lunedì 26 novembre 2018

L'Aikido e come apprendere dal fallimento

Di recente ho scritto un Post per l'E.A.C., la Community internazionale di Aikido alla quale appartengo (che troverete a questo LINK): lo traduco di seguito volentieri per i nostri lettori italiani di Aikime. A presto!

Marco Rubatto

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Viviamo in un momento storico nel quale si crede che il massimo per ciascuno di noi sia "avere successo".

Diamo quindi il meglio di noi stessi per vincere, per essere una persona di successo... e cerchiamo di utilizzare al meglio il nostro tempo per ottenere grandi risultati.

Quando ci iscriviamo ad un club marziale, per fare una lezione di Aikido - ad esempio -, pensiamo che sia molto importante essere "un buon allievo", e quindi che si debba fare del proprio meglio per non tradire le aspettative del proprio Insegnante.

Credo sia un processo inconscio abbastanza consueto: l'insegnante è li per indicarci la via da seguire... quindi potrebbe sembrare qualcosa di molto stupido non prestare attenzione alla sua esperienza e fare le cose seguendo solo la voce dentro alla propria testa!

Ma come l'ambiente esterno diventa ovviamente importante (Sensei, Dojo, uniformi, grado, etichetta, etc), iniziamo a sperimentare un certo senso di frustrazione, perché non è sempre semplice, né divertente onorare il percorso che abbiamo scelto.

A volte percepiamo accettabile questa sensazione di frustrazione, mentre altre volte risulterà meno semplice farlo... ed andremo a casa con un sacco di pensieri conflittuali nella testa: "Perché mi sento così?
Perché ho fallito in quegli esercizi?
Perché il Sensei mi ha corretto o richiamo in quella maniera?"

Quindi la frustrazione può divenire un argomento piuttosto importante, che di solito segue le nostre attività umane e le nostre relazioni... e certamente l'Aikido non fa eccezione a questa dinamica.

Ma in una vita nella quale la frustrazione è così comune e pesante, perché ingaggiarci in un'attività come l'Aikido, che ci offre ulteriori e maggiori opportunità di frustrazione?!

La domanda è più che opportuna: ora esploriamo insieme alcune possibili ed interessanti risposte...

Lo stress, visto come qualcosa di pesante ed indesiderato, è spesso chiamato "distress"... ma quando risulta qualcosa capace di fornirci aiuto e supporto nel raggiungimento dei nostri goal personali... è chiamato "eustress": quindi lo "stress" è qualcosa capace di polarizzarsi in due oggetti differenti... ed uno di essi - il secondo - non è così male, se ci pensiamo un attimo!

Quindi, dallo stress è anche possibile imparare qualcosa, se sappiamo come fare: attualmente definisco le mie lezioni di Aikido "un luogo nel quale è possibile ed utile apprendere dai propri fallimenti", proprio per questa ragione.

Un luogo ed un tempo utilizzato a fare "buoni errori"... ed imparare da essi.

Essere splendidi e di successo è ottimo, e anche seguire le linee guida del vostro Insegnante è ok... ma tutte le difficoltà che incontrerete sul vostro cammino saranno probabilmente i migliori Sensei della vostra vita!

Prestate loro solo un po' di attenzione quindi, anziché limitarsi ad odiare e provare disappunto per i momenti nei quali percepite voi stessi sotto pressione.

Qual è il problema: paura?
Inconclusività?
Inabilità?
Frustrazione?

Benvenuti a bordo della giostra più stupenda e piena di significato... chiamata "vita"!

Guardate al passato, e studiate la vita delle persone che hanno fatto la storia: sono persone che non hanno mai affrontato nulla di pesante e difficile... o sono forse coloro che furono capaci di fare surf sugli enormi ostacoli che hanno incontrato?

Avete mai pensato che la grandezza di una persona è spesso misurata dalla sua abilità di confrontarsi con le difficoltà?

Non è un teorema matematico, ma semplicemente una relazione positiva con i conflitti, ed accettare la prospettiva del fallimento stesso.

Facendo un esercizio, qualsiasi esercizio... ci confrontiamo con le aspettative (di fare "giusto"), con il giudizio (l'ho fatto "giusto"?), con il proiettare al di fuori qualcosa che proviene dal nostro mondo interiore: questo processo può essere molto difficile, pesante, doloroso, stressante... inspirante, liberatorio, amorevole, profondamente sano... allo STESSO TEMPO.

Quindi, probabilmente, non è solo questione di "fallire" o di "sbagliare", ma piuttosto di prospettive attraverso le quali percepiamo queste esperienze.

E come armonizzarci nel modo migliore e costruttivo con esse?

Semplicemente ASCOLTIAMO ciò che potrebbe essere giudicato "un problema", senza perdere il senso della SCELTA: noi scegliamo di consentirci di stare in un processo, qualche volta non semplice, ma sempre utile.

È importante non dimenticare che scegliamo di stare li, probabilmente perché la parte più nascosta e profonda di noi sa che c'è qualcosa di importante nell'essere li... qualcosa che non è possibile esplorare senza esserci.

