Molti di noi si sono spesso imbattuti negli anni di pratica o sul Web nella pubblicità di corsi, Dojo, seminari di Aikido ai quali viene aggiunto l'immancabile appellativo di "tradizionale"...
"Aikido tradizionale" è diventato una sorta di marchio, un sinonimo di qualità, che richiama esperienza, conoscenza storica, consapevolezza profonda di ciò che si pratica o si propone a terzi.
Ci siamo sentiti di analizzare brevemente questo fenomeno, poiché ha in sé elementi importanti e paradossali al contempo.
"Aikido tradizionale" non è un logo che appartiene di diritto ad una scuola piuttosto che ad un'altra, poiché tutte più o meno ne fanno ricorso e, talvolta, anche motivo di disputa, leggi : "i più tradizionali siamo noi... (e gli altri valgono di meno)" - spesso quest'ultimo quale messaggio non verbale.
Ma cosa vuol dire esattamente praticare "Aikido tradizionale"?
Ce lo siamo chiesti, perché rispondere alla domanda è tutt'altro che banale!
Questa Arte ha origini marziali molto marcate, quindi viverla in modo tradizionale può significare mettere molta enfasi sull'efficacia della pratica, sulla precisione delle tecniche. Storicamente l'Aikido si è evoluto da questa condizione, va detto, perciò "Aikido tradizionale" potrebbe essere quello che propone un'evoluzione che ripercorre fedelmente la via storica, partendo cioè dalla solidità marziale, per poi "rilassarsi" in seguito ed aprirsi ad una maggiore fluidità.
Questo è un primo (e forse anche più diffuso) modo di intendere questo importante appellativo.
Ma non è l'unico...
L'Arte tradizionale è anche una disciplina che continua ad essere permeata dai principi culturali, filosofici... spirituali (se vogliamo), così come lo era ai suoi albori.
Anche in questo caso, l'Aikido si presta bene ad incarnare una simile via: solo un contesto nipponico avrebbe potuto generare una simile disciplina, ne converrà chi anche poco conosce la cultura giapponese dello scorso secolo.
L'Aikido era perfetto per quelle latitudini e quei tempi.
Intriso del culto animista autoctnono, lo shintoismo, e del codice d'onore del Bushido classico, la nostra Arte è forse un buon specchio per una tradizione che rischierebbe altrimenti di andare lentamente a perdersi (attualmente il Giappone pare interessato ad alto!).
Quindi "Aikido tradizionale" potrebbe essere non solo quello più tecnico ed efficace, ma anche quello nel quale viene mantenuta un'etichetta più strettamente legata alla sua cultura: gli inchini durante il saluto, l'abbigliamento che indossiamo... i rituali che si compiono sul tatami fra Insegnante ed allievi. Spesso molti di essi hanno richiami religiosi e spirituali non del tutto noti alla maggior parte dei praticanti.
"Aikido tradizionale" quindi va chiamato anche quello di chi si esprime più in giapponese sul tatami?
Perché no... avrebbe una sua ragione d'essere.
Ma Ueshiba Sensei ormai comunemente viene accettato quale inventore di qualcosa di nuovo, inedito... una sorta di evoluzione rispetto al panorama marziale disponibile prima della sua opera.
L'Aikido quindi, come sua creatura, dovrebbe essere innovativo per definizione di sé stesso.
L'Arte della Pace, che affianca - o rimpiazza - l'arte della guerra, l'Arte dell'accettazione e della tolleranza che supera le discipline caratterizzate dalla violenza...
Anche questa sua dimensione è molto importante, per alcuni è la più importante, poiché c'era già ampia disponibilità di sistemi di lotta che garantissero efficacia marziale o testimonianza dei codici cavallereschi dei Samurai.
L'Aikido forse era quel elemento mancante a completare un'intera categoria di Arti, che con il suo valore aggiunto ha saputo fare un'importante differenza nella società di allora e di oggi.
Sotto questo punto di vista, "l'Aikido tradizionale" più vero è quello innovativo, cioè quello che continua a cercare il prossimo passo dell'evoluzione marziale!
Vale a dire: l'Aikido più tradizionale sarebbe quello che tende a prendere distanza dalle usanze consolidate, così come fece storicamente O' Sensei e l'Aikido, poiché la sua caratteristica è stata proprio l'uscire dagli schemi delle tradizioni.
Questa però è la goccia che fa traboccare il vaso!
Qual è allora questo "Aikido tradizionale"?
Quello che lavora di più con le anche? Quello in cui si contemplano lezioni di Shodo... o quello che cerca di trasformarsi in Arte relazionale o in qualcos'altro di inedito?
Non ci è dato di saperlo, non ora, non qui.
Certo, tutte queste posizioni sono almeno parzialmente difendibili e per alcuni anche fonte di lucro, ma non ci paiono buoni modelli di ricerca se presi in modo assoluto.
Proponiamo quindi alcuni nuovi parametri... "Aikido tradizionale" è:
- quello in cui ci si impegna più a fondo a fare ciò che si fa, perché questo è tradizionalmente avvenuto con sicurezza;
- quello in cui si cercano di conoscere e comprendere i profondi legami con il passato, nell'ottica di prendere cosa c'è di buono da esso, senza riproporre gli errori che in esso sono stati compiuti... perché anche O' Sensei crediamo fece altrettanto;
- quello in cui non si teme di apportare un contributo costruttivo inedito a patto che si sia pronti ad assumersi la responsabilità dei propri atti e, soprattutto, si sia pronti ad accogliere le conseguenze del proprio operato... questo infatti è quanto avvenne anche storicamente.
Ci piace quindi pensare che in futuro la disputa su chi possieda l'Aikido più tradizionale possa chetarsi in favore di qualche forma più costruttiva di lavoro e collaborazione, tenendo anche conto che:
- chi si interessa per la prima volta di Aikido, magari perché vuole iniziare a praticare, non ha generalmente la minima idea di cosa dovrebbe trovarsi davanti, quindi scegliere in base all'etichetta TRADIZIONALE è perlomeno sciocco, perché non si hanno metri per valutarla!
- chi già pratica può trovarsi a disperdere molta energia a DIFENDERE la sua TRADIZIONALITA', a svantaggio del suo ingaggio nella pratica e quindi della sua crescita personale. Per definizione poi, siccome difende qualcosa, sta facendo qualcosa che in Aikido non è contemplato. O' Sensei non si difendeva dal suo avversario, lo accoglieva, si identificava con esso.
In poche parole: per chi è principiante troppi "nomi-etichetta" paiono superflui, così come per chi è già esperto.
A nostro parere, la pratica faccia emergere chi sta vivendo in profondità gli insegnamenti di O' Sensei, più che gli appellativi... altrimenti la tipica non competitività della nostra Arte rischia di creare una trappola per chi è più incline a definire che sperimentare in prima persona.
Continui a dare spunti di riflessione molto interessanti che non si sentono molto spesso, non solo in questo ambiente, ottimo lavoro, grazie. FT
RispondiEliminatradizione è evoluzione. un sapere viene trasmesso sulla base di un rispetto dei suoi aspetti costitutivi e in virtù di una riflessione che evolve e adatta ai tempi l'oggetto. Se non fosse così il pilastro della tradizione (il maestro) non sarebbe altro che un libro di testo invece di essere lu stesso "segno" della tradizione.
RispondiElimina