sabato 21 giugno 2008

Patrick Cassidy: il coraggio del cambiamento

Un altro Maestro, un altro argomento su cui riflettere e discutere.

Quest'oggi sotto i nostri riflettori c'è l'esperienza divulgata da Patrick Cassidy Sensei, a pochi giorni dal suo arrivo nel nostro Dojo per il Seminar internazionale che terrà il prossimo fine settimana. Ma non è per questo che scriviamo...

E' piuttosto per quanto crediamo nei contenuto di questo post che lo abbiamo invitato in Italia per la seconda volta...

Non ci interessa infatti tanto la sua storia personale o il suo curriculum (di tutto rispetto, fra l'altro), quanto la capacità che ha mostrato dinnanzi a numerosi fatti che lo hanno intimamente coinvolto in passato... di cambiare... cambiare e poi cambiare ancora, senza rinnegare le sue radici, ma senza fossilizzarsi in esse!

Spesso chi pratica Aikido, "nascendo" in un Dojo o sotto una specifica affiliazione, può convincersi che quella sarà sempre e necessariamente la sua casa, il suo posto, la sua famiglia...
ma si sa, vivendo le cose possono cambiare, anche all'improvviso...

... e ci si può trovare sfrattati, orfani o anche solo semplicemente curiosi di vedere cosa c'è dietro la siepe del proprio recinto.

Nel fare questo ci avventuriamo in un mondo nuovo, magari conosciuto e rassicurante per altri, ma non per noi chi ne fa l'esperienza inedita.

Ci si può quindi attaccare alle proprie radici, assolutizzandone la bontà ineguagliabile... ma già che il passato non sempre torna facilmente (e comunque mai in modo identico), si rischia di diventare una sorta di AMARCORD vivente:

- quando c'era il maestro XXX, quello si che era Aikido!
- ormai è tutta una questione superficiale, non è più come ai vecchi tempi;
- non arriveremo mai al livello di perfezione di YYY, o ZZZ;
- non si rispettano più le tradizioni... etc, etc...

La crescita nella propria Arte si sposa difficilmente con le righe precedenti, giacché "evolvere" esprime proprio l'idea di "cambiare con il tempo" e grazie ad esso.

Patrick Cassidy Sensei ha esattamente interpretato in questo modo la sua idea di Aikido... e ciò ha mosso il nostro vivo interesse.

Dopo due anni di Ingegneria Aeronautica in California e già praticando da alcuni anni Aikido, egli decise di trasferirsi in Giappone, ad Iwama, per apprenderlo direttamente da Morihiro Saito Sensei (scomparso nel 2002)... una delle persone che più stette a contatto diretto e duraturo con il Fondatore.
Cassidy Sensei cercava "le radici"!

Patrick ha quindi trascorso più di sei anni come Uchideshi in Iwama, raggiungendo il 4º Dan, tramite allenamenti fisici alquanto austeri (come la tradizione ha sempre richiesto) e una vita a dir poco spartana.

Poi però qualcosa a lui accadde, come ai molti che ciecamente percorrono a testa bassa la via che reputano "la migliore che ci sia" (... senza aggiungere "per loro").

Si rese conto che altri tipi di Aikido stavano praticandosi in giro per il mondo e che alcune interessanti caratteristiche di essi non erano facilmente contattabili nella sua strada "tradizionale".

Molti raccontano di aver praticato Aikido per anni e di essere stati sconvolti nell'incontro con un praticante (in genere di un altra scuola) di grado molto basso che mostrava abilità incredibili e superiori alle proprie... tanto da mettere in crisi il valore di ciò che fino ad ora si è fatto.

Molti bloccati dalla presa di un 3º Kyu (per es.) di Saito Sensei, hanno "dimenticato il passato" per donarsi completamente ad Iwama. Molti altri, provenienti da Iwama, sono stati sconvolti dalla fluidità e spontaneità di un 3º Kyu (per es.) di Tissier Sensei... ed hanno tentato di prendere cittadinanza francese...

Sono cose che si sentono raccontare, ma hanno in sé qualcosa di molto caratteristico e, se vogliamo, limitante: sono duali

- o Saito o Tissier
- o Aikikai o
- "QUESTO o QUELLO"...

Non è questo che si può chiamare veramente crescita: il cambiamento ci può in effetti essere stato, ma ora il problema è il taglio netto con le proprie radici, con il proprio passato!

Quando si cambia è segno che non va più bene quello che per anni si è fatto, ma ciò non vuol dire che fosse OGGETTIVAMENTE sbagliato, piuttosto forse non più adatto a quanto si sta per diventare soggettivamente.

Ma non è possibile l'integrazione del passato con il presente?
Esiste il modello "QUESTO & QUELLO"?

Non si può prendere quello che si ritiene nutriente da un sistema, senza buttarlo via o accoglierlo in blocco?

Certo, la tradizione non lo ha mai consentito: io sono il tuo Maestro e ciò che dico non si discute (leggi: "è giusto per ipotesi")... ma siamo veramente ancora li con i tempi?

C'è in effetti un modo di capire cosa è meglio e cosa è peggio: quello che passa indenne il setaccio della storia e si mostra duraturo... è MEGLIO, perchè ha superato molte crisi e battaglie. Quello che vacilla facilmente non può avere molto valore. Non si applica tuttavia bene questo infallibile metodo all'Aikido, però... perchè è ancora un'Arte troppo giovane... la storia si sta costruendo solo ora. E quindi?

