lunedì 25 febbraio 2013

Aikido & Handicap: cronaca di un'esperienza personale

Per ragioni piuttosto personali, ho aspettato molto tempo prima di pubblicare questa mia esperienza, ma ora è maturo il tempo.

In questo periodo di ricerca e definizione comune di cosa l'Aikido sia, possa o debba essere, ecco che un viaggio "nell'Aikido strano" non può infatti che far riflettere la nostra comunità sulle innumerevoli possibilità e rischi di buchi nell'acqua di questa straordinaria disciplina.

Prima di scegliere di abbracciare la pratica e l'insegnamento quotidiano, per quasi un decennio ho lavorato in un Centro Attività Diurne per disabili mentali medio-gravi, gestito da una Cooperativa Sociale torinese.

Questo luogo era ed è frequentato ogni giorno da circa 25 portatori di handicap mentale: per chi non sa di cosa si parli, brevemente rimandiamo che si tratta di persone alle quali è stato diagnosticata sin dalla nascita un deficit cognitivo, causato da patologie più o meno note.

Ci sono ragazzi e ragazze down, persone autistiche... ed altre alle quali non è stato possibile "dare un nome" certo o univoco alla loro problematica, o ancora, che sembrano essere interessati da problematiche miste, che includono turbe comportamentali... talvolta sconfinando nel campo della psichiatria.

Chi sono queste persone?

Chiunque non "del settore" normalmente pensa probabilmente trattarsi di "gente da evitare", se per caso incrociati un un autobus, per la strada o in parrocchia... perché si comportano "stranamente" e risultano "imprevedibili".

"Sono dei poveretti, dei quali nutrire spontanea compassione": niente di più falso, siamo noi talvolta i poveretti, e loro sono i RICCHI!

Sono di gran lunga le persone migliori che io abbia mai incontrato in vita mia, e per quanto a volte non sia stato semplice rapportarsi con loro, sono sicuramente coloro che mi hanno creato meno problemi personali seri!

Vado molto più d'accordo con gli handicappati, che con i cosiddetti "normodotati"... forse perché mi riconosco molto di più tra le fila dei primi e sempre se questa distinzione avesse effettivamente una ragione di essere.

Secondo me no: l'handicap o non esiste, o siamo tutti handicappati... con la differenza che loro almeno lo sanno, mentre molti di "noi" NO!

Al loro fianco, per circa otto anni, ho lavorato per supportarli nella gestione di un piccolo supermercato CRAI family aperto al pubblico... fino a quando ciò è stato possibile;

già da qualche anno infatti i Servizi Sociali stanno messi così male a fondi, che i vecchi "Centri di Lavoro Guidato", sono stati chiusi e trasformati in "Centri Attività Diurne", che in modo esplicito sono spesso luoghi di "badanza", nei quali è importante in qualche modo "riempire le giornate di queste persone", non importa come o con che utilità per essi... l'importante è che siano chiusi dentro una struttura a non dare noia, agli educatori, ai parenti, alla società...

Loro sono "minorati", nel senso che "hanno un pezzo in meno" (dicono i normodotati che pensano di "avercene uno in più"), quindi non guidano, spesso sono interdetti per la legge, quindi non possono amministrare il loro danaro, sposarsi, avere figli, votare... fare scelte veramente autonome, senza che qualche famigliare, tutore o amministratore di sostegno suggerisca ed attui cosa "è veramente bene" per loro.

Già solo per sopportare una vita così, devono essere indubbiamente molto più forti e pazienti di noi, poiché non c'è nulla di peggio che la svalutazione continua di "non essere considerati sufficiente a/per"!

Bene, in ogni caso quando ho smesso di lavorare in quella Cooperativa per dedicarmi all'Aikido, tutti gli Utenti sapevano del mio percorso marziale... e per mantenerci in contatto si era ipotizzato con loro e le loro educatrici di iniziare un percorso comune proprio con l'Aikido.

Questo "laboratorio" dura ormai da TRE ANNI, avendo insegnato a me sicuramente almeno quanto io sia riuscito ad insegnare a loro...

Abbiamo trovato un Dojo nelle vicinanze e calendariato una serie di incontri settimanali da ottobre a giugno: si è subito pensato ad un "Aikido adattato", sfruttando la carta preziosa che io conoscevo già molto bene i miei futuri allievi, le loro caratteristiche fisiche e personali... e loro conoscevano già me e si fidavano.

Un portatore di handicap mentale, tranne casi sporadici, è una persona che non presenta particolari deficit fisici o difficoltà nel movimento, se non per il fatto che è di fatto un bambino adolescente imprigionato nel corpo di un adulto... e per giunta di un adulto che ha passato molto del suo tempo seduto a guardare la TV (così stava bravo e non rompeva a nessuno...) o a leggere e rileggere lo stesso libro/giornale, diventato forse una sorta di mantra, da ripetere per non sentirsi solo o per scacciare la noia.

