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domenica 12 luglio 2009

Ai piedi dell'Aikido: calzature infradito tradizionali


Un breve excursus sulle calzature che è possibile scorgere ai piedi degli Aikidoka, in alcune foto storiche o filmati.

Come tutto il resto dell’abbigliamento, anche ciò che si calza ai piedi ha una profonda connessione con la storia e la cultura nipponica dello scorso secolo.

L’Aikido, così come moltissime Arti Marziali tradizionali giapponesi, indiane, cinesi, vietnamite e coreane, si pratica normalmente a piedi nudi… forse a ulteriore rinforzo della grande enfasi che viene data al contatto diretto con il suolo, e quindi con la natura.

Un senso di “connessione”, quasi a simboleggiare che dal terreno possa essere tratta una fonte di energia e contemporaneamente uno scarico di tensione corporea.

Ancora oggi è di norma in ogni casa giapponese lasciare le proprie calzature fuori dall’uscio.

Gli Aikidoka tuttavia spesso fanno uso di particolari calzature per gli spostamenti dallo spogliatoio al tatami: questi tradizionali infradito provengono dal cuore della cultura nipponica.

Il loro nome è [草履] zōri (o zaori) e sono sandali tradizionali senza tacco, fatti di paglia di riso o altre fibre naturali, stoffa, legno laccato, pelle, gomma o altri materiali sintetici. Nella società vengono indossati ormai di rado con indumenti tradizionali giapponesi come il formale kimono.

Spesso è possibile vedere gli insegnanti di alto rango, o il Fondatore stesso nelle foto storiche, indossare un particolare tipo di calzini, chiamati [足袋] tabi, che non sono altro che le calzature anch’esse infradito, che è possibile utilizzare dentro gli zōri: arrivano all'altezza della caviglia e separano l'alluce dalle altre dita del piede.
I tabi risalgono al XVI secolo ed hanno raggiunto un picco di popolarità durante il periodo Edo (1603 - 1867). Vengono portati sia da uomini che dalle donne e sono inoltre essenziali con i kimono o con abiti tradizionali simili. Generalmente vengono portati soprattutto nel periodo estivo.
Sembra che la parola "tabi" derivi dal termine "tanbi", che significa "un livello di pelle". In antichità, venivano portati dai Samurai, che a differenza degli aristocratici, avevano bisogno di calzature e calzini più comodi per uno stile di vita più attivo.

Il loro colore più elegante è il bianco e tabi bianchi quindi vengono solitamente indossati in situazioni formali come le cerimonie del tè. Talvolta gli uomini indossano dei tabi blu o neri durante i viaggi, mentre i tabi con colori più sgargianti o con delle fantasie stampate vengono indossati principalmente dalle donne, anche se stanno diventando popolari anche tra gli uomini.

Le persone che usano maggiormente i tabi sono i ballerini di danze tradizionali giapponesi, gli attori giapponesi e naturalmente chi pratica Arti Marziali. Inoltre, secondo la teoria Shiatsu, indossare i tabi porta benefici alla schiena, alla colonna vertebrale e alla digestione per la presenza dei meridiani dell'agopuntura localizzati tra le due dita.
A differenza dei normali calzini, che quando indossati aderiscono perfettamente al piede perché fatti di materiale elastico, i tabi vengono creati cucendo insieme lembi di stoffa non elastica; hanno infatti un'apertura sul retro per permettere al piede di scivolare dentro e naturalmente dei bottoni per chiudere l'apertura. Tuttavia esistono anche tabi elasticizzati, più bassi di quelli tradizionali.
Gli operai, i contadini, i giardinieri e persone che svolgono lavori simili indossano spesso tabi che somigliano alle scarpe, e che vengono chiamati jika-tabi. Sono costruiti con materiali più pesanti e resistenti, spesso con una suola in gomma. Sebbene le scarpe occidentali li stiano rimpiazzando, molti lavoratori li preferiscono ancora per la morbidezza della suola e quindi per la possibilità di avere un contatto tattile con il pavimento.

Tornando agli zōri: spesso se ne trovano con la suola ricoperta di giunco, che li fa somigliare ai tatami, ma questi non vengono di solito indossati con il kimono, poiché considerati scarpe da lavoro, o abbinati ad un abbigliamento occidentale casual.

