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Gli "atleti" erano costituiti da schiere urlanti di bambini dai 4 ai 14 anni circa.
Uno dei Dojo in cui collaboriamo ha organizzato il primo "torneo" per agevolare l'incontro e lo scambio fra le discipline di tutti i praticanti più giovani in età: erano presenti Karate, Kung Fu (Hung Gar), Taekwondo... ed anche all'Aikido è stata chiesta una sua qualche forma di partecipazione.
Gli altri hanno fatto gare, categorie, punteggi, arbitraggi... kata, kumite... noi non potevamo fare nulla di simile: abbiamo optato per una sorta di piccola dimostrazione che potesse mostrare ai parenti accorsi ed agli altri giovani partecipanti cosa facciamo normalmente durante le lezioni.
Boh... vabbé facciamo questa cosa!
Per la cronaca... l'Aikido è stato considerato quasi all'unanimità dagli Insegnanti di altre discipline presenti come il migliore rappresentante di marzialità ed etichetta che si vogliono evidenziare in un Dojo... quindi gli è stata assegnata la vincita del Trofeo in palio per l'evento!
"L'Aikido vince, perché non compete contro nulla"... diceva un omino con gli occhi a mandorla del secolo scorso!
Ma adesso non attacchiamoci alla coppa: interessante però è stata la sensazione nell'osservare le "gare altrui" e provare a scambiare alcune considerazioni con i presenti.
I ragazzini hanno teso ad eseguire esercizi da soli (forme) o in gruppo, oppure piccoli incontri - spesso imbardati di protezioni - con alcuni compagni delle stesse categorie.
Quello che era evidente è come non ci fosse quasi mai contatto fisico fra i partecipanti: se di tocco doveva trattarsi, esso doveva avvenire nel modo più veloce e fulmineo possibile, in modo da "fare punto", senza scoprirsi troppo la guardia.
L'immagine era quella di un guerriero che si barrica in una fortezza... quindi, di tanto in tanto, apre una piccola finestrella sulla muraglia, scaglia velocemente fuori una freccia, e quindi si rinchiude al sicuro della massicciata!
Il senso dell'io viene chiaramente a rinforzarsi con questo genere di pratica, poiché molta dell'attenzione è appunto rivolta alla protezione di quei confini che crediamo ci definiscano: al di dentro ci siamo "noi", al di fuori... il nemico.
Nell'Aikido le tecniche durano di più... e possiamo eseguirle proprio perché l'avversario tenta di toccarci o di prenderci: più l'attacco sarà totale, più per noi sarà facile mandarlo a vuoto e minare l'equilibrio altrui (in qualche modo, auto-compromesso proprio dalla grande enfasi nell'attacco)... ma a volte durano così tanto che "gli altri" dicono essere inefficaci.
La questione è: ma noi ci vogliamo stare con gli altri, o vogliamo solo toccarli di sfuggita con un nostro pugno o giudizio?
Perché nel caso 2, giacché desideriamo la solitudine, potremmo anche astenerci da un giudizio che riguarda qualcun altro e per giunta non comprovato dalla propria esperienza... o da un "pugnetto" che ha lo scopo di "fare punto", anziché male!
Nella competizione ci sarà sempre un "io" contro un "tu"... magari utile a migliorare la propria definizione di sé, l'autocontrollo fisico ed emotivo, ma di una pratica piuttosto autistica, o perlomeno solitaria... se non vogliamo attribuirle connotazioni negative.
In Aikido non è proprio così: c'è un "io" ed un "tu" che quando si incontrano diventano un "noi"... che dura per qualche istante... proprio quegli attimi che sono più difficili da gestire, in quanto non è semplice creare un contesto nel quale CONTEMPORANEAMENTE due individualità possano coesistere rispettandosi vicendevolmente, senza per questo perdere parte della propria individuale personalità!
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Come mai?
Perché forse la nostra disciplina non è tanto di crescita personale grazie alla presenza dell'altro... quanto di maturazione attraverso la COLLABORAZIONE con esso?
"Allora non è più marziale!" (abbiamo subito sentito nell'etere alzarsi questo coro!)
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Ci si conosce, ci si piace... si esce... si sta magari anche bene insieme, ma se ciascuno volesse continuare a farlo GRAZIE all'altro, la coppia avrebbe già i giorni contati!
Anche stare bene NONOSTANTE l'altro non è una grande idea, per quanto ancora una pratica parecchio diffusa...
Se invece si collabora, si giungerà inevitabilmente ad alcuni compromessi che permetteranno all'"io" ed al "tu" di smussarsi quel tanto che basta a rendere possibile la nascita di un "noi", nel quale tutti si ritroveranno un po'... nonostante esso sia qualcosa di diverso dalla mera somma dei costituenti.
Il NOI è potente, perché è una sorta di evoluzione delle parti che lo costituiscono: è un "nuove essere" che nasce dall'armonizzazione di "io" e "tu"... ma per far questo c'è necessità di parecchio contatto... e di qualità, non sicuramente di qualcosa di furtivo, fulmineo e troppo incentrato su di sé!
Forse è per questo che in Aikido non chiamiamo "avversario", il nostro compagno: forse abbiamo capito che egli è una parte fondamentale del sistema che ci porta ad evolverci, quindi nasce per esso una specie di ringraziamento e rispetto implicito, che ci richiede di avere particolare cura di lui anche se ci vuole attaccare con tutta l'irruenza di cui è capace.
Senza di lui, niente Aikido!
E non ci sono coppe con le quali "contraddistinguerci" dagli altri (nuovamente separazione), solo occasioni di incontro, per continuare il processo di crescita COMUNE.
Si, forse la competizione è sana... ma non è il processo preferenziale attraverso il quale ciò possa agevolmente avvenire.
Poi la mancanza di competizione crea anche danni talvolta, come quando alcuni personaggi dell'Aikido iniziano a pontificare rispetto alla loro papale infallibilità... proprio perché non hanno mai dovuto confrontarci con qualcuno che non è d'accordo con loro...
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Voi cosa ne pensate?
Quali sono le vostre esperienze in merito?