Ciascuno è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità: se prendo una strada e poi cambio, le conseguenze ricadranno su di me, nel bene e nel male.

Questo è esattamente il rischio che Patrick Cassidy ha accettato ed accetta di vivere nel portare avanti la sua idea di Aikido... che è sua e solo sua.

Tergiversando in questa sede sulla ragione che lo spinse a cercare "altro" fuori dalla scuola di Iwama, egli ha continuato quindi i suoi studi con altri importanti insegnanti, fra i quali Takeda Yoshinobu (7º Dan), Robert Nadeau (7º Dan), Richard Moon (5º Dan), Peter Ralston e Vernon Kitabu Turner Roshi. Ha coltivato inoltre la pratica dello Yoga, studiando con Junko Tomonaga e trascorrendo più di tre anni in viaggio attraverso India, Nepal e Tibet.

Si è interessato per oltre 20 anni all'Arte giapponese della Cerimonia del Tè, studiando in Giappone con Fukuda Satchiko Sensei ed in California con Fujimoto Sensei.

Questo bagaglio esperienziale è stato quindi messo al servizio di quello che egli ha ritenuto essere il punto nodale del suo interesse, ossia approfondire gli aspetti che riguardano il risveglio ed evoluzione personale di ciascuno.
Si è trasferito dalla California a Montreux (Svizzera francese) in modo stabile nel 2003, ove vive e lavora con il SUO sistema che offre un approccio strutturato agli allievi, ispirato appunto alle questioni inerenti il significato di essere vivi e presenti, che mira ad agevolare il loro personale percorso di crescita e trasformazione.

Quale è la particolarità?

Che egli non si considera più "un Aikidoka di Iwama" (ma è possibile vederlo praticare un solido e preciso ki-hon), ma semplicemente "un Aikidoka", né si identifica perciò in modo esclusivo anche con altre sue esperienze passate... ma le utilizza in modo integrato, per perseguire il fine che egli ha a cuore.

Come sono le sue lezioni, quindi!?

Si praticano tecniche varie, numerose varianti codificate di kumi jo e kumi tachi, proprio come Saito Sensei insegnava, ma viene anche spesso chiesto di fare esercizi di respirazione e di muovere il corpo in libertà al suono di musica melodiosa o ritmata, esprimendo in modo fisico emozioni, stati d'animo o caratteristiche della marzialità.

Lo Yoga viene utilizzato nell'Aiki Taiso... un'esperienza senza dubbio "polivalente"!

Egli si assume in prima persona le responsabilità del suo metodo e chiede con gentilezza a chi si approccia a lui di sospendere temporaneamente il giudizio su quanto viene vissuto sotto la sua guida, precisando che non è la pratica migliore che si possa incontrare, né la più giusta, né che le pratiche di provenienza ("le radici") di chi incontra siano più o meno buone... dice solo che il suo è UN punto di vista, da prendere come tale, cercando di spogliarsi temporaneamente dai propri preconcetti e provando a "cambiare pelle", per un attimo, sicuri che si potrà riprendere la propria quando lo si desidera.

Lo troviamo un approccio onesto e coraggioso, proprio perché non assoluto, né creante dipendenza.

Chi vuole sperimentarlo di persona... lo venga a provare la prossima settimana.
(MESSAGGIO PUBBLICITARIO! AI PRIMI 3 AIKIDOKA CHE CHIAMANO IN OMAGGIO UNA MOUNTAIN BIKE ED UN FORNO A MICROONDE! ^__^)

E' un modo di fare più che altro collaudato dalla storia stessa, perché tutti coloro che sono cresciuti, che si sono realmente evoluti, hanno necessariamente dovuto abbandonare (anche solo temporaneamente) il proprio vecchio recinto, facendo quello che nel Giappone medioevale veniva chiamato "musha-shugyo", ossia il viaggio tradizionale d'apprendistato per ottenere la maturità marziale tramite il confronto con nuovi Dojo, insegnanti e praticanti.

O' Sensei stesso abbandonò la via mostrata da Takeda, per fare maturare la propria.

Anche la “parabola del figliol prodigo” parla di un allontanamento da casa per in cerca di novità altrove e di una riaccoglienza partecipata forse anche proprio in onore dell'esperienza maturata durante questo viaggio.

Una cosa è certa: solo chi si allontana può tornare, ma soprattutto, è certo di muoversi.

Noi crediamo in questo modo di operare, a dispetto di chi maligna il rischio così facendo di non essere mai "né carne, né pesce".

Certo che chi inizia deve ricevere direttive chiare e precise, anche sotto il punto di vista tecnico, ma altrettanto onesto è sottolineare, appena è possibile, quanto esse si possano mostrare relative e dipendenti dal contesto che le emana.

Abbiamo una fortuna: pratichiamo per un sacco di ore tutte le settimane, quindi (anche se le lezioni non basterebbero mai) disponiamo di tempo sufficiente per lavorare su molti aspetti, anche fra loro diversi o in apparente contrasto.

Ci assumiamo quindi le nostre responsabilità, perchè vogliamo evolvere, senza paura di ciò che lasciamo o di ciò che potremmo incontrare... per questo quindi guardiamo con onore e rispetto chiunque segua una suo percorso o un suo credo, felici di poterci ogni tanto confrontare con altri... per prendere coscienza del NOSTRO stesso viaggio.

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