Quindi, anche se non è sempre semplice... provate a ringraziare ogni volta vi sentite dei "perdenti", perché ciò richiede di essere veramente coraggiosi... ed i coraggiosi siete voi (e nessun altro)!

Affrontando lo stress, il fallimento... vi confronterete con quella parte di VOI che ancora non conoscete... così che alla fine di ogni processo, conoscerete sempre meglio voi stessi.

C'è una vecchio adagio che dice: "Al mondo non ci sono nemici, né amici... ma solo insegnanti"... Sto iniziando a pensare che attraverso la pratica dell'Aikido sia veramente così, ed inoltre...

... ogni volta che fallisco e mi sento urtato e sbattuto a terra dalla mia stessa esperienza, probabilmente sto solo cercando di insegnare a me stesso il modo di essere una persona migliore, nel modo più semplice e più rapido... che al momento ancora NON ri-conosco.





lunedì 19 novembre 2018

L'Aikido, il nome strano e poco nostrano

Abbiamo in passato avuto il piacere di frequentare Guglielmo Marino... un filosofo, pure un po' mistico, che spesso ricordava al suo auditorio:

"Quando ti cerchi, fatti trovare!"

Crediamo valga qualcosa di abbastanza simile per quando sono gli altri a cercarci, però.

Il mondo dell'Aikido appare particolarmente incline agli auto-goal e quest'oggi intendiamo rivolgere una critica (costruttiva) a tutto il settore.

Ovvio che la derivazione dell'Aikido è giapponese... e ovvio pure quindi che molte delle pratiche e dei nomi che usiamo abitualmente facciano utilizzo di termini giapponesi: ma è mai possibile che per sembrare orientaleggianti ci rendiamo invisibili - se non fastidiosi o incomprensibili - agli occhi del prossimo?!

Viviamo in una società che fa già fatica a distinguere la differenza che passa fra Karate, Judo, Aikido, Kung Fu, Kendo, etc... e che ti chiede: "Ma pure voi fate le mosse??"

... e, non appena impariamo 5-parole-5 di una lingua a mandorla, ci teniamo a farle svettare su ogni nostro volantino e pubblicità delle nostre attività?

Ma sicuri che non ci stiamo dando la zappa sui piedi?

Facciamo qualche esempio pratico...

Ci sono i corsi di Aikido: ok qui siamo ancora tutti d'accordo...

... poi ci sono i corsi di "Aikido TRADIZIONALE": un inesperto potrebbe pensare che sia necessario specificare questa cosa, poiché esistono sia i corsi tradizionali, che i corsi anticonformisti e innovatori... mentre ci vestiamo più o meno tutti uguali sul tatami, non è così?!

Mah, il non addetto ai lavori non capisce... e (speriamo) tiri avanti nella sua ricerca.

Poi ci sono i corsi di "Kokusai Aikido Kenshukai Kobayashi Hirokazu Ha"... che noi sappiamo benissimo essere un'Accademia internazionale di Aikido, fondata nel 1998 da Kobayashi Sensei, ma intanto l'uomo della strada ha abbandonato l'idea di andare a vedere una lezione, perché metti che poi debba ripetere sto nome alla reception della palestra?... Nooo, meglio evitare figuracce!


Ci sono i corsi di "Aikido Shin Shin Aiki Shurenkai", nato da una diaspora di Hitorira Saito - figlio di Morihiro - da mamma Aikikai... ma l'uomo della strada la conoscerà la storia delle diatribe fra il Doshu e i Saito?

Pensiamo non tutti, almeno quelli che camminano per la strada dalle nostre parti...

E poi ci sono i corsi di Aikido Ki no Kenkyukai, anche detti "Ki AiKido" o "Aikido con Ki", che se per caso uno glissa sulla prima dicitura, si chiede come mai sia necessario sottolineare così tanto la parola "Ki"; esisterà quindi pure un "Aikido SENZA Ki"?

Mah, siamo nuovamente fuori strada...

E queste sono SOLO i nomi dia alcune macro-organizzazioni che patrocinano la nostra pratica: passiamo ora in rassegna alcuni nomi di Dojo - che è già tanto se l'uomo della strada riconosce come "palestre".

Non se la prendano i citati, abbiamo preso a caso degli esempi sul Web, appartenenti alle principali correnti Aikidoistiche italiane!

"Aikidōjō Kōun Ryūsui": una poeticità ed un significato veramente importanti - non lo diciamo in modo retorico - "Aiki Dojo" vuole ovviamente significare Dojo legato all'Aiki, mentre [行雲流水] "Kōun Ryūsui" è un termine spesso legato al buddismo zen, che denota un pellegrino in attesa di accettazione in un monastero o un monaco novizio che ha intrapreso lo studio dello Zen.

Il termine "ūsui", che letteralmente significa "nuvola/acqua", deriva da un poema cinese che recita: "Spostarsi come nuvole e scorrere come l'acqua".

