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lunedì 11 dicembre 2023

140 anni dalla nascita di Morihei Ueshiba...

Giovedì prossimo, il 14 dicembre, saranno esattamente passati 140 anni da quel 14/12/1883 nel quale, a Kii Tanabe, veniva al mondo Morihei Ueshiba, il Fondatore del nostro caro Aikido.

Ritengo sia particolarmente importante fermarci un attimo a riflettere su quale impatto abbia avuto questo evento sulla storia persona di ciascuno di noi, così come nella società in cui viviamo.

Di certo la maggior parte delle persone NON conosce il nome del nonnetto a mandorla, né distingue bene le differenze fra l'Aikido ed un'altra disciplina marziale giapponese.

Su questo c'è ancora molta beata ignoranza e quindi ancora parecchio da fare... però è altrettanto un dato di fatto che l'Aikido è oggi praticato in circa 140 su 195 nazioni esistenti oggi al mondo, il che non sembra proprio malaccio!

Non c'è ancora  una definizione univoca di questa disciplina che metta d'accordo tutti, poiché si tratta di una pratica così poliedrica da potersi adattare ad una molteplicità di prospettive ed esigenze, e forse proprio questa sua caratteristica le ha permesso di radicarsi così bene nelle nostre società (orientali o occidentali che siano): si tratta di un messaggio multilingue che viene proposto ad un mondo multiculturale, ma dal quale - ad essere oculati - ciascuno può trarre il suo valore aggiunto.

Si passa dalla difesa personale all'incremento delle abilità relazionali, dall'esigenza di mantenersi in forma alla spiritualità: in somma ce n'è un po' per tutti coloro che abbiano desiderio di approcciarsi alla pratica.

Però ci sono anche dei tratti caratteristici dell'Aikido che NON sono presenti in nessun'altra disciplina precedente, nonostante esso abbia radici comuni con forme di Budo ben più datate.

Per esempio, l'avversario non è qualcuno da combattere o da sconfiggere, cosa piuttosto strana in ambito marziale, non è vero?!

La scorsa settimana sono stato ospitato ad insegnare ad uno Stage di Ju Jutsu, durante il quale ho avuto molte occasioni di vedere la differenza fra la mentalità di un Jujutsuka e quella di un Aikidoka: lasciamo ora perdere la tecnica (nella quale si trovano in effetti un tot di assonanze), parliamo ora SOLO della mentalità dalla quale si agisce.

Pur non avendo solo gratitudine per la disciplina che praticò lo stesso O' Sensei, è evidente come essa preveda "la difesa" contro un attacco che autorizza - di fatto - chi la attua a ledere (anche uccidere) chi ci dovesse mettere alla strette.

"Mi dispiace, ma ha iniziato lui, ora sono fatti suoi!"... ci si sente rimandare. A parte che non è proprio così che funziona in una società di diritto, nella quale un eccesso di legittima difesa viene punito dalla legge, ma la cosa sorprendente è la necessità di erigere un muro fra sé e l'attaccante... di origine ANCHE emotiva, oltre che fisica. La sua sofferenza non ci dovrebbe toccare, e se lo dovesse fare, saremmo autorizzati a fregarcene e soffocare il rimorso di coscienza.

Morihei Ueshiba, evidentemente, non ha lavorato in modo egregio solo sugli aspetti tecnici, ma anche su quelli etici, arrivando anche ad includere ragioni di tipo spirituale. Era forse un raro esempio di essere umano NON scisso internamente, che quindi cercava di integrare immondo ottimale tutti gli aspetti dell'esistenza, incluso il rapporto complicato che si instaura nel conflitto.

Di conseguenza questo aspetto è caratteristico della sua creatura, l'Aikido appunto, che cerca un efficace modo per superare le forme di dualismo. Non ve n'è traccia altrove.

Pratichiamo quindi l'UNICA disciplina psico-corporea che cerca di trovare una soluzione win/win ad un conflitto di tipo fisico: tutte le altre nell'ortica di rendere possibile la DIFESA, ritengono accettabile in qualche misura l'OFFESA.

Questa dinamica è ancora parecchio radicata nel sentire personale e della società: in questi tristi giorni, Netanyahu docet, ad esempio entremo.

