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sabato 19 luglio 2008

悟 Satori: che cosa è successo in giardino?


"Ebbi la sensazione che l'universo improvvisamente stesse tremando e che
uno spirito d'oro, venendo su dalla terra, avvolgesse il mio corpo e lo trasformasse in un corpo d'oro. Nello stesso tempo, la mia mente ed il mio corpo divennero luminosi. Ero in grado di comprendere il cinguettio degli uccelli ed ero chiaramente cosciente della mente di Dio, il creatore di questo universo. In quel momento io fui illuminato: la fonte del Budo è l'amore di Dio; lo spirito dell'amorevole protezione di tutti gli esseri. Infinite lacrime di gioia scesero giù dalle mie guance.

Da allora mi sono sforzato di comprendere che tutta la terra è la mia casa ed il sole, la luna, le stelle, sono tutte mie proprie cose. Io mi liberai da ogni desiderio non solo per la posizione, fama e prosperità, ma anche di essere forte. Compresi che il Budo non è far cadere l'avversario con la forza; neppure è strumento per portare il mondo verso la distruzione con le armi.
Io capii che l'esercizio del Budo consiste nell'accettare lo spirito dell'universo, mantenere la pace nel mondo, produrre nella giusta misura, parlare correttamente, proteggere e valorizzare tutti i beni della natura.
Dobbiamo permeare di questa verità il nostro essere, nella sua interezza di mente e corpo, utilizzandola nella vita di tutti i giorni".


[Morihei Ueshiba, O' Sensei]

C'è chi va in giardino per raccogliere i pomodori, chi va per innaffiare il rosmarino... dalla storiografia pare che O' Sensei, nella primavera del 1925, a quarantadue anni, ci sia andato quel giorno per rinfrescarsi e scaricare la tensione di uno scontro che aveva appena terminato di avere con un ufficiale di marina, venuto poc'anzi a fare la sua conoscenza.
Costui ebbe un diverbio con Ueshiba per futili motivi (?il carattere di alcune famiglie di rose?), ma i due decisero di battersi. L'ufficiale impugnò il suo bokken e Morihei provò nuovamente la sensazione che aveva già sperimentato in Mongolia: disse cioè in seguito di essere stato cosciente dei movimenti e delle intenzioni stesse del suo avversario prima ancora che si materializzassero - sara sicuramente capitato a chiunque di noi! (^__^)
Per merito di ciò, forse fu estremamente facile per lui schivare ogni attacco senza reagire, fino al momento in cui l'ufficiale cadde a sedere stremato, dopo non averlo sfiorato nemmeno una volta.

Ma non è ora importante soffermarci su questo aneddoto, quanto su ciò che ad esso segui: IL GIARDINO.

Asciugandosi il sudore dal viso, incapace di camminare e di sedersi, in preda ad una sorta di estasi, fu preso da una sensazione mai provata fino ad allora.

Non è in queste pagine che si cercherà di CAPIRE il SATORI, ma proviamo perlomeno ad interpretare, con tutti i limiti che ciò presenta, quello che può essere successo in quegli attimi:

- un momento qualunque, si è trasformato in un momento importantissimo, fondamentale, densissimo;

- i postumi dell’avvenimento hanno modificato la visione stessa dell'esistenza di Morihei per tutto il tempo che poi è seguito;

- il significato intrinseco delle cose è divenuto istantaneamente chiaro, circolare, coerente;

- è stata sperimentata una sorta di integrazione intelligente fra tutte le cose e gli eventi che componevano la sua realtà quotidiana, attribuendo ad essa senso, valore e significato profondo;

- la sensazione di coerenza è apparsa come un "anti-caos", in cui Morihei stesso, si è sentito parte integrante e fondamentale di questo "TUTTO";

- la consapevolezza sopraggiunta non si è poi più dileguata nel tempo che è seguito.

Beh! Niente male... quasi quasi conviene andare a coltivare, a nostra volta, qualche barbabietola... sperando sempre in una occasione analoga!

Tuttavia, per quanto inspiegabile e immanente possa risultare quello che accadde, dobbiamo ammettere che è accaduto ad un UOMO, fatto di carne, ossa, sangue, pregi e difetti... un essere che storicamente aveva qualcosa di molto analogo ed attinente a noi: la condizione umana.

Sarebbe poi antistorico ed ignorante pensare che "egli fosse il prediletto!", giacché fenomeni analoghi sono accaduti e stati descritti costantemente nella storia dell'umanità, ad ogni latitudine ed in ogni epoca.