Helen J. Baroni scrive: "Il termine può essere applicato più ampiamente per qualsiasi praticante dello Zen, poiché i seguaci dello Zen tentano di muoversi liberamente attraverso la vita, senza i vincoli e le limitazioni dell'attaccamento, come le nuvole fluttuanti o il fluire dell'acqua". 

Secondo l'autore James Ishmael Ford:"In Giappone, uno riceve ordinamento ūsui all'inizio della pratica ordinata formale, e questo è spesso percepito come l'ordinazione dei novizi".

Quindi potremmo tradurre con "il Dojo nel quale si intende diventare parte/discepoli dell'Aiki"voi ci eravate arrivati da soli, vero?

Noi NO, ci siamo incuriositi e siamo andati a cercare in un dizionario giapponese... cosa che speriamo possa fare anche l'uomo della strada (?!).

"Aikizendo-Mikazuki"... "la Via dell'Aiki-Zen della nuova luna (o luna crescente)": anche in questo caso, simbolismo e poeticità apppppalla, ma la nostra ignoranza non ci avrebbe permesso di apprezzarla senza dizionario alla mano... e di solito all'uomo della strada va peggio ancora.

"Ryū no Ibuki Dojo" [竜の息吹道場]: "il Dojo del respiro del Drago"... pure qui senza dizionario non ce la saremmo cavata; il nome è veramente bello e ispirante tuttavia (una volta compreso);

"Kamawan Dojo": nel Giappone feudale proliferarono molti Dojo cittadini che si contendevano gli allievi. Spesso erano stati fondati da personaggi che insegnavano al di fuori di qualsiasi tradizione o, addirittura, erano basati su tecniche assolutamente irrealistiche ed inventate, ma esistevano moltissimi Samurai disoccupati alla ricerca di una organizzazione a cui appartenere, quindi fondavano Scuole abbastanza risibili... che però divennero estremamente popolari; quelli che oggi chiameremmo "Mac-Dojo", insomma.

Essi per attrarre nuovi adepti, esponevano all'ingresso elaborate genealogie e diplomi a titolo di referenza.

Altre scuole invece non avevano nessun interesse a promuoversi sul mercato e adottarono la tattica opposta: erano infatti soliti appendere fuori dal Dojo solo un segno, ai più incomprensibile, rappresentato da un falcetto (kama) e da una ciotola per il riso (wan).

Queste due parole, se lette insieme (appunto "kamawan"), significano letteralmente "non ci interessa".

Era un modo, questo, di avvisare i possibili apprendisti che quello non era un luogo dove andare a cercare prestigio, guadagni o fama, ma un luogo dove si praticava con serietà.

"Kamawan Dojo" crediamo quindi possa significare "Se vieni in questo Dojo, fai attenzione che poi dovrai lavorare seriamente, e non per acquisire fama o gloria": ora su le mani chi lo sapeva prima di leggere queste righe, forza!!!

Un bel messaggio, non c'è che dire... forse un po' criptico da decifrare, per l'uomo della strada, s'intende... perché noi addetti ai lavori lo sapevamo tutti, VERO?!

"Mizu no oto"... [水の音] "il suono/rumore dell'acqua": altra figata di immagine poetica, ad essere in grado di comprenderla...

"Hakuin Dojo": crediamo che il nome di questa Scuola sia da attribuire al famoso monaco buddista ed insegnante Zen Hakuin Ekaku [白隠慧鶴], vissuto ad Hara, a cavallo fra 1600 e 1700. Famose sono alcune frasi da lui lasciate, come:

"Per praticare lo Zen sono necessarie tre cose: per iniziare, la grande radice della Fede; poi il grande Dubbio; e infine una forte Determinazione per raggiungere lo scopo".

Bello, senza dubbio... ma ora si facciano avanti tutti gli esperti di storia medioevale giapponese che, per la strada, sarebbero riusciti a spiegare l'insegna del nome di questa Scuola al proprio fratello/figlio/nipote interessato ad iscriversi ad un corso di Aikido!!!

Abbiamo capito che non è il simbolismo, la filosofia e la poeticità a mancarci... ok: ora vogliamo fare qualcosa anche per non mettere continue barriere linguistiche fra noi ed i potenziali interessati a venirci a conoscere?

Sicuro che poi una volta dentro gli spieghiamo con calma sta cosa del dragone, del rumore che fa l'acqua e di quanto il bonzo giapponese ci avesse visto lungo... ma se non entrano proprio perché gli si intorcinano gli occhi a leggere l'insegna, non credete che sia un problema che ci riguarda in prima persona?

"Noi siamo la disciplina in cui il reishiki è fondamentale, perché le cose vanno fatte bene anche in ura, oltre che in omote... e nella quale lo zanshin ci permette di vedere arrivare il pericolo in sen no sen, consentendoci un michibiki del ki di aite... in un luogo in cui possa essere proficua anche per quest'ultimo, facendoci realizzare come ware wa uchu nari e che anche jinrui soku kami nari".