Gli zōri da donna hanno la stringa che tiene unito il piede alla calzatura, chiamata [鼻緒] hanao, solitamente di colore rosso, mentre quelli da uomo sono spesso fatti con materiali che imitano la paglia, come il polistirolo espanso e con le suole in sughero. L'hanao, per gli uomini è spesso bianco o nero.

L'hanao è posto al centro della parte finale del sandalo, non c'è quindi distinzione tra scarpa destra e scarpa sinistra e può essere di materiali come il vinile, broccato o la pelle (per gli uomini).
Come tutti i sandali tradizionali giapponesi, gli zōri permettono una libera circolazione dell'aria intorno al piede, una caratteristica che probabilmente è stata adottata a causa del clima umido che predomina in gran parte del Giappone.

Possono essere indossate e tolte molto facilmente, cosa molto importante in una cultura dove le scarpe vengono costantemente messe e tolte; inoltre, con un kimono stretto, delle scarpe con i lacci sarebbero molto difficili da allacciare. Tutto ciò spiega il perché del trionfo di questo tipo di calzature in Giappone.

Concludiamo il nostro breve viaggio con i [下駄] geta, ossia i sandali tradizionali giapponesi a metà tra gli zoccoli e le infradito. Sono un tipo di calzatura con una suola in legno rialzata da due tasselli, tenuta sul piede con una stringa che divide l'alluce dalle altre dita del piede.

Vengono indossate con gli abiti tradizionali giapponesi, come gli yukata e meno frequentemente con i kimono, ma durante l'estate vengono portate anche con abiti occidentali. Grazie alla suola fortemente rialzata, con la neve o la pioggia, vengono preferite agli zōri e generalmente vengono portati sia senza calzini che con i tabi.
Questa calzatura consta di una tavoletta legno grezzo, chiamata [台] dai (supporto), con una stringa di tessuto chiamata anche in questo caso [鼻緒] hanao, che passa tra l'alluce e il secondo dito. I due tasselli sotto la suola vengono chiamati [歯] ha (denti); anch'essi sono in legno, di solito di [桐] kiri (paulownia), ed emettono un suono particolare a contatto col suolo, che è chiamato [カランコロン] karankoron.

Questo "rumore" talvolta viene menzionato come uno dei suoni quotidiani che mancano di più ai giapponesi anziani nella vita moderna.

Il dai può variare molto: la forma può essere ovale (ritenuto più femminile) o rettangolare (ritenuto più virile), il colore può essere naturale, laccato o dipinto. Anche l'ha può variare, ad esempio, i tengu-geta hanno un tassello unico al centro della suola, mentre esiste un tipo poco comune di geta che ha tre tasselli.

I tasselli non sono separati, ovvero l'intera scarpa, di solito, viene ottenuta lavorando un solo blocco di legno; inoltre, gli ha possono avere una base di gomma, incollata alle estremità.

L'hanao può essere più o meno largo, rigido e di vari tessuti. Il cotone con stampati motivi tradizionali giapponesi è molto popolare ma esistono versioni in vinile e pelle.

All'interno dell'hanao c'è una corda (tradizionalmente di canapa, ma attualmente fatta in materiale sintetico) che viene annodata in modo particolare nei tre fori del dai e talvolta può esserci un'imbottitura. L'hanao può essere cambiato se consumato e viene posto tra le prime due dita del piede e, anche in questo caso, al centro della suola perché… se non posizionato in quel punto, i geta entrerebbero addirittura in collisione tra loro durante la camminata!

Riportiamo per curiosità la traduzione di un proverbio tradizionale giapponese che dice:

non sai fino a che non hai indossato i geta”, che significherebbe:
"non puoi tirare le somme fino a quando il gioco non finisce”.

Secondo la superstizione giapponese, inoltre, rompere l'hanao di un geta porta sfortuna.
I lottatori professionisti giapponesi di Sumo che fanno parte dei gradi più bassi della disciplina, devono indossare sempre uno yukata e i geta.

Il suono dei geta sul suolo sono infatti una delle cose che i lottatori di Sumo sperano di lasciarsi alle spalle quanto prima possibile, poiché indice del loro avanzamento in seno alla loro disciplina.

karankoron... karankoron... karankoron... karan...

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