lunedì 16 aprile 2012

Aikido ed evoluzione: un discusso binomio

Lima De Faria, famoso citogenetista internazionale, così si esprime sulla Teoria di Darwin:

“Il darwinismo e il neo-darwinismo sono le interpretazioni prevalenti dell’evoluzione.
E’ vero che entrambi hanno contribuito a una migliore comprensione di molte aree attinenti a tale fenomeno, tuttavia, né l’uno né l’altro sono stati capaci di chiarificarne il meccanismo e al momento, come ai tempi di Darwin, esso resta ancora da scoprire.

Sia chiaro fin dall’inizio: "selezione" è una parola che deve essere rimossa dal vocabolario della biologia se ci si vuole sforzare sul serio di comprendere come funziona l’evoluzione. 
Tutti sanno che la selezione esiste e i più credono che in essa consista il meccanismo evolutivo; essa naturalmente esiste ma non ha nulla a che fare con l’evoluzione".

Queste parole ci hanno molto fatto pensare all'Aikido, benché provvengano da un'area molto differente dello scibile umano.

Molto si è infatti detto in merito alla congruenza più o meno accesa fra tradizione ed evoluzione, nello specifico a riguardo dell'Arte che pratichiamo, che affonda in radici storico-cuturali molto forti, ma che si è presentata al mondo anche come una disciplina nuova, che ancora oggi fa fatica ad essere connotata e definita in modo univoco.

L'Aikido non è uno sport, anche se qui in Italia (ed altrove) lo trattiamo come se lo fosse.


Non è solamente un'Arte Marziale, anche se è dall'ambito maziale che essa proviene.

Non è esclusivamente una disciplina relazionale e salutistica, benché ne possegga molte delle caratteristiche...


L'Aikido è qualcosa che evolve o è fisso nel tempo ed è necessario pian piano riscoprire?

Alcuni diventano paonazzi nel sentir dire che si potrebbe trattare di una disciplina evolutiva, quindi anche solo per questo è interessante e divertente indagare in merito!


Morihei Ueshiba ha mai parlato esplicitamente di Aikido in questi termini?
Non ci risulta...


E' questo sinonimo che egli non considerasse l'Aikido un'Arte capace di evolvere?
Non è poi così scontato, ovviamente.


Bisogna innanzi tutto chiederci cosa si intenda per EVOLUZIONE... proprio perché è sufficiente un intervento come quello sopra menzionato per cambiarne/travolgerne un significato più che mai consolidato.
E se si stravolge il suo significato, allora cambia anche il contesto delle parole con le quali si associa questo termine!


EVOLVERE = "trasformazione/cambiamento nel tempo": questa è la definizione più attendibile e generica che siamo riusciti a trovare.

Solitamente si conferisce a questo termine un attributo "positivo", simile a "miglioramento"... o qualcosa del genere, ma questo è errato, in quanto tale concetto non rientra di diritto nel significato della parola.

Noi esseri umani viviamo il tempo come qualcosa di progressivo che ci conduce dall'oggi al domani, senza possibilità di invertire questo processo, quindi attribuiamo al termine "evoluzione" la positività... analoga alla negatività che conferiamo ad "involuzione"... qualcosa che ci riporta verso un passato nel quale siamo già stati, dal quale proveniamo, nel quale non c'è novità.

Ma se la società attuale sia più o meno positiva di quella del passato non sapremmo certo dire con certezza. Sicuramente è cambiata, eliminando molte mancanze e problematiche, ma creandone anche parecchie di nuove!

In questo senso, un'Arte Marziale che evolve non significa che "migliori" (e, quindi, nemmeno che "peggiori"!), ma solo che cambia rispetto al passato.

In questo senso, ci sentiamo di attribuire all'Aikido questa qualità, poiché dalla sua fondazione sono cambiate parecchie cose nella sua pratica e nel suo insegnamento.

Provenendo da un tempo e da una latitudine che ha avuto un tardo medioevo storico, la sua tradizione marziale era sicuramente molto forte... e quindi il codice del Bushido ha permeato gli albori di questa Arte.


Questo codice era permeato di valori etici e morali, quindi sarebbe bene non scordarlo del tutto durante qualsiasi fase trasformativa che l'Aikido dovesse subire!