TRADUCENDO

"Noi siamo la disciplina in cui il l'etichetta è fondamentale, perché le cose vanno fatte bene sia nel lato in evidenza che in quello nascoso... e nella quale una mente vigile ci permette di vedere arrivare il pericolo ancora prima che esso veda noi, consentendoci una conduzione dell'energia del compagno/nemico... in un luogo in cui possa essere proficua anche per quest'ultimo, facendoci realizzare come ciascuno di noi sia l'universo e come l'umanità stessa sia divina".

Non significa per forza qualcosa, ma almeno il secondo trafiletto lo eravamo riusciti a leggere e comprendere più o meno tutti!

Chi ci aveva capito qualcosa prima? Dai forza, ammettiamolo che siamo mediamente capre!

Eva bene così, infondo, perché ammettendolo possiamo crescere ed esserlo di meno in futuro... ma noi abbiamo già scelto di percorrere una strada personale di evoluzione: ora ci viene da chiederci quanto i nostri slanci nippofili aiutino a comprendere chi è ancora FUORI da questo contesto, che al suo interno potrebbero trovare cosa sta cercando.

Abbiamo un po' sto vizio di renderci stealth o comunque difficilmente approcciabili da chi avrebbe pure qualche desiderio di farlo... ma siamo certi di esserne consci?

E, soprattuto, ne vale la pena?

Qui non si tratta di utilizzare o meno termini giapponesi, ma di avere la base di quel "marketing" al quale siamo abituati in ogni campo sociale, che insegna che l'essere diretti, chiari ed essenziali porta spesso più risultato che il simbolismo e la filosofia profonda del fiore del loto appassito sotto l'onorevole prugno selvaggio, lambito dalla cascata... sotto la quale meditarono le 7 vergini che raggiunsero l'illuminazione attraverso il misogi intimo (comunemente detto "bidet no kami").

Non ce l'abbiamo, ovviamente e lo ripetiamo, con chi usa nomi altisonanti per il Dojo (parliamo noi dell'Hara Kai, la "Scuola della Ventrazza"!)... ma con la tendenza diffusa ad aggrovigliarci su noi stessi, anziché aprirci AGLI ALTRI... utilizzando un linguaggio più comprensibile e meno dissacrante dei nostri alti propositi.

Esisterà qualcosa di simile, vero?

Perché non proviamo a trovarlo insieme?

Ci fa più comodo sfasciarci gli zebedei alla Tafazzi, mentre ci diciamo che al giorno d'oggi l'Aikido non interessa più a nessuno?

Temiamo così tanto di avere successo, da preferire essere solo in 4 sul tatami?

Pensiamoci con una certa onestà... non potrà farci che bene.










lunedì 12 novembre 2018

Focus sullo stile: Aikikai Tissier, eleganza e metodo

Proseguiamo la nostra rubrica mensile nella quale esaminiamo più a fondo alcune delle più famose correnti Aikidoistiche presenti nel nostro Paese, mettendo sotto i riflettori le loro peculiarità, vanti... così come eventuali zone d'ombra riscontrate dalla nostra esperienza pratica di rapportazione con la singola Scuola.

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DISCLAIMER

Questi Post non sono scritti né per promuovere, né per denigrare nello specifico i vari e differenti approcci che ci sono all'Aikido... ma piuttosto per farli conoscere meglio ed in modo più imparziale possibile al grande pubblico, aiutando specie il neofita a districarsi in una fitta rete di info nelle quali può confondersi anziché orientarsi.

Non siamo asserviti a nessuno stile di Aikido dei quali vi parleremo, e nessuno ci paga o ha interesse a farci dire qualcosa di diverso da quello che pensiamo e che esprimiamo: è bene ricordarlo in modo chiaro ed esplicito!


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Esploriamo quest'oggi lo stile/Scuola Aikikai del Maestro Christian Tissier, che non è che si consideri proprio uno stile a sé - essendo completamente integrato con la pratica Aikikai dell'Honbu Dojo di Tokyo -, solo che nel tempo ha assunto numerosi tratti peculiari e caratteristici... tanto secondo noi da renderlo qualcosa di molto diverso, rispetto - ad esempio - alla pratica dell'Aikikai d'Italia, che sempre ufficialmente un'appendice della stessa "casa madre".

La Scuola del Maestro Tissier è molto diffusa nel nostro Paese e da decenni riguarda e connota la maggioranza dei praticanti di Aikido Uisp (Aiada), così come di numerosi iscritti del Progetto Aiki, ad esempio... che numericamente sono gruppi considerevoli.

Parliamo di Christian Tissier, uno degli occidentali che ha ottenuto fra i gradi ed i riconoscimenti più alti dall'Aikikai di Tokyo (8º dan, Shihan), in compagnia di Robert Nadeau Sensei e Bill Witt Sensei (questi ultimi entrambi allievi diretti del FondatoreMorihei Ueshiba).

Un fuoriclasse quindi, che alla sua età (67 anni, giovane?) e grazie al suo prodigioso metodo di allenamento ha riscosso consensi fra i Dojo di tutto il mondo!