Prendete quindi un quarantenne notevolmente sedentario da sempre, che tende a comprendere ciò che gli si dice solo se ci si esprime in modo molto semplice ed intuitivo, e portatelo su un tatami... quindi definite cosa può o non può essere l'Aikido da praticare con lui.

Non è stato facile, ma la nostra disciplina prende la forma del recipiente nel quale si opera... ci son volute circa 6 lezioni per far comprendere lontanamente il concetto di saluto sul tatami, e molte di queste difficoltà permangono tutt'oggi.

Quindi non è possibile fare Aikido con loro?
Niente affatto, solo è necessario ri-definire in continuazione cosa si crede che l'Aikido sia...

Se pensiamo che si tratti SOLO di movimento fisico, di tecniche e di angoli corretti faremo un buco nell'acqua: queste persone sono digiune da una passeggiata, figuriamoci dal muoversi nel Dojo... poi per questione prettamente economiche, ciascuno degli Utenti pratica circa solo un paio d'ore al mese, essendoci divisi in gruppi di 6/7 persone, che ruotano di settimana in settimana.

E' poco, troppo poco per impostare qualsiasi discorso di tipo tecnico.

Inoltre da Koichi Tohei in poi, sappiamo bene che è la mente a muovere il corpo, ma quello è anche il punto "debole" del disabile intellettivo... quindi è ovvio che le cose devono essere impostate in modo tutt'altro che tradizionale.

Ecco come è fatta l'impostazione della "lezione tipo" di un'ora e mezza:

- si sale sul tatami e ci si mette in cerchio;

- dopo un minuto circa di silenzio utilizziamo quello spazio come un momento riservato alle comunicazioni fra le diverse persone partecipanti alla lezione; un'educatrice degli Utenti è sempre presente con noi;

- si inizia con il saluto, piuttosto tradizionale, stile Iwama con 2 battiti di mano;

- imposto un leggero lavoro di Aiki-taiso che dura circa 35/40 minuti, con movimenti molto dolci ed in parte presi a prestito dallo Yoga. Si noti che le strutture fisiche degli Utenti sono mediamente paragonabili a quelle di un sessantenne sedentario, benché spesso essi siano molto più giovani, del tutto inabituati al movimento;

- passiamo al lavoro di coppia, che consiste più che altro in esercizi di percezione reciproca, propedeutici alle ukemi e blandissime forma di sbilanciamento, mirate a far accettare questa condizione dell'equilibrio corporeo e al fine di far esperire la differenza con la sensazione di centratura e radicamento;

- torniamo a sederci tutti in gruppo, occasione nella quale ciascuno può rimandare "a caldo" le eventuali sensazioni seguenti la lezione, e comprendenti entusiasmi e difficoltà provati, sia nei confronti degli esercizi proposti... che dei compagni di pratica e dell'Insegnante;

- saluto finale, identico a quello iniziale e ci si vede la settimana successiva, con un nuovo gruppo di Utenti.

Durante il keiko, provvedo a diffondere un'atmosfera musicale leggera, con musica rilassante.

A seconda dei gruppi di utenza, siamo riusciti ad impostare un lavoro reciproco di diverso livello e complessità.

C'è chi necessita di stare maggiormente a lavorare sulle consegne e sul movimento "in solitaria" (tipo Aiki-taiso per tutta la lezione) e c'è chi inizia ad apprezzare molto la possibilità di condividere l'esperienza del lavoro di coppia con diversi compagni.

Gli esercizi più utilizzati sono quelli che richiedono lo sviluppo del senso di connessione con il compagno, ad esempio "lui arriva ed io mi tolgo dalla sua traiettoria, non troppo presto, non troppo tardi", oppure schivare con il corpo la traiettoria di un bastone di legno (più sottile, corto e leggero del jo) mosso a bullet time...

... o ancora educativi che educhino al rilassamento al momento della semplice caduta all'indietro sulla schiena (niente zempo kaiten ukemi per adesso, non ci siamo ancora arrivati!).

I momenti critici e le difficoltà oramai sono molto ben delineate:

- difficoltà di comprensione delle consegne date dall'Insegnante al gruppo;

- fraintendimento delle intenzioni/movenze di un compagno che genera tensione all'interno di una coppia durante il lavoro a due;

- paura, spesso assolutamente esagerata, di farsi male... o, all'opposto, notevole irresponsabilità di compiere gesti ai quali non si è pronti, con conseguenze che sarebbe meglio evitare;

- tendenza a incapacitarsi dei propri insuccessi e inabitudine ad utilizzarli come rampe di lancio verso una miglioria futura;

- paura pressoché totale della perdita di equilibrio, che è stata descritta dai COSIDDETTI normodotati come una situazione da evitare, con conseguente irrigidimento mentale e fisico verso la possibilità di modificazione inaspettata del proprio baricentro;

- difficoltà di tenuta dell'attenzione, specie nei soggetti autistici, che tendono a sostituire il "dialogo interiore" con l'interazione con il mondo che li circonda;

Ma su ciascuna di queste cose, da tre anni, ci stiamo lavorando su... ed i primi risultati NON HANNO TARDATO A GIUNGERE sin da subito.

