lunedì 2 dicembre 2013

Aikido ed oncologia pediatrica: l'esperienza di Torino

Sovente ci interroghiamo sui limiti di applicazione della nostra disciplina... quelli che presenta, quelli che dovrebbe abbattere o mantenere...

Noi siamo sempre stati di ampie vedute e non abbiamo mai esagerato con i pregiudizi, ed a volte sembra di aver fatto bene!

È il caso del progetto della ONLUS Kids Kicking Cancer che da settembre è partito presso il reparto di oncologia pediatrica dell'Ospedale Infantile Regina Margherita, relativo al contributo e supporto ai piccoli pazienti tramite attività marziali in reparto.

L'Associazione Kids Kicking Cancer ONLUS, nata circa 10 anni fa negli Stati Uniti su iniziativa di Rabbi Elimelech Goldberg, professore di Pediatria alla Wayne State University School of Medicine opera dal 2011 anche in Italia, con l'obiettivo di portare le tecniche messe a punto negli Stati Uniti anche nel nostro Paese, a beneficio dei bambini ospitati negli ospedali.

La malattia di un bambino è un evento devastante per l'intera famiglia, che si trova ad affrontare qualcosa per cui non si è mai preparati: immaginiamoci cosa accade quando è il cancro ad invadere la quotidianità dei più piccoli...

K.K.C. offre alle famiglie e ai bambini uno strumento concreto per la gestione della malattia, tramite micro "lezioni" presso le strutture ospedaliere, operate da tecnici formati in puro spirito di volontariato.

La novità è che da settembre anche l'Aikido è entrato a far parte della rosa delle possibilità di intervento della K.K.C. Italia presso il Regina Margherita di Torino, a cura del Mº Marco Rubatto.

Questa Associazione prestigiosa americana, ed ora anche italiana, era stata creata e portata avanti soprattutto da Karateka, che avevano intuito anche l'immenso valore "terapeutico" ed umano delle discipline marziali in un ambito così delicatamente, ma intimamente legato al conflitto... come quello relativo alla MALATTIA.

La malattia è in ultima analisi una disarmonia, ed una condizione nella quale ci si trova a "combattere" contro una sorta di "nemico oscuro" che pare sia venuto a toglierci il benessere e la salute che tutti agogneremmo.

Questo discorso si amplifica notevolmente nel momento in cui i soggetti in gioco diventano i più piccoli e le loro famiglie.

L'Aikido si occupa appunto della trasformazione di un conflitto in una possibilità di confronto e crescita... quindi, ad honorem, ha saputo adattarsi ad una situazione nella quale si fa estremo appello a queste sue peculiarità.

Il percorso di Marco è iniziato a settembre, dopo essersi sottoposto ad una formazione, che è obbligatoria per tutti i volontari K.K.C., e fortunatamente anche grazie ad un'ampia esperienza decennale in campo professionale nel mondo socio-educativo territoriale (Servizi Sociali, settore Handicap mentale).

Ci sono stati affrancamenti nei quali è stato possibile studiare l'approccio migliore con i piccoli pazienti del Reparto di Oncologia pediatrica, al fine di proporre loro delle micro-esperienze di una quindicina di minuti di pratica marziale, ovviamente adattata ed alleggerita a secondo delle circostanze.

Le dinamiche utili a mobilitare la forza di volontà di un individuo, sia esso un Karateka, un Aikidoka un Judoka... sono esattamente le stesse: non mollare, imparare dall'esperienza... imparare dai segnali del proprio corpo.

Soprattutto, diremo, imparare a "riconnettersi" con esso... cosa che spesso viene impedita dalla malattia e dalla sofferenza che ne deriva.

La sofferenza molte volte fa chiudere le porte della sensibilità, proprio per evitare ulteriore dolore: è un meccanismo più che naturale di sopravvivenza, che va conosciuto e non combattuto.

È però altrettanto vero che NON risiede nella negazione di un'esperienza la possibilità di fare la differenza attraverso di essa, e questo è chiaro sia all'Aikido, che a K.K.C.!

I piccoli pazienti vengono quindi dolcemente avvicinati ad una mentalità nella quale una semplice attenzione al respiro può fare un'enorme differenza nelle loro giornate di ricovero... magari con flebo e catetere... se non a seguito di una chemioterapia...