Ma non è tutto qui...

Spesso si parla di l'Aikido anche come l'Arte della NON RESISTENZA: brutto definire qualcosa attraverso la negazione di qualcos'altro...

La natura è grande maestra in quest'Arte, giacché - milioni di anni prima di Morihei Ueshiba - si è posta il problema dell'economizzazione dell'energia, contemporanea alla massimizzazione del risultato che con essa si prefigge.

E' stato quindi l'Aikido ad armonizzarsi ed ispirarsi con la natura, e non il viceversa!

Questa sarà quindi forse la ragione per la quale in esso sono presenti così tante figure spiraliformi di movimento: la maggior parte delle strutture e delle funzioni biologiche risultano obbedienti ad una periodicità, ciò vale a dire che compaiono secondo determinati intervalli durante la loro storia evolutiva.

Inoltre esse compaiono all’improvviso, in modo non necessariamente correlato all’ambiente, indipendentemente dal grado di complessità del contesto in cui si manifestano.

Questa osservazione è stata verificata, ad esempio, negli schemi simmetrici dei fiori di molte piante che a intervalli regolari riappaiono entro famiglie geneticamente estranee... ma anche in funzioni animali o minerali oggi note alla scienza. Altri esempi sono:

- Spiroceras (Ammonoide del Giurassico);

- Corno di muflone;

- Pangolino o formichiere squamato;

- volo del Falco Pellegrino;

- tsuki kotegaeshi (al rallenty).


Lima De Faria, in accordo con uomini di scienza che lo hanno preceduto (Goethe, Aristote…), ci invita a soffermarci sull’importanza della forma in natura, ovvero sulla morfologia delle creaure che ci circondano.

L’evoluzione intesa come “selezione del più forte”, come “lotta per la sopravvivenza che privilegia certe caratteristiche fisiche”, non avrebbe più motivo di esistere; non lotta, ma adattabilità dell’organismo all’ambiente.

"Ma sta a vedere che l'Arte della NON RESISTENZA troverà la strada per adattarsi senza perire!".


La natura privilegia il ripetersi, magari non ad intervalli regolari, di certe forme assodate perché funzionali.
Questo vale nelle forme muscolo scheletriche, nei movimenti... e per estensione anche nelle dinamiche degli agglomerati umani e comportamentali: NON RESISTENZA, adattabilità, semplicità, senso d'integrazione e minimizzazione dello spreco.

Ciò trova effettivamente delle similitudini nell’Aikido: non c’è lotta per la sopravvivenza, ma adattamento, fisico e mentale, alla situazione che si vive durante il conflitto.
Chi esce "sconfitto" da uno scontro è chi è stato capace di un adattamento minore, momento per momento, rispetto al suo partner vincente.


Certi movimenti, soprattutto di natura circolare e spiraliforme, si ripetono in molte azioni durante la pratica, non importa a quale Stile ci si riferisca.

Perché nessuno ha ancora coniato la Scuola che basa i suoi movimenti sull'eptagono irregolare?

Anche le forme più spigolose del ki-hon vengono usualmente ammorbidite ed arrotondate nel corrispondente ki-no-nagare.


Le traiettorie fisiche più efficaci sono quelle tangenziali agli attacchi, cioè quelli che hanno angoli di ingresso più simili alle traiettorie degli stessi: si tratta nuovamente di ADATTABILITA' e di capacità di EVOLUZIONE... nel senso di "cambiamento nel tempo più conforme alle circostanze"!


Segno questo che l'adattabilità è una caratteristica indispensabile del poterci essere ancora all'indomani? In un conflitto parrebbe di si...

Siamo disposti a cambiare, a modificarsi per continuare ad esistere?

Se NO... allora possiamo rinchiuderci in comodissimi schemi, sia didattici che di pensiero comune, nei quali i miti dell'insuperabilità del passato (quella di O' Sensei in testa, seguito dai buoni Saito Sensei, Shioda Sensei, Tohei Sensei...) faranno sempre capolino fra i discorsi degli Aikidoka.

Una bella scusa per divagare con quello che "non c'è più" per allontanare il pensiero da ciò che "non c'è ancora", ma toccherebbe a noi costruire!