E sapete perché?

Credo perché non è possibile desiderare allievi migliori di loro per un Insegnante: persone tenaci, desiderose di migliorare (benché non abbiano l'idea di come fare), il cui impegno - nonostante possa essere disturbato da una patologia - è pressoché totale.

Nella norma la dedizione alla pratica di un corso normale per adulti non è che una frazione di quella che vedo settimanalmente incarnare in questo corso un po' speciale.

E' come se rimandassero: "Pochi hanno creduto veramente in me, nella mia capacità di crescita ed evoluzione... ora che ho trovato chi lo fa sul serio e tiene veramente a che ciò avvenga, merita il meglio, costi quel che costi".

E fra l'altro ciascuno di questi utenti cerca di "tirare fuori il sangue dalle rape" durante il tempo di pratica, proprio perché sanno che questo è poco e che dovranno attendere quasi un mese per averlo nuovamente per sé!

Niente efficacia, niente sermoni sulla spiritualità, niente tecniche a tonnellate, ma ammazza quanto Aikido che vedo fare, e da chi si sarebbe detto in grado di fare poco o nulla!

Allora cos'è l'Aikido?!

E' quello che riesco a fare con questa gente, è quel poco/tanto che loro riescono a fare fra loro su un tatami: è uno strumento sicuramente, attraverso il quale queste persone riescono ad avere un po' meno paura di scendere le scale, meno timore di sfiorare con la manica della giacca qualcuno su un bus...

... riescono conoscere un po' di più chi sono e cosa vogliono, quindi quali strumenti ci sono a disposizione per attuare le loro volontà su un piano molto pratico.

Un imparare a dire qualche "NO", a volte... o qualche "SI", ma perché è quello che pensano e credono nel profondo, non perché la nostra società "sotterratrice" sostiene che sia ciò che sarebbe bene sentire, o ciò che vorrebbe un famigliare, un tutore o un'educatore.

Un corpo non mente mai, se mosso da una mente - comunque essa sia considerata (normodotata/disabile) -
e quindi il movimento corporeo ed il confronto corporeo con gli altri mettono in evidenza una marea di dettagli fondamentali del nostro modo di essere, di nasconderci e di volerci ri-scoprire.

E questo vale per tutti, con buona pace per i normodotati!

Quindi... la capacità di adattare il proprio equilibrio alle circostanze del momento pian piano si sviluppa, l'attenzione impara ad essere incrementata e mantenuta come mai prima... la sensibilità tattile prende una sua forma e fa sempre meno paura.

Ai nostri giorni tendiamo a voler dare un nome a tutto e spesso questo ci porta veramente fuori strada: gli "autistici" in questo caso, sembrano meno "autistici"... benché per la medicina ufficiale si tratti di una patologia dalla quale non si può "guarire".

Non guariranno forse, ma avranno imparato come conviverci meglio: non è forse questo un risultato apprezzabile?
Questa è la stessa definizione di salute data dall'Organizzazione Mondiale della Sanità!


"Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di 
malattia o di infermità." (OMS, 1948)


I ragazzi down, anche detti volgarmente "mongoli" per i loro tratti somatici orientali, sembrano nati per le Arti Marziali: sono tenaci mentalmente, ma fisicamente molto sciolti a livello articolare... hanno una spiccata propensione per l'armonizzazione fisica, sono "avvolgenti" e morbidi!

Tutto fa pensare che l'Aikido abbia ancora molto da dare a queste persone, poiché la loro interazione con esso è stata sin ora un escalation di migliorie e porte che si aprono...

Certo, sarebbe stato lo stesso forse se avessimo proposto loro Yoga o ginnastica dolce: facciamo Aikido però e funziona, quindi dobbiamo nuovamente ridefinire di cosa si tratti per conferire a questa parola un senso adatto al contesto, rispetto a cosa siamo soliti attribuirle...

...cosa che però interessa solo a noi NORMODOTATI, poiché i portatori di handicap forse sono troppo avanti per perdere ulteriore tempo con questa caccia alla definizione perfetta!

[Marco Rubatto]

PS: la mancanza di foto e video di questo Post direttamente legate all'esperienza raccontata è dovuta a questioni legate alla privacy della stessa ed alla difficoltà di raccogliere facilmente tutti i permessi necessari per la pubblicazione on-line.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Questa cosa e' semplicemente fantastica! penso che sia meglio di aprire un normale corso per bambini.complimenti.