La "lezione tipo" consiste nell'approcciarsi ai ragazzi facendo loro alcune proposte di lavoro semplici ed immediate: un Karateka può mostrare la dinamica con la quale si forma correttamente un pugno e come fare ad eseguire lentamente e correttamente uno tsuki, alle varie altezze...

... un Aikidoka, come nel caso di Marco, ha lavorato più sulla connessione mente-corpo, proponendo esercizi simili al "braccio che non si piega", o tramite semplici esercizi educativi sulla percezione del proprio equilibrio postulare.

Date le condizioni dei bimbi non ci sono presupposti adatti per ukemi, leve, o contatti stretti: molti di loro sono deboli, spesso collegati ad ingombranti macchinari, spesso allettati... ed hanno a malapena la forza di tenere gli occhi aperti.

Cosa fare in quelle situazioni?

1) non farsi prendere dal panico...

2) ricordarsi che se si vuole aiutare qualcuno, talvolta non è utile farsi prendere dalla compassione (... "patire-insieme")

3) far forza sul principio di adattabilità, dell'Aikido in questo caso, alla situazione contingente e quindi chiedersi: "in questa situazione COSA POSSIAMO FARE DI UTILE?"

... Se la domanda è fatta con profondità, le risposte non tardano mai ad arrivare!

I bimbi sono contenti di interagire con i "Martial Art Therapists" (è questo il nome che attribuisce ai volontari K.K.C.), magari dopo una prima diffidenza iniziale...

... perché con loro CI SI MUOVE (e il movimento è in sintonia con la VITA!), si sorride, si parla... si lavora INSIEME (e l'inclusività è nella stessa frequenza con l'integrazione delle esperienze!).

Quindi anche un piccolo gesto, un piccolo passo fuori dal un'atmosfera di pura tristezza e sofferenza... una cappa soffocante legata alle circostanze poco favorevoli, può voler dire veramente TANTO per questi coraggiosi piccoli Samurai!

Tra gli approcci utilizzati in reparto poi si fa spesso appello a pratiche di rilassamento, respirazione e visualizzazione... soprattutto quando i ragazzi sono allettati o impossibilitati a muoversi per via di presidi medici o di spossatezza legata alle cure alle quali si sottopongono.

In questo caso "l'allenamento" si sposta tutto nella mente: a seconda delle età, Marco ed alcuni suoi colleghi propongono meditazioni guidate che portano i piccoli ad esplorare alcune aree specifiche del loro vissuto: mediante un gioco è quindi possibile stabilire un canale comunicativo profondo anche con chi non riuscirebbe ad eseguire fisicamente alcun esercizio!

Stiamo percependo come questo utilizzo delle discipline che tanto amiamo si riveli sempre fuorvierò di sorprese positive e favorisca buoni incontri con bambini e genitori, che poi magari proseguono al di fuori del periodo di degenza nella Struttura Ospedaliera.

È segno che, ancora una volta, le Arti Marziali stanno cogliendo nel segno e mostrano la loro capacità di adattarsi ad un nobile ed attuale fine sociale.

I volontari sono poi i primi ad essere ripagati dai sorrisi e dagli occhi dei ragazzi che incontrano, che spesso riescono ad esprimersi pur non parlando italiano (l'Ospedale di cui parliamo è una struttura nella quale giungono pazienti soprattutto dall'America latina...).

Un'esperienza che consigliamo di provare e che è possibile contattare anche presso gli Ospedali di Roma (Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Policlinico Umberto I), Firenze (Ospedale Pediatrico Meyer), Pavia (Policlinico San Matteo), Pisa (Ospedale Santa Chiara), Palermo (ARNAS Civico Di Cristina)... ed a breve anche Napoli!

K.K.C. sta attualmente cercando nuovi Istruttori volontari: per saperne di più cliccate QUI!

Vi terremo informati di ogni evoluzione della nostra personale esperienza all'interno di questo importante ed utile progetto... congedandoci con lo slogan utilizzato all'inizio ed al termine di ogni intervento con i nostri piccoli guerrieri in corsia...

Power, Peace, Purpose!

1 commento:

Anonimo ha detto...

STUPENDAMENTE...STUPENDO. francesco reggio emilia