Non ci dilunghiamo sulla biografia ed il curriculum marziale del Maestro (che è reperibilissimo on-line), per tentare di descrivere meglio possibile il suo Aikido

- movimenti eleganti e fluidi;

- spaventoso e sensazionale senso del ma-ai e, di conseguenza, del timing;

- didattica chiara, basata su principi biomeccanici, assi di squilibrio, relazione con il partner;

- elevata capacità di adattamento e dinamicità;

- considerevole centralizzazione del movimento, e quindi poco utilizzo di forza muscolare inutile;

- buona didattica di ukemi e grande attenzione al ruolo di uke nello scambio;

- notevole attenzione alla relazione ed alla connessione fra tori ed uke;

- interessante lavoro con le armi, storicamente riconducibile al Kashima Shinryu (o Kashima no Tachi) per quanto concerne ma-ai e timing;

- numerosi Insegnanti professionisti si sono formati grazie a questo specifico approccio ed ora insegnano - sotto la diretta supervisione di Tissier Shihan - in tutto il mondo; questo significa una grande divulgazione dell'Aikido e della sua pratica, grazie a questo specifico approccio alla disciplina;

- la lezione tipo risulta parecchio dinamica, quindi richiedente di parecchie "stamina"; i praticanti lavorano con un ritmo notevole e sudano parecchio... questa tendenza all'intensità (ed a non perdersi in un mare di parole filosofeggianti) sta ricevendo un ottimo feedback dai praticanti che vi ci sottopongono.

Sudare da a chiunque l'impressione di lavorare innanzi tutto per se stessi e di farlo con serietà, quindi strizzare il keikogi (che in questa scuola chiamano purtroppo ancora in molti "kimono"!!!) al termine di un allenamento crediamo sia qualcosa di molto positivo;

- la pratica assume una connotazione parecchio "sportiva" (nel senso più positivo del termine), così come in Francia è chiaro da anni essere nelle Federazioni sportive nazionali (FFAB e FFAAA)... e questo sega le gambe a molte fonti gratuite di polemica, in quanto l'incontro sul tatami avviene dichiaratamente per migliorare se stessi, anziché per risultare migliori di qualcun altro;

- gli stage di questa particolare visione dell'Aikido vedono la partecipazione di numerosi Aikidoka provenienti da indirizzi tecnici anche molto differenti (noi fra quelli), segno di un'apertura e di un senso del welcoming particolarmente sviluppato all'interno dei suoi ranghi; questo è un elemento veramente positivo, ed in controtendenza rispetto ad altri approcci, che sembrano molto più sette alle quali aderire, rispetto a luoghi nei quali andare a fare scambi utili!





Christian Tissier Shihan visita l'Italia numerose volte all'anno, tenendo seminar regolari nel nord, nel centro e nel sul del Paese, quindi chiunque fosse interessato al suo lavoro potrebbe facilmente prendere contatto con lui e la sua Scuola... oltre contattare i numerosi senpai residenti e sparsi su tutto il territorio nazionale, che gestiscono corsi professionali e tengono stage a loro volta.






Vediamo ora eventuali punti di ombra riscontrati - a nostro impressione - nel metodo:

- è stata creata una didattica basata su una sorta di "storyboard" fra tori ed uke, facciamo un esempio di fantasia: "l'attaccante sferra un fendente perché vuole sorprendere il partner sotto un preciso angolo, QUINDI tori si sposta a sinistra per evadere all'attacco e prendere il centro del compagno... ALLORA esso si para il viso con il braccio per evitare di essere sanzionato... ma questo è ciò che consente a tori di portare la tecnica XYZ"; lo storyboard può essere del tutto congruente, credibile e sensato... quindi viene utilizzato per fornire esempi didattici... ma cosa accade quando uno entra in questo "sceneggiato", SENZA conoscere il "copione" concordato fra le parti?

Che non torna più quasi nulla. Vi potreste trovare dinnanzi ad un compagno che fa uno spostamento che sarebbe congruente con un'azione che voi NON state facendo (perchè non sapete di doverla fare!), ma che lui ha memorizzato così, con quelli che invece il copione lo sanno bene a memoria. Allora chiederete al vostro compagno: "Perché io ti sbilancio a destra e tu cadi a sinistra?" e lui vi potrebbe rispondervi: "Per non essere colpibile dalla ginocchiata che mi potresti tirare, scelgo di andare a sinistra".

Nulla di male, se non il fatto che non si apprende - a meno a livelli bassi - ad avvertire una congruenza REALE con il compagno, ma si fa una sorta di "recita" di un kata con esso; sotto il nostro punto di vista ciò non è una cosa ottima, perché un giorno sarà necessario smontare la "sceneggiatura" e se uno si è nel frattempo abituato solo a storyboard (per quanto ricchi) si troverà incapace di improvvisare e di viversi il suo "qui ed ora";

- essendo uno stile di Aikido fortemente tecnico, si tende - come in molti altri ambiti - a diventare virtuosi e viziosi della tecnica... quindi tutta l'attenzione può venire posta nell'osservare a quanto gradi il Sensei di turno inclina il suo mignolo destro, perdendo di vista la sostanza (il principio) di ciò che fa;

Tissier Sensei è una persona fortemente carismatica, che mostra un talento naturale nel "tenere il suo tatami": questo non è assolutamente un difetto (anzi!), ma talvolta una dote simile agevola la nascita di un'adulazione spropositata per chi inizia ad essere percepito come un "nuovo messia" (come talvolta a lui accade secondo noi)... quindi ci siamo trovati in numerosi Seminar a sentire tra le fila dei suoi più grandi aficionados - anche esperti - : "Ma hai visto cos'ha fatto?!! è incredibile! Che grazia, che fluidità!!! Poi hai notato... rispetto allo scorso anno, ha cambiato l'uscita di 4 cm più a sinistra... SCONVOLGENTE!!!".


