lunedì 3 giugno 2013

Un amore CIECO per l'Aikido... ovvero "che ikkyo fai se spengono la luce?"

Eccoci nuovamente, pronti ad ulteriori inedite esplorazioni... ed eventualmente esporci alle stizzite critiche degli Aiki-voyeuristi da Web!

Ci è venuto in mente che talvolta gli svantaggi possono essere ottime possibilità di ricerca, se vissuti nella prospettiva adatta...

Allora, benché - fortunatamente - nessuno di noi abbia alcun deficit visivo, ci siamo chiesti come si trasformerebbe la nostra pratica se all'improvviso ci ritrovassimo sprovvisti di una delle principali fonti di informazioni sulla realtà che ci circonda: gli OCCHI!

Come sarebbe il nostro Aikido, se qualcuno all'improvviso SPEGNESSE LA LUCE?!

Ci ritroveremmo in un mondo pressoché sconosciuto, dato l'enorme contributo che la vista offre continuamente in tutto ciò che esperiamo, dall'equilibrio corporeo in poi...


... anni ed anni ad affinare una tecnica, un angolo... e poi tutto potenzialmente in malora... inutilizzabile per la perdita di uno dei sensi ai quali ci aggrappiamo di più, specie in caso di un conflitto di carattere fisico!

Abbiamo iniziato a fare semplici ukemi nelle quali non avevamo alcun riferimento visivo: era complicato persino rialzarsi in piedi, nonostante il corpo lo ha già fatto qualche centinaia di migliaia di volte in automatismo.

Quindi abbiamo chiesto al nostro partner di venire ad afferrarci da qualsiasi angolazione ed in qualsiasi modo, cercando di conferire al suo "attacco" una direzione chiara mediante il punto di contatto della presa.

Gli abbiamo anche chiesto di accondiscendere al nostro movimento, qualora fossimo stati in grado di capire quale fosse la sua posizione relativa a noi - a capire da quale parte fosse girato - e ci fosse venuto da "amplificare" la direzione indicata dall'attacco stesso.

Quindi ci siamo rilassati profondamente in questo mondo di "tenebra", nel quale è difficile anche solo stare in piedi... e cercato di muoverci più spontaneamente possibile, non tanto con il fine di eseguire tecniche sul nostro uke, quanto di "giocare" con le posizioni e le sensazioni che di volta in volta si venivano a provare.

Il 98% del jiyu waza che ne è seguito ha teso a produrre risultati tutt'altro che marziali, anzi cose goffe alle quali sicuramente c'è un motivo per il quale O' Sensei non aveva sicuramente pensato!

Tuttavia...

... tuttavia, c'era quel 2% delle volte nel quale ci trovavamo semplicemente per caso "nel luogo giusto al momento giusto" e ne conseguiva un'interazione inaspettata, in grado di far cadere senza sforzo l'attaccante, senza che forse fossimo riusciti nemmeno a capire con quale mano ci stesse afferrando!

E saranno anche solo stati il 2% dei movimenti liberi, ma che piacere durante quegli attimi!

Allora l'esplorazione è proseguita con qualcosa al limite dell'umana credibilità...

... chiedendo all'attaccante di farci arrivare fendenti e tsuki bullet time, ossia al rallentatore, unito ad un'emissione sonora del respiro, tipo kiai, che "sottolineasse" in qualche modo l'intensità e la direzione della sua azione.

In questo modo le informazioni che siamo stati in grado di avere dell'attacco, da bendati e senza prese di alcun tipo sul vestiario, si sono ridotte ulteriormente.

Il nostro scopo però non era tanto quello di rivisitare le prodezze cinematografiche d'autore tipo "Furia Cieca" o "Zatoichi"



... cioè non è che ci siamo messi ad allenarci così, nella credenza che ciò che stavamo facendo fosse  in qualche modo collegato ad una marzialità diretta ed esplicita, SIA CHIARO!





