lunedì 6 maggio 2013

Il significato di praticare un Kata in Aikido

In Aikido studiamo "le forme"... una serie di esercizi eseguiti singolarmente e/o in coppia.

Fiumi di parole ed inchiostro sono stati scritti per ribadire che ciò che facciamo con le armi è completamente analogo a quanto pratichiamo nel tai jutsu (esercizi a mani nude).

Nell'Aiki-jo, ad esempio, abbiamo alcuni kata: perché dovrebbe essere così importante studiarli e ripetere sempre gli stessi movimenti per anni?

Un kata è costituito da una serie di posture prestabilite e codificate in modo tale da poter veicolare un messaggio significativo a coloro che lo praticano.

Ma perché un movimento è stato concepito in un modo anziché in un altro?

Un kata può anche essere definito come un "combattimento contro un avversario immaginario", che deve rispettare certe caratteristiche...

In una forma prestabilita, tutto ciò che riguarda il cerimoniale è fondamentale: una sorta di distillato di significativi "non detti" di cui un praticante può giovare solo se ne è conscio.

Il punto d'inizio e quello terminale della sequenza solitamente dovrebbero coincidere... e questo non vale solo per l'Aikido, ma per qualsiasi altra Arte Marziale che utilizzi sequenze preordinate di movimenti nell'allenamento (Judo, Karate, Wu Shu...).

Rispetto a quanto il praticante riesce a mantenere fede ad alcuni "punti fissi", si può valutare - lui stesso può valutare - la consapevolezza e padronanza di ciò che esegue: la sua percezione dello spazio, il senso del ritmo e dell'energia che impiega per muoversi.

Nel nostro universo, spazio, tempo ed energia solo le uniche grandezze cosiddette "virtuali" (non nel senso che non esistono!!!), cioè modificabili... alle quali vengono legate - in qualche modo che la scienza ufficiale non ha ancora chiarito - la coscienza, consapevolezza e percezione di esse (per nulla sinonime fra loro): ne segue che la pratica di un kata mobilita tutto quanto è necessario per lo studio della realtà che ci circonda, poiché coinvolge tutte le grandezze presenti per definirla.

La ritualità legata alla ripetitività poi fa da chiave di volta a questo processo.
Da ciò si deduce che ogni kata è uno strumento di "auto-perfezione": praticarlo per migliaia di volte, per anni ed anni offre la possibilità di conoscere sempre meglio i propri movimenti, gli stati mentali ad essi collegati... ed, in ultima analisi, se stessi.

Ma esiste anche una possibilità molto poco esplorata, ossia quella di applicare ciascun movimento in presenza di un partner in carne ed ossa, che interpreta la parte dell'"avversario-ombra" al quale il kata si rivolge.

Certo, questo richiede di conoscere una sorta di "contro-kata" che ha lo stesso numero di movimenti e che rende visibili i "perché" della forma che stiamo studiando.

Per rendere comprensibile questo discorso, riferiamoci ad un famoso kata di jo, utilizzato in molte Scuole di Aikido: 31 no jo kata, ossia la forma composta da 31 movimenti distinti (dal minuto 2:20 nel video che segue).




Questo kata è stato codificato da Morihiro Saito Sensei, ma studiato e praticato per anni dallo stesso Fondatore, che tendeva a farne continue modifiche e varianti.

Il kata che è giunta ai nostri giorni è una sorta di "cristallizzazione" di una forma particolarmente stabile della sequenza, che storicamente oscillò all'incirca dai 25 ai 35 movimenti.

Essa è uno degli esercizi più lunghi e complessi di Aiki-jo, che nasconde al suo interno innumerevoli tesori.

Innanzi tutto quando un allievo affronta per le prime volte l'esecuzione di un simile kata, rivolge tutta la sua attenzione a ricordare nell'ordine giusto la sequenza dei movimenti: "prima c'è questo affondo, poi quell'altra parata"... e così via.

Quando "ce l'ha tutto in mente" (cosa che noi al Dojo chiamiamo scherzosamente "fase dell'appiccicamento del post-it"!), già crede di avere "imparato il kata"... ma questo non è che il primo livello dell'apprendimento!

Di seguito sarebbe bene utilizzare ogni risorsa per perfezionare la precisione di ogni movimento e postura... analizzare i dettagli cioè: si aprirà un universo di particolari che appariranno visibili solo che la sequenza generale sarà stata impostata e conosciuta.

Poi avviene il momento di considerare ogni movimento come se fosse l'ultimo, o l'unico: di ogni combattimento non è dato sapere la durata o la provenienza dei colpi dell'avversario.

Così un kata di 31 movimenti non può che essere composto da colpi e parate che dovrebbero avere in sé TUTTE la dignità e l'enfasi dell'ultimo movimento di un combattimento reale, cioè da quello dal quale dipende la nostra vita o morte.

Ecco quindi un primo paradosso: siamo all'interno di una sequenza codificata, che dobbiamo realizzare dalla A alla Z, ma dobbiamo conferire a ciascuna delle lettere un'importanza assoluta, anziché relativa!

Spesso osserviamo ad Aikidoka che eseguono un kata di jo come se fossero alla recita di fine anno delle scuole elementari, con quell'espressione in volto come a chiedere al proprio Maestro: "sono andato bene?"!
Anche il tono delle emissioni sonore, nel caso in cui si conti ad alta voce o si faccia il kiai, spesso è cantilenante...