No INVECE: se il caposcuola è un Maestro attivo, non dovrebbe meravigliare che continui ad evolvere in continuazione, quindi è NORMALE che cambi parte del suo insegnamento man mano che LUI scopre cose nuove dalla SUA pratica... ma tutto ciò viene (volutamente?) frainteso da chi ha bisogno di sentirsi "pecora"  - a vita - e quindi cerca "un pastore" che si assuma l'intera responsabilità di dove andrà il gregge di cui ci si sente parte.

Inutile dire che questo atteggiamento è parecchio DELETERIO per un praticante di arti marziali serio e/o maturo, ma la responsabilità NON è da cercare in chi indica la luna, mentre gli altri ne fissano il dito;

- la pratica con le armi (come dicevamo fra gli aspetti positivi riscontrati) ci sembra avere elementi molto interessanti per lo studio di ma-ai e timing; crediamo debba i suoi natali a Minoru Inaba Sensei, con i quali Tissier Shihan si allenò, ma NON si tratta di Aiki ken, quanto di una Scuola stimabilissima di ken jutsu; come mai che questo dettaglio risulta così importante?

Perché il Fondatore ha dato alla sua pratica di armi il nome Aiki ken ed Aiki jo per le caratteristiche e le prospettive che in essi venivano animati: prendere un'altra Scuola di scherma può essere utile per ampliare il proprio panorama e bagaglio personale, ma perché non partire da una prospettiva CREATA apposta per l'Aikido?

È come dire che siccome "sulla pizza c'è il pomodoro", allora noi ci mettiamo il ketchup, perché contiene ANCHE il pomodoro: in America fanno così... e siamo certi che abbiano trovato anche un modo gustoso di fare la pizza, ma una capatina a Napoli a mangiare la margherita ce la vogliamo fare... prima di mangiare sempre e solo un surrogato, che solo lontanamente ha una parentela con il suo modello originale?

SECONDO NOI, sarebbe il caso di partire da qualcosa di veramente attinente all'Aikido... anche perché il Kashima Shin Ryu NON ha NULLA a che vedere con le prospettive dell'Aikido (se non che si tratta di un'altra forma di Budo giapponese), quindi si rischia - come spesso avviene - di interpretare l'allenamento disarmato (tai jutsu) alla luce di una forma di spada MOLTO diversa da quella che ha illuminato per similitudine il tai jutsu di O' Sensei.

E se fra l'Aiki ken ed il Kenjutsu la differenza è SOLO considerevole... fra l'Aiki jo ed il Jodo (spesso utilizzato dai praticanti di questa Scuola in compendio del fatto di non avere una specifica "Scuola di jo di riferimento) è veramente abissale... quindi gli svarioni che si rischiano sono proprio notevoli!

Come evitare tutto ciò?
È sufficiente farsi una capatina ad Iwama, dove le armi del Fondatore ed il loro utilizzo sono state preservate in modo pressoché maniacale da personaggi come Morihiro Saito Sensei: quindi la possibilità di non doversi inventare l'acqua calda esiste: bisogna solo avere il coraggio l'umiltà di percorrerla.





- abbiamo notato esserci un divario piuttosto importante fra le abilità del caposcuola e dei suoi senpai più prossimi (che vantano tutti basi tecniche veramente impressionanti) rispetto a quelle della base del movimento (che è molto ampio): ciò può significare tante cose, compreso il fatto che la didattica utilizzata non permetta veramente a tutti di raggiungere i livelli desiderati. Questo fattore è stato rilevato anche in numerosi altri approcci all'Aikido, quindi non risulta "un tarlo" specifico di quello in esame... ma per onestà, abbiamo preferito segnalarlo;

- la Scuola non fa particolare menzione ed approfondimento di tutti gli aspetti filosofici e spirituali che sembravano essere piuttosto importanti per il Fondatore, quindi il clima dei praticanti da un po' la sensazione di "gran trafficoni", che amano un sacco muoversi e sudare dentro il keikogi... ma che non è detto che abbiano riflettuto molto sul senso profondo di ciò che fanno, avendone una qualche forma di comprensione specifica;

L'approccio di quello che abbiamo chiamato all'inizio del Post "Aikido Aikikai Tissier" ci sembra - in conclusione - un sistema interessante e che sta indubbiamente riscontrato favore a livello comunitario... quindi non può che avere in sé elementi positivi ed interessanti da approfondire per chiunque.