Non ci siamo insomma "cecati" per poter andare nelle zone malfamate della città a vantare di essere capaci a schivare un fendente ad occhi chiusi: l'esperimento aveva ben altri fini...

Occhio: il nostro goal era un bel po' diverso!

In realtà ci interessava capire cosa accade quando la nostra mappa sensoriale viene stravolta e se fosse possibile creare un movimento apparentemente random in grado di "tenere conto" di una realtà che può essere quasi esclusivamente inconscia e/o interiore.

Noi solitamente basiamo la maggioranza della nostra percezione spazio temporale sulla vista, ed in seconda battuta sull'udito... ed in questo caso ci siamo privati completamente della prima ed abbiamo messo musica a medio volume nel Dojo per confondere o perlomeno disturbare il secondo.

Quello che è successo è stato però molto interessante: se tutti seguivano le regole dell'esperimento (soprattutto uke, che ci vedeva benissimo ed avrebbe potuto sottrarsi a quanto avveniva tutte le volte che gli sarebbe piaciuto!) si veniva a creare un campo di
PERCEZIONE ALLARGATA, nel quale l'intuizione suppliva in parte alle mancate informazioni dei sensi tarpati...

... era come "non so perché mi muovo così... in quella direzione... ma mi viene da muovermi di là e seguo l'intuizione"... che si mostrava in una percentuale non trascurabile delle volte però anche quella più consona ad una visuale esterna dell'interazione fra tori bendato ed il suo compagno!

Non è poi qualcosa di strano se pensiamo ad esempio quanto i portatori di handicap sensoriale sviluppino o acuiscano solitamente percezioni alternative e complementari a quelle non disponibili.

Anche la natura - più in generale - fa lo stesso e lo squalo riesce a nuotare ed orientarsi pur essendo quasi del tutto cieco, ed il pipistrello riesce perfino a volare senza problemi nelle stesse condizioni!

Non è quindi la quantità di informazioni che riusciamo ad incamerare che fa da fulcro al processo di risolvere i nostri problemi, quanto alla qualità ed alla profondità di "ascolto" di quelle informazioni.

Se viviamo cioè in un campo armonico, non dobbiamo tentare di ricrearlo forzatamente di volta in volta quando una conflittualità si affaccia all'orizzonte, ma dobbiamo solo PERMETTERE che esso continui a manifestarsi ATTRAVERSO ciò che facciamo... anche se non abbiamo un'idea razionale di ciò che facciamo o di ciò che avviene intorno a noi.

Guardate infatti questo filmato!



Ciò che vorremmo essere riusciti a mettere in evidenza è come talvolta la "tecnica" è parsa realizzarsi spontaneamente, anche se né il tori bendato, né l'uke avessero avuto una idea del risultato della loro interazione.

Certo, molte volte i movimenti ci sono apparsi dal tatami piuttosto goffi e mal orchestrati, ma dal nostro punto di vista privilegiato (poiché presente sul campo in presa diretta e coinvolto nell'esperienza personale) ci siamo accorti di quanto - talvolta - il musubi (la capacità di "legarsi all'azione"), l'awase (l'armonizzazione) ed il takemusu Aiki (la creatività spontanea) si implementassero in proporzione di quanto fossimo in "ascolto" libero e non giudicante - sia del nostro operato, sia di quello altrui -.

Un momento nel quale ESSERE era prioritario rispetto al FARE... ed in cui il movimento generato potesse essere più libera espressione di un sentire profondo che di altro!

Non sappiamo se con il video siamo riusciti a rendere l'idea di ciò... di quanto "l'amore" per le proprie passioni renda incredibilmente potenti le proprie intuizioni e sia spesso in grado di risolvere problemi dei quali ignoriamo razionalmente la complessità (ma anche la posizione e la velocità di manifestazione!).

