martedì 28 settembre 2010

Infortuni e lesioni durante la pratica


L'Aikido affonda le sue radici nelle Arti Marziali classiche, storicamente destinate per ferire, mutilare o addirittura uccidere... esaminate e raffinate nell'ambito dei combattimenti durante i secoli.

E malgrado l'obiettivo di armonia dell'Aikido, rimane un'Arte Marziale molto potente che può provocare ferite serie in un istante.

Chi ha un po' di esperienza avrà sicuramente visto avvenire molti tipi di lesioni differenti sul tatami, durante i suoi anni di allenamento, dalle unghie spezzate, agli stiramenti... alle rossa rotte. Fortunatamente, persino le più gravi delle lesioni alle quali abbiamo assistito erano guaribili e non permanenti.

Ma tutte richiamano l'attenzione e sottolineano il tema della prudenza.
Ogni ferita significa molto spesso un arresto dell'allenamento, che per gli Aikidoka rappresenta il proprio naturale irrinunciabile percorso ed il proprio contributo ad incrementare l'armonia di quanto ci circonda.

Talvolta l'incidente nella pratica non appare neppure così grave, ma le sue conseguenze possono protrarsi a lungo, giacché non è il solo corpo quello che deve guarire.

Un praticante può spaventarsi di quanto gli accade in simili occasioni, constatare quanto una distrazione gli può compromettere temporaneamente la vita di ogni giorno (guidare, andare al lavoro, dormire...) e può quindi scegliere di rimanere ulteriormente lontano dal tatami per questo, se non addirittura interrompere la sua frequenza al Dojo in modo più drastico.

Quando accade che si ferisce qualcuno o si venga feriti, tutti gli attori dell'azione in quel momento pare che non potessero rendersi conto di quanto stava accadendo: sovente una perdita di vigilanza, di concentrazione, un'azione compiuta velocemente, magari sotto la pressione di un attacco che ci spaventa...

Il problema è che le proprie scuse non possono co
mpensare il tempo che uke avrà perso sul tatami o il suo scoraggiamento.

Ecco di seguito alcune semplici suggerimenti per evitare, o almeno ridurre la possibilità di incidenti durante la pratica:

1) prendersi cura del proprio uke, soprattutto se siamo gli allievi con più esperienza. Prendere il controllo di un attacco e mantenere questa stessa qualità di controllo durante tutta l'esecuzione della tecnica;

2) conoscere i propri limiti. È importante sapere dov'è il proprio limite... sapercisi spingere accanto e ritrarsi da esso secondo le circostanze;

3) ricordare che l'intensità dell'attacco di uke determina l'intensità della risposta di nage/tori. Non attaccare con intensità maggiore di quanto non si sia capace di ukemi (ricevere con il corpo). E' fondamentale che i principianti, che non sempre sanno come e dove attaccare correttamente, agiscano lentamente, in modo che nage/tori possa rispondere loro altrettanto lentamente;

4) non smetta mai di lavorare alla propria capacità di ukemi, intesa sia come abilità di cadere, sia come capacità di rimanere morbidi e "deformabili" dalla tecnica che si riceverà. Essa può sempre migliorare; meglio si è capaci di evitare di ferirsi, meglio si potrà addestrare ed aiutate nage/tori nella sua crescita;

5) non dimenticare l'importanza del respiro. Esso ci aiuta al rilassamento e al allentare le tensioni. Inoltre mantiene ossigenato il nostro sangue, i muscoli ed il cervello, in modo da potersi allenare più a lungo senza stancarsi e quindi ridurre la propria capacità di attenzione a ciò che accade. Uke stanchi e pigri sono coloro che si feriscono con più probabilità;

6) mangiare e bere in modo corretto è importante. Avere sufficiente energia per un'ora o due sul tatami richiede una dieta non composta di zuccheri e grassi semplici. Appesantirsi troppo prima di un allenamento, invece, riduce la propria prestazionalità ed agilità. Nuovamente, essere equilibrati in questo campo riduce la possibilità di incidenti;