Come ogni metodo, è naturale che possa far intravvedere LUCI ed OMBRE... ma il nostro goal NON è quello di trovare lo stile di Aikido perfetto, ma piuttosto far conoscere meglio le caratteristiche di ciò che è possibile trovare sul territorio.

Per noi contattare questo stile di pratica è stato molto importante e ci ha permesso di comprendere molto meglio alcuni aspetti che non erano stati così ben sviluppati ed approcciati nella nostra scuola storica di provenienza.

Inoltre, dopo anni di frequenza agli stage "Tissieriani", annoveriamo fra i suoi frequentanti diversi BUONI AMICI, che frequentiamo e ci frequentano volentieri.

Questa è la migliore dimostrazione che - anche quando l'approccio tecnico è differente - la passione per la disciplina non può che unire e le differenze arricchire.

Non sceglieremmo di praticare SOLO questa specifica visione dell'Aikido, ma frequentarla ci ha fatto crescere tanto... ed è quindi più che onesto riconoscere il grande valore tecnico ed umano che ha rappresentato e rappresenta per noi.

Our two yen (¥)!

lunedì 5 novembre 2018

L'Aikido e la spada: un'interdipendenza evidente

Traduciamo quest'oggi per voi molto volentieri un articolo di William Gleason Sensei, che riguarda un argomento di importanza fondamentale - secondo noi -, ovvero "l'Aikido e la spada".

Buona lettura!!!


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Quando il Fondatore ci lasciò nel 1969, l'allenamento con la spada all' Honbu Dojo in Giappone cessò di esistere come parte del curriculum regolare di un Aikidoka.

A quel tempi l'allenamento di spada era disponibile solo per studenti selezionati e di alto rango, e veniva condotto talvolta a porte chiuse.

Sebbene la rimozione delle armi di un avversario (buki dori: jo dori, julien dori, tachi dori, tanken dori n.d.d.) continuasse a far parte dei programmi d'esa
me, l'insegnamento dell'utilizzo e delle modalità di impugnare la spada fu, per scopi del tutto pratici, completamente sospeso.

Da quel momento, la controversia sull'opportunità o meno che la pratica della spada sia davvero parte integrante, o addirittura preziosa, della pratica dell'Aikido ha continuato a intensificarsi.

Non c'è dubbio, tuttavia, che O' Sensei, Ueshiba Morihei, il Fondatore dell'Aikido, la considerasse come una parte essenziale del suo insegnamento e della sua stessa formazione.
Egli utilizzò costantemente le armi, specialmente la spada, per mostrare i principi dell'Aikido.

E perché l'arte della spada è così preziosa per comprendere l'essenza dell'Aikido?
Se consideriamo questa domanda da una prospettiva storica, la risposta diventa abbastanza chiara.

O' Sensei, per sua stessa dichiarazione, fu il Fondatore dell'Aikido, ma non il creatore del principio stesso dell'Aiki. Questo principio è stato riconosciuto nelle antiche tradizioni della spada del Giappone e nella filosofia dello shintoismo giapponese.

O' Sensei era un devoto studente dello shinto e trascorse come minimo diversi anni a studiare la spada giapponese. Tra gli stili di spada che il Fondatore studiò, ci fu l'antico stile Kashima, che risale al XV secolo. Il fondamento di quella scuola è il concetto di [神武] "Shinbu", "la divina via marziale", nella quale si vince senza combattere. Compire questo percorso significava sviluppare se stessi, sia fisicamente che spiritualmente, al livello degli dei.

"Shin", in questo caso, significa "divino" e "Bu" si riferisce alla forza creativa della vita, al potere del musubi, o al diventare uno con il tuo partner. Questo è stato descritto come "hoyo doka", un'accettazione onnicomprensiva anche dei sentimenti negativi degli altri e la reintegrazione di quell'atteggiamento magnanimo verso coloro che ci avrebbero attaccato.

In pratica, questa accettazione e riassorbimento è la capacità di ricevere energia dai partner e unificarli con essa in modo tale che il suo potere si riduca a zero. Nell'Aikido questa è una buona spiegazione di ciò che chiamiamo il potere del "kokyu".

Per padroneggiare gli aspetti spirituali e psicologici di questa abilità è stato chiamato Aiki. La parola Aiki era anche usata per denotare il più alto livello di maestria nello stile della spada Yagyu in cui eccelleva anche O' Sensei.

Il risultato davvero incredibile del Fondatore è stato quello di applicare questi principi all'allenamento a mani nude, in un modo nuovo e unico. Per quale motivo ciò non fu realizzato in quei tempi antichi?

Ogni stile di spada conteneva la propria interpretazione del grappling o delle forme jutsu. Questo era necessario sul campo di battaglia nel caso in cui un guerriero avesse perso la sua arma nel pieno della battaglia. Essere in grado di portare via la spada di un altro uomo quando non avevi armi era considerato il più alto risultato nello stile Yagyu.

Richiedeva la grande visione spirituale di O' Sensei vedere l'allenamento a mani nude non come un combattimento ma piuttosto come una pratica di "spada senza una spada".