"Non torneranno i bei tempi in cui le persone si allenavano 6 ore al giorno e diventavano fenomeni come i Maestri che abbiamo poco fa citato!" (Non è vero, noi stessi conosciamo diverse persone che OGGI lo fanno, ottenendo risultati perlomeno paragonabili ai grandi nomi del passato, con il minus-valore tuttavia di non essere conosciuti per nome dal mondo intero!).

Ed intanto non ci si pone il problema di come ottimizzare "l'angolo di ingresso" con la situazione attuale dell'Aikido - in senso lato - , spesso più conflittuale che proficua! E siccome non ci si vuole adattare, non si permette alla situazione di "evolvere" (cambiare nel tempo).

Se Si... allora gettiamo la spugna sul voler PRE-determinare che cosa sarà domani l'Aikido: si adatterà e sfuggirà al controllo di chiunque per rimanere vivo e per fare al meglio ciò per cui è stato creato... "NON RESISTERE" e cavalcare a proprio vantaggio il mutare degli eventi.

Il passato però non è che sia da buttare al vento: parte dell'adattamento è già avvenuto grazie ad esso, quindi il tempo può a ragione venire considerato un ottimo "setaccio" di quello che ha senso che rimanga, da cosa è bene che sparisca e non lasci traccia.

Da O' Sensei, Saito, Shioda, Tohei e tutti gli altri grandi che furono cogliamo i traguardi notevoli raggiunti, ma non poniamoci troppo il compito di stare "rigidamente" IN LINEA con loro, giacché abbiamo inteso che spesso l'evoluzione sia più SPIRALIFORME che altro!

In fondo non è male poter partecipare come attori di un film in cui il finale non è ancora stato scritto (pur se rischioso... molto meno noioso, perlomeno!), e che è in parte lasciato alla nostra capacità di fluire con gli eventi, cavalcando un onda... che se stessimo immobili rischierebbe più che altro di travolgerci.

1 commento:

Angelo Armano ha detto...

Mi congratulo davvero per la chiarezza espositiva e la ricchezza degli spunti ermeneutici e di conseguente riflessione. Riconoscendomi tra quelli che (per posizione individuale consciamente accettata)privilegiano l'aspetto relazionale dell'Aikido, mi piace sottolineare i punti di vista della fisica quantistica, riecheggiati nella psicologia del profondo tramite i rapporti tra Jung e Pauli. Banalizzando il concetto sembra che fra ambiente ed osservatore non ci sia un prius, ma una continua contaminazione, un entalgement come dicono i fisici, con un discorso ormai datato di circa un secolo. Da qui la visione in senso opposto a quella della logica disgiuntiva, che impregna più o meno consciamente il nostro linguaggio corrente e la conseguente conflittuale visione del mondo. Andare verso una visione "connettiva", che privilegi l'aspetto relazionale, come sul piano applicativo sono in grado di fare alcuni computer analogici, che non mirano a determinare il dato separato (es. velocità= rapporto spazio/tempo), ma la relazione vigente tra i singoli dati. Sembra che tali computer risolvano problemi intricatissimi anche se poi (dalla visione precedente della logica disgiuntiva)ci si domanda quale sia il risultato ottenuto.
E' pure vero che si dice che la meccanica quantistica valga per il mondo infinitamente piccolo e non per quello macro, ma atteso che la nostra composizione è formata proprio da quelle microparticelle, a partire da cosa si delinea il limite tra macrocomportamenti e microcomportamenti? E questo limite separa o congiunge le due dimensioni?
La logica simbolica sembra maggiormente equipaggiata di senso rispetto alle aporie in cui, sul piano cognitivo e su quello etico-comportamentale, siamo irrimediabilmente invischiati.
Cosa c'entra questo con l'Aikido?
A me l'Aikido appare come la più felice espressione simbolica della logica non disgiuntiva. Naturalmente mi riferisco all'Aikido di Osensei, dalle fonti di conoscenza attingibili (espressioni verbali, filmati, testimonianze dirette da parte di allievi tutt'ora viventi, che lo abbiano frequentato a lungo e continuativamente).
Grato dell'ospitalità, rinnovo i complimenti per il grado eccellente della vostra comunicazione verbale.
Angelo Armano