7) prendere una forma e rimanere in quella forma. L'allenamento regolare è il migliore strumento per sviluppare un corpo che può rispondere senza danno alle tecniche di Aikido, ma un addestramento supplementare fuori dal tatami per migliorare la resistenza, la flessibilità ed il vigore può essere prezioso, specialmente se non è possibile frequentare il Dojo assiduamente;

8) fare attenzione: mai perdere la concentrazione e la focalizzazione su ciò che si fa e avviene;

9) non avere la sensazione di dover dimostrare qualcosa a qualcuno, né come nage/tori, né come uke. Gli esami sono spesso occasione di incidente fra i praticanti , perché il candidato crede di dover dimostrare la sua pulizia tecnica, l'efficacia e la velocità di esecuzione, magari non avvertendo l'incapacità del suo partner di muoversi in modo così evoluto.

10) divertirsi. Esaminiamo le numerose immagini di O' Sensei nelle quali sorride dai kamiza. Gli Aikidoka felici si allenano con fiducia, confidenza e compassione.

Molto del testo sovrastante è stato liberamente tradotto ed interpretato dall'articolo di Buck Pittman "On Training and Injuries", che potrete trovare nella sua versione originale al seguente link.

Sottolineiamo ancora alcune questioni che ci sembrano fondamentali: non è facile definire veramente cosa significhi fare Aikido, talvolta...

Chi tende a vedere la sua pratica come la formazione di una marzialità seria e radicata, cerca in ogni modo di incrementare la propria potenza e la propria efficacia sul tatami. Le tecniche lasceranno veramente poche vie di uscita incolumi a uke, se non quella che nage/tori prevede per quest'ultimo. Se uke "capisce male" non può che ferirsi, cadendo a destra quando la leva lo avrebbe condotto verso sinistra...

Così ci si fa male... ed i traumi fisici e, spesso, psicologici che ne derivano tendono a far irrigidire e chiudere i praticanti nei confronti di quelle posizioni ed occasioni che sono state causa di convalescenza, magari prolungata.

Così, quella stessa persona non solo non avrà appreso come non ferirsi più una seconda volta nella stessa situazione, ma tenderà a potersi ferire ancor più frequentemente, poiché più restio, rigido, frenato ed innaturale!

O' Sensei ha affermato che è necessario trattare il proprio partner con la stessa delicatezza con la quale ci si porrebbe nei confronti di un neonato: non molti neonati potrebbero essere trattati in modo marziale!

Con ciò vogliamo dire che probabilmente esiste una priorità di intenti mentre pratichiamo Aikido: vogliamo aumentare le nostre capacità, la nostra efficacia... questo è naturale... ma non sarà stata comunque una bella tecnica di Aikido se ciò avviene a discapito del nostro partner, anche se fosse sembrata l'azione più potente e spettacolare del secolo.

E' necessario quindi avere misura: comprendere quando è bene fermarsi e quando invece è opportuno procedere, ricordandoci che una certa volontà di competizione in fondo è latente in ogni animo. Essa a nostro avviso può divenire la causa principale dei nostri incidenti, insieme alla distrazione.

La propria capacità di connessione con il partner e con la realtà circostante è, per sua natura, sia una grande componente marziale, sia un naturale, enorme deterrente all'infortunio.

Non si può pensare di non subire mai un piccolo ferimento durante la pratica: ogni falegname prima o poi si martella un dito, ogni sarta si punge con l'ago... noi usiamo il nostro corpo durante gli allenamenti, che è anche il nostro strumento di apprendimento ed evoluzione.

E' impossibile non fargli assumere alcun rischio, così però come è parimenti bene salvaguardarlo meglio possibile, per poterci garantire una pratica sana e duratura negli anni a venire.

1 commento:

Carlo ha detto...

Ottimo, come sempre.
Oramai sono un lettore irrimediabilmente viziato ;-)

carlo