A titolo d'esempio, forniamo sull'argomento solo qualche rimando ad analoghi e ben noti casi più "nostrani".

Roberto Assagioli, fondatore della Psicosintesi Transpersonale, nato 5 anni dopo O' Sensei ed anche scomparso 5 anni dopo di lui, ad undici anni, mentre guardava il sole al tramonto a Venezia ebbe l'intuizione della struttura della psiche, ed in seguito affermò:
"Quel giorno ricevetti lo scheletro della psicosintesi, poi, per tutta la vita, ho messo la carne intorno a quello scheletro".

Santa Teresa d'Avila con queste parole nella sua biografia ha descritto quanto le accadde:
"Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l'angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio".

San Francesco, Santa Caterina da Siena, Don Bosco hanno avuto comprovati momenti di analoga estasi, "illuminazione", misticità... tutti diversi ma comunemente legati da una sensazione di idonea collocazione nel progetto del TUTTO... un TUTTO pieno, intelligente, benevolo, onnipresente e manifesto.

Dante Alighieri, nel canto XXIII del Paradiso, dice:

Oh quanto è corto il dire e come fioco
al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi,
è tanto, che non basta a dicer 'poco'.
O luce etterna che sola in te sidi,
sola t'intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arridi!

[…]
Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond' elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;
ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle."


Si parlerebbe in questo caso più propriamente di Kensho, ossia una rivelazione paragonabile al Satori, ma di carattere immediato e transitorio, ossia i cui contorni vengono in qualche modo nuovamente smussati e confusi dal tempo che trascorre in seguito. E’ il caso di Dante perciò, che in un buon italiano poetico ha scritto qualcosa che suona come: “Ho visto Dio, era così stupendo che non riesco a descriverlo, né mi ricordo bene cosa è accaduto, ma conservo il ricordo di quanto fu reale e speciale”.

In numerose culture religiose l'estasi è considerata come un dono divino che apre un canale di comunicazione tra gli uomini e gli dei o un mezzo per raggiungere verità assolute: in questo caso essa è definita "mistica".

Sotto l'aspetto fenomenologico, l'estasi mistica è assolutamente identica ad altre forme di esaltazione emotiva, ciò che cambia è il significato che un soggetto le attribuisce.

Pertanto, non ha nulla di sovrannaturale e l'aspetto divino è solo un'attribuzione di un determinato contesto culturale.

Alcuni ambienti religiosi sono in grado di creare un clima suggestivo così intenso e ricco di aspettative mistiche al punto da indurre addirittura visioni in un fervido credente.
Un'identica esperienza di estasi può essere interpretata diversamente in differenti tradizioni culturali. Un cattolico la definisce come un rapimento divino, uno sciamano indiano può considerarla come un'illuminazione determinata dagli spiriti del suo villaggio, mentre per un pastore nomade del Kenya o un capo tribù della Nuova Guinea è solo l'espressione della sua forza e della sua virilità. In quest'ultimi casi, l'estasi non assume nemmeno connotazioni religiose ma è considerata come un fenomeno del tutto naturale.

Un elemento veramente interessante è rappresentato dal fatto che ogni soggetto in stato di estasi non vede e non sente nulla che non appartenga già al suo patrimonio culturale, i cosiddetti messaggi che l'estatico riceve sono strettamente legati alla sua tradizione storica e non hanno alcun significato per altre.

In Giappone, quanto testé descritto viene chiamato appunto 悟 Satori, parola derivante dal verbo "satoru", ossia “rendersi conto”. Esso ha una connotazione duratura nel tempo, proprio come rimandato dalla vita ed opere di O’ Sensei: un evento che schiude un mondo di consapevolezze improvvise e determinanti per tutto quanto seguirà.

La tradizioni rimandano che l'illuminazione - o risveglio -, cioè la scoperta spontanea, immediata e totale dell'essere, non si possa insegnare con argomentazioni e discorsi, ma sia un evento intimo e diretto, un'esperienza pratica.

A seguito di questo se ne deduce che gli argomenti di un Post sono limitanti, quindi preferiamo la pratica, la pratica e poi, ancora la pratica…
.. a questo punto, non è poi così importante stabilire di che cosa.

Noi, per esempio, stiamo facendo un pensierino su piantare qualche zucchino, raccogliere il basilico per la pasta al pesto… e prepararci per vivere al meglio la prossima volta che saliremo sul tatami!

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