Non pratichiamo un kata solo perché la nostra forma - cinetica e sonora - sia ritenuta "buona" solo dall'esterno, quanto perché attraverso ad essa si possa crescere e migliorare in continuazione, grazie ad una "pratica-specchio": se fossimo in gara, saremmo anche i giudici... ecco un secondo paradosso!

Per fare questo arriva quindi il momento di studiare molto bene la ragione di ogni movimento e della propria concatenazione con il successivo ed il precedente.

Si chiede quindi l'aiuto di un compagno che ci aiuti ad impersonare "l'avversario ombra", affinché attraverso questa pratica di coppia si capisca ulteriormente bene la forma che eseguiamo in modo solitario.

Ecco un esempio di questa connessione fra la forma "solo practice" e la pratica di coppia di 31 no jo kata, secondo la didattica della Scuola di Iwama: siamo andati al parco qualche week end fa e ci siamo filmati!



[ci perdoneranno i più tradizionalisti: non abbiamo seguito del tutto la didattica tradizionale nel video, poiché esso è rivolto a praticanti di ogni Scuola e stile di Aikido, quindi risultava prioritario che venisse compreso ciò che stavamo facendo e come le varie sequenze permettano di giungere ad "un'unica sequenza" di 31 movimenti]

Questa pratica di coppia crea un kumi jo, ossia un "combattimento" (il kanji "kumi" indica proprio l'incrociarsi di due oggetti destinati a duellare fra loro) che ha la caratteristica di non essere "unidirezionale", ossia entrambe le parti coinvolte si ingaggiano in attacchi e risposte continue e vicendevoli...

... tali che il movimento di uno modifica e decide - in qualche modo - l'atteggiamento ed il movimento dell'altro.

In questa fase dell'allenamento, è fondamentale aver consolidato il concetto di "awase", ossia di azione simultanea al proprio partner... poiché le sue posture determineranno apertura da poter utilizzare per un nostro attacco, o necessità di proteggerci dagli attacchi che ci ferrerà a sua volta.

Terzo paradosso: i kata appaiono una pratica "di base", ma il loro studio approfondito poggia le sue basi su elementi parecchio avanzati di buki waza... quindi ancora una volta "la mansarda" (e alte vette) dell'Aikido e "la tavernetta" (le basi) sembrano più legate di quanto vorrebbero farci credere molti Sensei "amministratori di condominio"!

Un kumi jo è caratterizzato dal "pathos" che si avrebbe durante un combattimento vero, a causa proprio del fatto che non si sa quale sarà la prossima azione del nostro avversario: il primo che sbaglia muore o comunque viene ferito!

Ora dovremmo essere in grado di eseguire il kata da soli ma continuando a visualizzare dinnanzi a noi i movimenti del nostro "avversario-ombra", e lasciare che ciò generi in noi le stesse EMOZIONI... che si provano in un vero combattimento... specie dopo che egli è stato fisicamente presente nei nostri allenamenti, e ci ha mostrato l'utilità e la ragione del nostro agire!

Si vede subito se chi pratica mulina le braccia senza sapere perché lo fa... o se invece ce l'ha chiaro!

Esistono differenze fra l'esecuzione di una forma "in solitaria" ed "in coppia", lo vedete nel filmato precedente: il movimento 10 ed il movimento 27, ad esempio, sono profondamente differenti in questi due contesti...

Quello che conta, tuttavia ed al di là di queste eccezioni, è la capacità di VIVERE il kata in modo attivo e completo, cioè sia a livello fisico, che mentale ed emotivo: per fare questo, risulta particolarmente importante alternare l'allenamento solitario con quello di coppia.

Alla fine, dovrebbe addirittura essere possibile per chi ci guarda eseguire un kata poter intuire i movimenti dell'avversario-ombra osservando i nostri: intuire cioè che esiste un legame fra ciò che si vede ed una dimensione più sottile, comunque presente ed avvertibile da chi ha un'adeguata preparazione per farlo.

Quarto paradosso: una pratica solitaria che prevede quella di coppia come strumento indispensabile per l'approfondimento e la ridefinizione di se stessa: in Aikido è come se fossimo soli anche quando siamo in coppia, ed in coppia anche quando siamo soli!

A questo punto lo studio di una forma entra nel vivo del suo essere: la conosciamo fisicamente - nei dettagli , a livello mentale ed emotivo... e quindi ad ogni ripetizione, in qualche modo, INTERPRETIAMO il kata, più che eseguirlo in modo pedissequo!

Qui inizia lo studio, esattamente come un stimato attore inizia ad essere tale solo dopo avere avuto la possibilità di recitare in molti ruoli importanti.

A questo punto infatti, la cosa più importante non consiste "nell'imitare", ma nell'interpretare attraverso un modello prestabilito e comune:anche la musica di Mozart rimane sempre la stessa, ma amiamo vedere ogni abile musicista quanto di sé riuscirà ad esprimere attraverso di essa!

Non dissimilmente avviene per i kata... e poi forse lo studio continua ancora molto, ma per ora non possiamo parlare di ciò di cui non abbiamo esperienza diretta: per questo la ripetizione continua di ciò che crediamo già di conoscere così bene continua a risultare ancora così viva ed interessante.

Chissà in quali luoghi "magici" ed inediti sarà in grado di farci "visitare" in futuro!

Non esiste - crediamo, almeno - un livello di profondità ultimo che non possa essere ulteriormente approfondito nello studio delle forme: più le si pratica e più esse rivelano i loro tesori più nascosti!

Buona ripetizione INTELLIGENTE a tutti, qualunque forma utilizziate nelle vostre pratiche!

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