A noi è sembrato così, e quindi ci è sembrato di toccare un momento alto dell'Aikido... non fosse altro che per l'insegnamento profondo che l'esperienza ha dato a ciascuno di noi... ossia QUANTE COSE normalmente NON SIAMO IN GRADO DI PERCEPIRE E FARE se tentiamo di tenere continuamente sotto controllo la realtà che ci circonda... 

... se proviamo a "difenderci" (che per noi suona come "disconnetterci") da essa, anziché provare a viverla al meglio... in modo ispirato ed aperto, certi di correre un rischio - è vero -, ma sempre minore di  quello che correremmo non facendo così!

La crisi oggi c'è - è oggettivo -, ma se soggettivamente ci facessimo maggiormente trasportare da ciò che sentiamo profondamente, non abbiamo dubbi che - come in un randori al buio - ogni tanto qualche bella tecnica potrebbe addirittura FIORIRE GRATUITAMENTE ed in modo inaspettato!

Non è forse di amore cieco ed incondizionato che ogni tanto c'è bisogno?

Diteci liberamente cosa ne pensate, e grazie!

3 commenti:

Stefano ha detto...

Ciao! Nella nostra scuola la verifica ad occhi chiusi è una piacevole pratica acquisita da anni che ci ha portato a sentire e vedere con il corpo piuttosto che affidarci a ciò che appare con lo sguardo. Risultati notevoli sul piano della sensibilità e della percezione.
Buon Aikido
Stefano Mazzilli
www.aikidohikaridojo.org

Angelo Armano ha detto...

"Se viviamo in un campo armonico non dobbiamo tentare di ricrearlo forzatamente di volta in volta quando una conflittualità si affaccia all'orizzonte..."
Condivido, Marco, l'esperienza vi ha fatto toccare un momento alto, che coinvolge la domamda fondamentale sull'identità dell'Aikido, sul senso e sullo scopo da conferire alla pratica. Dette questioni sono normalmente respinte o mal sopportate, in quanto preferiamo rimanere "ciechi" di fronte alla totale inconsapevolezza con cui non solo facciamo Aikido, ma viviamo.
Noi siamo completamente immersi in una logica disgiuntiva che contrappone le cose, al fine di "conoscerle" scientificamente: Il gesto del conoscere (diverso dal com-prendere) come presupposto della conflittualità, alla quale poi vorremmo porre rimedio, anche con l'Aikido. Da qui il paradosso che possa essere meglio da "ciechi effettivi".
"Come diventare consci di una realtà che sfugge al controllo e ai sensi?"
Ecco la chiave di volta: quale strumento utilizziamo per orientarci nel reale (interno ed esterno), anche al fine di quell'armonia che sembra premerci tanto, visto che siamo aikidoisti?
E' un problema di coscienza!
Quale stile di coscienza utilizziamo, storicamente, utilitaristicamente, eticamente...?
Il vostro esperimento è sulla strada di Osensei quando in un suo kuden parla di "...noto e ignoto in uno".
"E' possibile sviluppare un altro punto di vista?"
Più che possibile dovrebbe essere indifferibile.
In corso di pubblicazione sul prossimo numero della rivista trimestrale "I Dioscuri" un mio piccolo essay dal titolo:
"L'Aikido di Morihei Ueshiba e la Coscienza Dionisiaca" che interagisce significativamente con questi spunti che proponi.
Dovremmo organizzare qualcosa che faccia da catalizzatore alla riflessione su questi temi.

Shurendo ha detto...

Grazie Angelo san,
concordo su tutta la linea... e mi sto già muovendo nella direzione di rendere ulteriormente "visibile" e fruibile dagli allievi la dimensione "dell'essere" dell'Aikido, in integrazione a quella del "fare" Aikido...

Ho già in mente di organizzare alcuni eventi specifici che consentano di esplorare questa dimensione della pratica, e credo che a novembre sarò a Napoli proprio per uno di questi, occasione magari per incontrarci e discuterne di persona.

Nel frattempo grazie per il tuo contributo e buon tutto!

Marco