Mi pare quindi un enorme valore aggiunto che qualcuno ha tentato di introdurre nel secolo scorso e che non è ancora stato sufficientemente compreso ed utilizzato per affrontare i conflitti di ogni ordine e scala.

Oltre a ciò, l'Aikido viene spesso utilizzato per "costruire ponti", e lo affermo da Ingengere strutturista.

O' Sensei ha espressamente detto: "Vi lascio l'Aikido per affraternare l'umanità, per fare dell'umanità una famiglia"; io credo che questo sia un elemento molto importante, che voglio però interpretare in modo scevro da facili buonismi.

In una famiglia non va mai tutto bene, è inutile che stiamo a raccontarcela e questo è risaputo dall'esperienza personale mia e di tutti voi: però in una famiglia il legame forte fra le persone - ovvero la mancanza del senso di separazione - è spesso il motore per superare le difficoltà più crude e terribili.

Moltissimi anni fa, ricordo che partecipai ad alcune formazioni piuttosto particolari, che richiedevano di incontrarsi periodicamente in gruppi di discussione e meditazione: ad un certo punto il nostro Docente, il Prof. Peter Roche De Coppens, ammise che molti di questi gruppi in giro per il mondo sembrava che stessero "fallendo" il loro obbiettivo principale (che era appunto quello di fungere da volano per l'autoconoscenza)... però rimandò la presenza di uno strano "effetto collaterale benefico" che si veniva a manifestare: le persone iniziavano a collaborare fra loro, perché avevano acquisito fiducia reciproca, si erano creati legami importanti di affinità.

Questo è esattamente ciò che accade in un Dojo: si parte tutti come singoli, entrati sul tatami per le ragioni fra loro più disparate, e ci si trova in cammino con molti compagni di viaggio differenti (anche molto diversi da sé, talvolta persino antinomici caratterialmente), che si impara a conoscere e con i quali si tessono legami talvolta destinati a diventare veramente importanti e "portanti" nel tempo, come i ponti.

In un certo senso ci si trova in una seconda famiglia, questa volta non aggrumata intorno ad un DNA comune, ma comunque in grado di dare supporto ai singoli membri e nutrita dagli apporti di tutti coloro che ne fanno parte.

L'Aikido è stato utilizzato CON SUCCESSO per abbattere le barriere culturali e religiose fra palestinesi ed israeliani, ad esempio: è arrivato cioè dove la mediazione internazionale sta facendo una cilecca clamorosa. Non è poco, se ci si pensa.

Spesso ho girato il mondo appoggiandomi ai vari Dojo, Insegnanti e praticanti che ho trovato lungo la mia via. L'Aikido, in questo senso, fa da connettore fra differenti intenzioni, propensioni e destini: magari facciamo tutti ikkyo diverso, ciascuno pensa che il proprio sia il più figo... ma chi se ne frega, se poi - nonostante ciò - si riescono a creare connessioni e legami che altrimenti sarebbero stati impossibili!

Sono stato ospite di persone che avevo conosciuto durante un keiko poche ore prima di darmi in mano le chiavi di casa loro, dicendomi: "Fai come se fossi a casa tua"... che potenza inaudita, in un momento storico nel quale le relazioni umane sembrano messe così sotto scacco ad ogni latitudine!

Poi devo anche un attimo parlare per me: l'Aikido mi ha al contempo stravolto ed arricchito la vita come non avrei mai immaginato che potesse accadere. Ho affrontato in suo nome le prove più dure che al momento dovuto fronteggiare nella vita, ma mi ha anche concesso le gioie, le conferme, le passioni, le ispirazioni più alte e memorabili... che augurerei a chiunque di poter vivere almeno una volta.

Nuovamente non è poco, anzi per me è tantissimo... forse è addirittura tutto.

E tutto questo certamente anche grazie all'avventura che quell'ometto a mandorla ha accettato di vivere venendo al mondo 140 anni fa: GRAZIE quindi, Morihei Ueshiba.

Hai mostrato a tutti una strada per cambiare in meglio, ora sta a chi non è sprovveduto cogliere questa immensa opportunità e percorrerla al massimo delle proprie capacità... come devi avere fatto anche tu prima di noi.


Marco Rubatto




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