Persino il grande Kano Sensei, il fondatore del Judo, dichiarò che l'Aikido era l'arte che aveva cercato per tutta la vita. O' Sensei attraverso le sue pratiche spirituali si rese conto che potevamo usare le nostre mani, o anche solo la nostra mente, come una spada... per tagliare attraverso l'attacco o la difesa dei nostri compagni.

Combinando la sua visione spirituale con l'effettivo allenamento della spada, si rese conto che era possibile estendere l'influenza del nostro ki, o intenzione, oltre le nostre dita nello stesso modo in cui il nostro movimento e la nostra portata si estendono quando si tiene una spada.

L'estensione ki è l'essenza del "muto" o "spada senza spada" e ciò non può essere esemplificato meglio che nella pratica dell'Aikido stesso.

Studiando la spada impariamo a controllare il kensen, la linea che il kissaki - la punta della spada - disegna in ogni taglio. Se occorre siamo in grado di tracciare quella linea con il solo occhio della mente.

Questa abilità è uno dei segreti della pratica dell'Aikido.
Ci consente di vedere la forma invisibile all'interno di ogni tecnica e di inviare energia esattamente nel posto giusto nel corpo del nostro partner.

Questa capacità richiede molti anni per essere realizzata: senza l'addestramento della spada, lo studente ha meno probabilità di scoprirlo.

Tagliare con la spada giapponese è un movimento espansivo, in cui la punta della spada deve essere unificata con il proprio centro.

Il taglio diagonale di base, chiamato kesa giri, può essere equiparato a ikkyo nell'allenamento a mani nudo dell'Aikido.
Se si padroneggia veramente questo taglio, si ha già realizzato lo "shin toitsu" o "unificazione mente-corpo".

All'interno di kesa giri vi è il segreto del movimento naturale a spirale.

La spada cade solo per il suo peso ed il peso del corpo viene a cavalcare in sommità a questa caduta libera.
La rotazione dei fianchi e la sottile connessione tra il centro corporeo e la punta della spada creano potenza e velocità senza sforzo.

Proprio come nell'Aikido, questo modo basilare di tagliare con la spada dipende da una continua espansione della nostra percezione; infatti, questa è la vita del movimento stesso.

Inoltre, il movimento dei piedi e il movimento complessivo della spada corrispondono esattamente a quelli dell'Aikido.

Ogni movimento dell'Aikido, correttamente inteso, è un movimento di taglio.
Dopo tutto, la spada è stata creata per adattarsi al movimento naturale del corpo e non viceversa.

Qui sta una delle maggiori differenze tra l'Aikido e una qualsiasi delle varie scuole di jujutsu. Il nikyo, il sankyo e il yonkyo dell'Aikido, ad esempio, vengono eseguiti come movimenti espansivi di taglio, piuttosto che come leve articolari contratte.

L'Aikido è un'arte estremamente sottile e difficile.
Richiede una vita di dedizione per coglierne l'essenza.

A causa della sua difficoltà, l'Aikido è abbastanza spesso male interpretato e praticato sia come una forma di jujutsu o semplicemente come esercizio aerobico.

Praticare in entrambi questi modi manca di contenuto sia marziale che spirituale. Le tecniche di Aikido sono progettate per essere inefficaci fino a quando non si è colto l'essenza del movimento a spirale espansiva e del corretto uso del ki o del potere interno.

Non possono quindi essere efficacemente utilizzati allo stesso modo delle tecniche del jujutsu, che dipendono in gran parte dal movimento di contrattazione, utilizzato con lo scopo di rompere le articolazioni dei partner.

Combinando lo studio della spada con le tecniche a mani nude, siamo in grado di scoprire l'antagonismo complementare di flessibilità e potenza rilassata insieme ad una nitidezza e precisione.

Le parole del Fondatore: "Nella pratica a mani nude devi muoverti come se avessi una spada, quando si tiene una spada non si deve dipendere da essa, ma muoverti come se non ne avessi nessuno". 

Studiare questo kamae mentale, o posizione, ci tiene concentrati sulla realtà di una situazione marziale e allo stesso tempo ci consente di rimanere flessibili e rilassati.

Unificare questi opposti significa scoprire il principio dell'Aikido: yin e yang come uno, movimento e riposo come uno, irimi-tenkan come uno, l'unificazione di tutti gli opposti in una sorta di monismo dinamico.

Questo articolo è, naturalmente, una grande panoramica e le molte somiglianze tra le armi e l'allenamento a mani nude possono essere apprezzate solo attraverso un adeguato allenamento con un insegnante qualificato.

Non basterà semplicemente ripetere i kata della spada come forme fisse senza scoprire la loro strategia e il loro contenuto.

Ogni studente, sotto la supervisione di un istruttore qualificato, deve padroneggiare sia le forme della spada sia dell'allenamento a mani nude come parti di un tutto unico, e attraverso una continua ricerca e analisi, sforzarsi di affinare la propria pratica individuale a livelli sempre più alti di esperienza.

William Gleason Sensei