente in Aikido, quando copiamo la posizione delle mani del Sensei per fare kotegaeshi... e quindi ripetiamo lo stesso gesto 1000 volte per fare nostra quella posizione.

Solo che c'è chi - ripetendo 1000 volte un movimento - impara sul serio qualcosa su di sé, sul proprio sistema psico-corporeo, sul conflitto, sul timing, sull'attaccante, etc... e c'è anche chi invece NON impara che una minima parte di tutto ciò... e talvolta nulla proprio.

Come mai?

Perché l'imitazione per alcuni è un processo di apprendimento così importante e per altri finisce per essere una trappola improficua?

Non sono pochi infatti gli Aikidoka - non importa sul serio il grado o l'esperienza - che diventano bulimici di ripetere più fedelmente possibile il movimento del proprio maestro Aiki-beniamino... e continuerebbero ad affinare tramite la ripetizione un gesto tecnico all'infinito, per riuscire a farlo sempre meglio - ovvero - sempre più simile al modello che è stato loro offerto (cose che Non sono sinonimi fra loro!!!).

Non che tutto ciò possieda SOLO connotazioni negative, ma sicuri che i principali goal dell'Aikido siano proprio questi?

Diventare dipendenti da qualcun altro e dal quantitativo di possibilità di ripetere una tecnica, un movimento o una pratica specifica sul tatami?

Andate in un ristorante, ci mangiate qualcosa di buonissimo... quindi 4 anni dopo ci ricapitate ed ovviamente vi piacerebbe riassaporare lo stesso piatto: sicuri che sarebbe ESATTAMENTE il piatto di 4 anni prima?

Per la vostra salute intestinale, vi auguriamo con il cuore di NO, e che gli ingredienti siano più freschi!!!

E se il ristorante fosse lo stesso, il cuoco ed il cameriere pure, la ricetta anche... perfino il tavolo fosse sempre quello di 4 anni prima: sicuri che l'emozione sarebbe la stessa nel cibarsi di quel piatto delizioso?

Non crediamo proprio, un poi perché è sufficiente una minima variazione nella qualità degli ingredienti a variare il sapore... ma ancora di più perché in 4 anni voi sareste CAMBIATI, avreste delle aspettative che la prima volta non avevate (questo è un cambiamento drastico rispetto a 4 anni prima!!!) ed il solo tentativo di replicare qualcosa che è unico rischierebbe di farvi restare parzialmente delusi.

Gli attimi infatti NON si possono replicare, si possono solo VIVERE!

Ripetere serve nella misura nella quale questo processo aggiunge consapevolezza a chi lo compie, non è quindi solo una questione meccanicistica, ma come si fa a sapere se stiamo utilizzando questo processo in modo utile o meno?

Molto semplice: distinguendo se la ripetizione ci arricchisce di consapevolezza, ci emancipa da chi ci mostra il modello da imitare... se - invece - la stiamo prendendo come "scusa per non crescere", ci troveremo pure dopo 10.000.000 ripetizioni ancora più dipendenti dal modello che ce ha suggerito il movimento da imitare!

L'Aikido talvolta ci libera, molte altre ci incatena... dipende cosa scegliamo che ci aiuti a fare...

Molti Maestri (pure di fama) "campano" SOLO sull'incapacità dei loro allievi di comprendere cosa si celi dentro ai loro movimenti... quindi essi avranno bisogno di continui nuovi modelli da imitare, continui dettagli sui quali essere corretti, continue sensazioni di non riuscire a colmare la distanza che li separa dai loro divini insegnanti!!!

In questo caso "repetita NON iuvant" mica tanto...

Un Maestro infatti può essere definito tale nella misura in cui ci rende più liberi di quanto eravamo prima di conoscerlo, non di cero il contrario!

Stiamo quindi "dentro" ai movimenti che facciamo, e non cerchiamo di farne tanti, quanto di farne di utili... questo almeno è quanto ci porta a pensare la nostra esperienza diretta.

E voi, cosa ne pensate?



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