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giovedì 10 gennaio 2008

Trasformazioni di energia

Spesso si sente dire che l'Aikido è basato sulla possibilità di "ritorcere" contro l'avversario l'energia con la quale egli stesso attacca. Si è soliti essere però vaghi nell'indagare sulle origini e caratteristiche di questa "energia"... anche perchè il termine si presta a ricoprire svariate sfumature. E' oggi chiaro e descrivibile di cosa si tratti se essa viene interpretata come manifestazione di origine fisica e/o mentale... mentre, quando viene chiamata in campo una fenomenologia di origine spirituale, non si ha un preciso ed univoco schema di riferimento al quale riferirci... generalmente, quindi, ogni cultura interpreta "l'oggetto misterioso" alla luce della propria specifica tradizione spirituale. Il Giappone si parla di Ki, termine che se viene tradotto con "energia" assume forse un significato improprio o, quantomeno, limitato.

Nell'incontro fra tori e uke (o nage) sono quindi molte le energie esprimibili... ma ora non rivolgiamo lo sguardo alla loro tipologia, ma alle possibilità di trasformazione che esse manifestano. Ovviamente, tutto appare più esemplificabile e chiaro per esseri (anche) materiali, come gli uomini, quando l'oggetto osservato è esso stesso di origine fisica, perciò utilizzeremo uno strumento di questa natura.

Ogni cultura, così come possiede una propria tradizione spirituale specifica, ha una versione più o meno analoga di giocattolo con il quale fare divertire i propri bambini: si tratta di una sorta di molla, una lunga spirale variopinta, che ha la caratteristica di muoversi con particolare effetto quando viene lasciata cadere da un luogo più alto ad uno più basso, come le gradinate di una scala. In Italia questo gioco forse non ha un nome specifico, ma lo si può trovare anche al giorno d'oggi su qualche bancarella: solitamente è fatta di plastica, con sopra stampigliato "Made in Taiwan". Bene o male ciascuno di noi ha un'idea di cosa si tratti... chissà se ci sono Aikidoka che non hanno perso il gusto di giocarci?!

Questo bizzarro strumento ha la caratteristica di accumulare in sé l'energia cinetica "di una prima spinta" e di esprimerla nuovamente, per effetto della forza di gravità, fino a quando "ci sono gradini" nella scala sulla quale si gioca...

La molla è semplicemente qualcosa di inerte, che se messa in moto possiede però un'innata capacità di non perdere nulla dell'energia iniziale e di continuare a trasformarla da cinetica a potenziale, quindi nuovamente in cinetica... ab libitum.

Per analogia, se l'attaccante fosse "la scala" e chi riceve la tecnica fosse "il giocattolo", questi si lascerebbe attraversare completamente dall'impulso ricevuto, restituendolo in egual misura... inalterato. Se l'aggressione avvenisse con energia pari a 100 (appositamente scritto senza unità di misura), tori lascerebbe passare questa quota su di sé, restituendola "al prossimo gradino".
Gli Aikidoka quindi, non solo si allenerebbero per trasformare ciò che ad essi giunge, ma anche per (ri-) dirigere il fenomeno verso la sua fonte e causa: nell'esempio di cui sopra ciò sarebbe visualizzabile con una molla che precipita nel gradino sottostante per effetto della spinta iniziale... ma che quindi, proprio a causa di ciò... torna sul gradino precedente, a riportare "le cose" come all'inizio dell'azione.

Potrebbe essere questa una rappresentazione efficace degli scambi che possono avvenire fra tori ed uke?

Sicuramente sarà comune l'esperienza del rialzarsi a seguito di una caduta: noi tutti sappiamo che la facilità con cui ciò avviene è funzione di quanto permettiamo all'energia dell'azione di trasformarsi grazie a noi ed attraverso il nostro corpo. Se questa era alta e noi sappiamo recitare bene "la parte della molla", ritornare in piedi è un qualcosa di automatico, privo di sforzo...

Questo però è quanto si riferisce ad un piano materiale, fisico: si potrebbe pensare altrettanto del piano mentale, emotivo (...spirituale)?

Se la molla non dissipasse realmente energia (in realtà ne dissipa), avremmo inventato il "motore perpetuo", cioè quello che, una volta messo in funzione, procede "senza consumare benzina": la fisica afferma con certezza che ciò è impossibile e che non potrà mai avverarsi...
ma potremmo noi considerare l'Aikido il tentativo di realizzare con noi stessi questo utopico progetto? ... sicuramente utopico, vista la fatica che spesso si compie per realizzare una tecnica!?

La ricerca di buoni modelli di rappresentazione delle realtà che studiamo continua imperterrita, ma se anche questo tentativo possiede qualcosa da trasmettere... afferiamola al volo e non dimentichiamo la lezione più grande che esso può venire a darci, ossia: quanto Aikido ci è potuto passare tra le mani da bambini, quando nemmeno ipotizzavamo che avesse questo nome!

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